Da quando nel 2004 si è verificata una lunga frattura sul nostro territorio che partita da Punta Alice ha attraversato tutta la fascia sud della città, creando numerose crepe in alcune abitazioni, sollevando pavimenti, non è stata definitivamente risolta la questione se trattasi di frana del terreno con conseguente se pur lento scivolamento verso il mare o di una faglia, che lascerebbe presagire, non si sa quando, la possibilità che si verifichi un evento sismico. Nell’uno o nell’altro caso, comunque, la vicenda ha imposto e impone una continua e approfondita analisi morfologica e archeologica della nostra terra, ma ancor più scientificamente, l’indagine di geologi e di ricercatori. Di questo si è ampiamente discusso e parlato nel corso del seminario tecnico “Frana o faglia: come prevenire” organizzato dal Rotary Club “Terra deli Enotri”, di Cirò Marina, che ha chiamato a dibattere dell’argomento alcuni esperti, fra i quali il ricercatore, oggi docente dell’Università di Arcavacata, originario di Cirò, Salvatore Critelli. Il benvenuto è stato dello stesso presidente del Rotary di Cirò Marina, Giuseppe Virardi, che rimarcando l’impegno del sodalizio rotariano, ha subito messo il dito sulla cattiva gestione del territorio, l’abusivismo edilizio e conseguente cementificazione, ma soprattutto la mancanza di programmi di prevenzione che potrebbero derivare dai rischi idrogeologici e sismici più in generale. Poi, dopo i saluti dell’Amministrazione Comunale, portati del consigliere delegato, Franco Ferrara, ingegnere, che ha sottolineato quanto sia importante la prevenzione, si è dato inizio ai lavori veri e propri.
Ne è emerso un quadro desolante a livello locale, regionale e nazionale, laddove, come introdotto dal presidente dell’ordine degli architetti di Crotone, Antonio Amodeo, è emerso “che la lotta contro il dissesto idrogeologico è una grande emergenza nazionale e rappresenta il più grande investimento infrastrutturale che in questo momento il nostro Paese deve compiere e, visti i costi dei danni prodotti sicuramente una politica di prevenzione risulta più economica di un intervento a danno avvenuto”. “Tra le cause, ci sono sicuramente attività dell’uomo, ha ancora affermato Amodeo, consumo del suolo, abusivismo, disboscamento ed incendi. Ma ciò che manca, ha sottolineato è una seria manutenzione ordinaria che è sempre affidata ad interventi urgenti, spesso emergenziali e non ad un’organica politica di prevenzione”. In questo quadro, la Calabria è sicuramente la regione con il numero più alto di comuni in pericolo e le cronache di questi giorni ne stanno evidenziando tutta la serietà e drammaticità, basti pensare a Cavallerizzo, ad Oriolo, a Petilia Policastro, ultimi in ordine di tempo dove oltre ai fenomeni franosi è evidente la cattiva gestione del territorio. D’altronde, come riferito dal geologo, Francesco Fragale, in Calabria sono state censite oltre 9 mila frane che aggiunte alle alluvioni e fenomeni sismici, vedono disoccupati circa mille geologi Calabresi. Basterebbe, come, ha affermato il geologo, Salvatore Critelli, che ben conosce il nostro territorio, che la Regione si dotasse di una legge organica sui rischi idrogeologici, trattandosi di una regione ad alto rischio sismico. Sarebbe auspicabile di conseguenza che tutte le P.A. si dotassero di geologi per attivare un serio piano di prevenzione.
Quella prevenzione e attenzione che permetterebbe, tornando alla faglia o frana che interessa la nostra città, di attenzionare più marcatamente di quanto già si fa all’indomani dell’evento del 2004. Un fenomeno che, come ha detto il ricercatore del Cnr Carlo Tansi, in accordo con un altro collega, Sabatino Piscitelli, lascerebbe pensare, come abbiamo detto in apertura, che trattasi di frana (peraltro lenta) e non di faglia, mentre non si è espresso verso l’una o altra ipotesi il dirigente del Cnr, Giovanni Gullà che ha condotto degli studi in loco. Ma, come emerso dagli interventi di tutti i relatori, non deve generasi la paura del terremoto o altro che di per sé non uccide. Uccidono invece, il crollo delle case, lo svuotamento degli alvei dei fiumi, la non manutenzione che blocca gli scoli, ma ancor di più la mancanza di controllo dei progetti che si realizzano in zone sismiche. Forse a qualcuno interessa che questo controllo non vi sia. Ma, ritornando alla nostra “faglia o frana”, la cosa certa è che la situazione è continuamente monitorata per fini sia scientifici che geologici e che ciò ha fra l’altro permesso di scoprire che fra il Neto e il Lipuda e a ridosso di Punta Alice esistono due canyon sotto il livello del mare che molto lentamente si stanno avvicinando alla nostra costa. Insomma un fenomeno molto serio, che và monitorato, senza allarmismi, ma che ha fatto emergere in tutta la sua complessità e gravità, il problema più generale dell’attenzione che ognuno, ai vari livelli, deve responsabilmente farsi carico, quello del rispetto ambientale.
Mica centrerà qualcosa decenni di incuria del territorio con abbinata la cementificazione selvaggia?