Non è San Giuseppe se non vi sono accanto “I Focareddi” e il tradizionale “Cummito”. Si ripetono così, come oramai da molti decenni e più, due delle tradizioni che, vento o pioggia che sia, sono sempre più momenti fortemente socializzanti e aggreganti. Questi due eventi, legati fra loro, propongono e valorizzano l’importanza di una delle tradizioni della cultura popolare cirotana più importante. Hanno come scopo quello di bruciare oggetti e vecchie erbacce per lasciarsi alle spalle l’inverno e accogliere con gioia la nuova stagione, la primavera. Per fare rivivere questi momenti della nostra tradizione cercando di trasmetterne la loro importanza alle future generazioni, quest’anno si sono aperte, per la prima volta, anche le porte dell’Istituto Comprensivo G.Casopero, guidato dal dirigente, Mario Pugliese, il quale, mentre degustava il tradizionale piatto di “pasta e ceci” ci ha confermato che l’intento della manifestazione organizzato con l’aiuto e la stretta collaborazione di insegnanti, personale e genitori degli alunni, che sono accorsi in massa, è stato quello, nel pieno rispetto dei valori tradizionali cristiani e sociali, di cementare meglio il rapporto fra scuola e società civile, fra scuola e territorio.
“S.Giuseppe vecchiareddu ‘mbrazzi porti u bommineddu..u portasti ‘ppè amuru ‘ppè salvari u peccaturu…” Questo il testo della locandina avviso diffusa da parte del secondo Istituto che ha scelto per la manifestazione il plesso Butera. Erano presenti al momento dell’accensione del fuoco, in rappresentanza dell’arma dei Carabinieri, il mar.lo Codispoti e il comandante della tenenza della Guardia di Finanza di Cirò Marina, Notaro. Una tradizione che si è consumata in altre parti della città, e che ha nella tradizione popolare, in uso preparare in segno di devozione e ringraziamento, un pranzo, detto “U cummitu”, in onore di San Giuseppe. Il cummito consiste nel fatto che la famiglia che aveva ricevuto qualche grazia particolare, invitava cinque persone povere: un vecchio (San Giuseppe), un altro (San Gioacchino), un giovinetto (Bambin Gesu’) e due donne (la Vergine Maria e Sant’Anna). Gli invitati al “commitu” venivano serviti a piedi nudi dai membri della famiglia che offriva il pranzo, preparato con piatti a base di cinque legumi, maccheroni casarecci, pesce, baccalà, broccoli, asparagi e fritture miste. Finito il banchetto, e salutati gli invitati, che si titolavano di santi, ad ognuno di loro veniva offerto un pane fatto in casa, “u paniceddu e’ San Giuseppe”. L’usanza di accendere il fuoco la vigilia di San Giuseppe, risale alla fine del 800, quando specie i contadini, per ringraziare e raccomandarsi al Santo, dovevano donargli qualcosa ;ma non avendo nulla da offrigli, ognuno portava dalla campagna un po’ di legna e frasche , che veniva accumulata davanti la chiesa omonima per essere bruciata.
Non sono i paniceddi ma i mucceddati di San Giuseppe
Complimenti per l’articolo!
Grazie!