Si è aperta con la deposizione di corone di alloro davanti la stele che ricorda l’omicidio, la giornata commemorativa a Locri in ricordo di Francesco Fortugno, nel decennale dell’assassinio. Erano presenti tra gli altri, il ministro Graziano Delrio e la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, la moglie di Fortugno Maria Grazia Laganà e i figli. Francesca Bruzzaniti, moglie e madre di Alessandro e Giuseppe Marcianò, condannati all’ergastolo per l’omicidio, ha protestato sostenendo l’innocenza dei suoi familiari.
“Io credo che l’omicidio Fortugno abbia costituito uno spartiacque in questa regione perché, a differenza di altre realtà del Mezzogiorno dove la criminalità organizzata ha esercitato per lungo tempo un ruolo di dominio su vaste aree del territorio e dell’economia, qui con quel tragico atto c’è stato un salto di qualità, perché mai la ‘ndrangheta aveva puntato la sua attenzione verso uomini delle istituzioni o, almeno, di quel livello istituzionale. Il nostro futuro sono i giovani. Il capitale del nostro riscatto sono i giovani. E vorrei aggiungere che proprio sul terreno della legalità, della bonifica morale, del rigore istituzionale si gioca la partita del futuro senza la quale non basterebbero tutti gli investimenti del mondo. Senza la legalità, senza la crescita di una cultura democratica e di rispetto civile non andremo da nessuna parte. E l’insegnamento di Fortugno è l’insegnamento di un uomo che era impegnato in questa trincea” le parole del presidente Mario Oliverio.
AMMAZZATECI TUTTI – Ricorrono oggi i dieci anni dalla nascita del movimento antimafie “Ammazzateci tutti”, nato per iniziativa di uno studente universitario calabrese, Aldo Pecora, all’epoca appena diciannovenne, che nello stesso istante in cui apprese dell’omicidio capì subito che la Calabria non avrebbe potuto subìre in silenzio un altro delitto politico-mafioso, e decise di scrivere su uno striscione quella famosa frase di sfida alla ‘ndrangheta “E adesso ammazzateci tutti” che da quel giorno diventò lo slogan dei giovani calabresi che avevano deciso di metterci la faccia nella sfida alla mafia.