Il bruno inchiostro
Rovistando tra le scartoffie di un tiretto,
ho visto un po’ di inchiostro,
rinsecchito, in un vasetto.
Se ne stava appoggiato al vetro
e, quatto quatto,
si guardava intorno un po’ distratto.
Poscia, alla compagnia che intorno si trovava
una fiaba un po’ triste raccontava: “Il moderno mi ha accantonato,
preferendo biro e triplette colorate,
penne dagli inchiostri ben sofisticati
che non riverberano di sentimento e di latino,
dissimili da me, bruno e tapino.
Trist’è quando si è tanto lavorato
per nulla essere considerato,
è un rito, una convenzione:
Ora non rendi più,
vattene in pensione,
ora che i capelli t’incanutiscono il sembiante,
levati di torno,
non essere intrigante,
non vedi che sei ridotto a lumicino?
Or, hai da adornare l’angolino!”
Così è l’uomo quando è vecchio e chino
e il mondo decreta il suo destino.
Gomme, matite,
vecchi fogli ingialliti
ascoltarono
la storia del bruno inchiostro,
ora rinsecchito
e capirono che tanto avea servito.
Allora, una cocca di notes all’angolo del tiretto si incastrava
e una speretta di luce la illuminava,
un daddolo, una carezza, un po’ di calore
per dare onore
a chi ha tanto lavorato
e che non può essere, perciò, dimenticato!
Prof. D. Milena Arcuri Rossi