Architar era il nome del gruppo che abbiamo avuto il piacere di ascoltare e applaudire in un concerto davvero travolgente. Gruppo anomalo che solo il genio di Paganini poteva inventare e per il quale ha saputo creare composizioni mirabili, che, con una semplicità sconvolgente riesce a mettere in risalto le enormi potenzialità che ogni singolo strumento sa esprimere. Il programma infatti, iniziava con un Quartetto di Paganini, che il numerosissimo pubblico presente ha applaudito con grande calore e partecipazione. Un affiatamento e una coesione d’insieme unica, tanta da dare la sensazione che non fossero quattro strumenti a suonare, bensì uno solo con una ricchezza di armonici veramente intensa. Sonorità, incisività, estro ritmico e coloristico, sono state le caratteristiche fondamentali che hanno caratterizzato l’intero recital, naturalmente condotto e sostenuto da una professionalità indiscussa. Il concerto, che come dicevamo, si è aperto con un Quartetto di Paganini, comprendeva: N. Paganini – “Quartetto op. 4 n° 2” , A. Villoldo – “El Choclo” , D. Shostakovich – “Jazz Suite n° 2” , “Valse n°2”, H. Matos-Rodriguez – “La Cumparsita” , G. Doria – “A Vale” , L. Bernstein – “West Side Story” , “America” ,lG. Bizet – “Carmen”, “Preludio” , “Habanera” , A. Piazzolla – “Libertango” .
Un’esecuzione quella che abbiamo ascoltato, nella quale era evidente che gli artisti volessero incanalare l’attenzione sulle peculiarità innovative della scrittura, in una prospettiva nella quale il calore trae profitto dalla acribia esecutiva avvantaggiando la riconoscibilità delle strutture, per quanto filiformi e sfuggenti degli allusivi contrappunti e del sofisticato equilibrio armonico e delle mutevolezze calcolatissime di ritmi e umori. Un recital veramente molto accattivante sottolineato da applausi calorosi e prolungati. Un bis, quanto mai suggestivo, ha concluso una deliziosa ed indimenticabile serata artistica.