La verità è che i luoghi esigono fedeltà assoluta come degli amanti gelosi: se li abbandoni, prima o poi si fanno vivi per ricattarti con la storia segreta che ti lega a loro, se li tradisci, la liberano nel vento, sicuri che ti raggiungerà ovunque, anche in capo al mondo. (Carmine Abate, La collina del vento). “Inizio questa mia riflessione citando le parole di un autore che “vive” la Calabria, pur non abitandovi, che la ama, essendone figlio, che attraverso le sue parole stimola ad amarla – scrive in una lunga nota l’assessore provinciale Giovanni Lentini. La Calabria, e Crotone particolarmente, reclamano da sempre una presenza attiva ed operante, sono stanche di chi usa solo vilipendio nei loro confronti, non hanno bisogno di quelli che l’abbandonano e poi dall’alto le rimproverano i loro difetti. Chi osa dire che i migliori partono? I migliori sono quelli che restano, che non lasciano il campo di battaglia, che portano nella loro anima le anime della loro terra, le custodiscono, se ne inorgogliscono, le respirano, e le amano, si, le amano! Il giornalista Antonello Caporale, nel riportare, in un servizio pubblicato domenica scorsa su Il Fatto Quotidiano e dedicato alla nostra città, fatti veri (che riguardano tutto il Sud, e qui si potrebbe aprire il discorso sulla questione meridionale, ormai non citata più nemmeno a livello di programma dai vari governi che si succedono), fa, a mio modesto avviso, un errore di prospettiva: parla delle conseguenze dell’arretratezza (economica, culturale, sociale, politica), ma non delle cause che l’hanno determinata. Diceva Salvemini, e ciò vale anche per quell’articolo (accattivante, ma col rischio di essere populista), che sono gli aspetti economici e politici, che hanno determinato la vicenda del Sud. Certo, chi resta (ma anche chi se ne va, pensando a se stesso e non a dare un contributo alla sua terra) ha colpe in questo degrado; è un alibi invocare sempre e soltanto le colpe dello Stato e delle istituzioni. Ma, se uno “vive” la città di Crotone nel quotidiano, come se “vive” la Calabria e il Sud, sa che ci sono energie, realtà e aspetti positivi: penso a quelle famiglie che nel nascondimento danno ristoro e speranza ai meno fortunati, ai nostri fratelli che vengono dall’altra sponda del Mediterraneo; penso alla maestria artigiana che offre prodotti celebrati in tutto il mondo; penso a una tradizione enogastronomica che si rinnova mietendo successi. Chi fa giornalismo non dovrebbe, per orgoglio intellettuale, cedere al facile sensazionalismo, ma dovrebbe essere pacato, oggettivo e cercare, se non il vero, il giusto. E dovrebbe saper individuare le cause e chiedere a se stesso, prima che ad altri, come mai Crotone prima sia stata capace di essere intraprendente, industriale, e poi, nel giro di pochi anni, si sia impoverita.
Caporale non ha mai indicato precise responsabilità, e non poteva essere diversamente, visti gli interlocutori con i quali si è incontrato. Si è limitato ad ascoltare voci, chiacchiere, racconti, storie, aneddoti. E ne è venuto fuori un quadro sconfortante, nel quale sembra trovare gusto la descrizione a forti tinte, dove non sai più se si sta parlando di un capoluogo di provincia di un paese europeo o di uno di quei paesini che compaiono nei film western, con le strade impolverate, le stazioni isolate e lontane, i pistoleri sempre pronti all’azione. Una descrizione che un po’ ricorda quella più famosa fatta da Pasolini su Cutro. Ma, senza volersi atteggiare a maestrini, non è questa l’arte dell’inchiesta! La comunità locale, le sue classi dirigenti avranno mille difetti e responsabilità, e li hanno, ma se lo Stato ti chiude la ferrovia o ti declassa l’aeroporto; se non ti fa partire la bonifica o ti vuole trivellare il mare per trovare il petrolio dopo che ti sta succhiando da decenni metano senza alcun beneficio per il territorio; se costringe a una nuova emigrazione della salute perché ti taglia i servizi sanitari o ti assegna il ruolo di frontiera per i migranti che qui vengono portati e abbandonati a se stessi, costretti a usare la stazione e i giardini come dormitori pubblici; se, insomma, non crea sviluppo, non dà lavoro, fa partire i giovani privando del suo futuro l’intero territorio, che bisogna fare, unirci ai forconi o attuare uno sciopero della fame di massa? Davvero viene spontaneo domandarsi se facciamo ancora parte della nazione Italia e se il resto della comunità nazionale avverte che sta rinunciando a una parte del suo corpo ritenendola ormai irrecuperabile. Non basta la descrizione cruda e disperante, occorre chiedere a se stessi se si sta facendo di tutto per riportare quotidianamente il sud nell’Europa e in Italia e all’attenzione dei poteri che decidono. I “sopravvissuti” stiamo facendo miracoli, costretti ad agire nell’indifferenza e nelle compatibilità di bilancio. Perché, dottor Caporale, mi creda, ma la convinzione che tutto questo fiorire di leggi di stabilità, fiscal compact, spending review, spread e quant’altro sia, alla fine, l’ultima fregatura sulla pelle del sud non me la toglie nessuno. Ne prenda atto, dottor Caporale. Venga a Crotone. Venga a parlare con gli uomini e le donne che davvero rappresentano questa città e questo territorio e, ne siamo certi, cambierà idea. A presto rivederla.