Come già anticipato da il Cirotano.it, prevista, inizialmente per il 1 maggio, è rinviata a domenica 5 maggio per desiderio del vescovo Domenico Graziani la “Giornata per don Michele Bertola – Un missionario senza tempo”. Il programma prevede: al mattino alle h 11,00 celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale della SS. Annunziata. Seguirà, alle h 12.00 sul sagrato la scopertura e la benedizione della statua della “Madonna dell’accoglienza”. Al pomeriggio alle h, 16,30, sempre nella chiesa parrocchiale, alla presenza di Sua Eccellenza Mons. Domenico Graziani, arcivescovo di Crotone – Santa Severina, incontro con i cittadini e fedeli che hanno conosciuto, frequentato e apprezzato don Michele che sarà ricordato con testimonianze, ricordi di aneddoti e filmati.
Quando, qualche tempo fa, a quelli che, definiti i “figli di don Michele”, balenò l’idea di organizzare un qualcosa per ricordare il loro padre spirituale, pensarono, oltre a ciò che avverrà nel pomeriggio, alla posa in chiesa di una scultura a tutto tondo o ad un busto che raffigurasse don Bertola. Fu detto dall’Amministratore parrocchiale don Giovanni Barbara e dalla Curia che non è possibile sistemare in chiesa o sul sacrato statue di sacerdoti o altri personaggi, a meno che non siano stati dichiarati santi o beati e quindi venerabili, insomma un divieto posto dal diritto canonico. In questo caso la cosa non era fattibile seppur don Michelino fosse morto in odor di santità, insomma “santo senza aureola”.
Così si pensò di dedicargli una statua a nome di tutta la Comunità cutrese, una statua della Madonna, alla quale era molto devoto e che in qualche maniera ne ricordasse, quel che fu quel santo prete. I giovani organizzatori hanno voluto che portasse il titolo di “Madonna dell’accoglienza” perché ciò sottolinea una particolare caratteristica di don Bertola: la capacità di accogliere, ospitare, ricevere l’altro, il fratello, il povero, il bisognoso.
Questa statua è stata commissionata ad un laboratorio artistico di fraternità di Loppiano, in Toscana, sulle colline del Chianti, e per i giovani di allora ciò costituisce un alto valore simbolico. Loppiano, la Cittadella punto d’incontro tra popoli, culture e religioni; centro di testimonianza di una convivenza multiculturale basata sulla vita evangelica, fondata dal Movimento dei Focoilari
Qui, negli anni si sono consolidate diverse attività economiche, tutte all’insegna di un’’economia che tiene conto dei bisogni di tutti e invita ciascuno a mettere a disposizione professionalità e capacità personali in una piena comunione dei beni materiali e spirituali.
Agli organizzatori, “figli di don Michele”, preme ribadire che la realizzazione di questo sacro monumento vuole essere esclusivamente un piccolo segno di riconoscenza per l’amatissimo don Michelino che ha fatto tantissimo per tutti, un dovere morale verso colui che ha dato se stesso per il bene della Comunità di Cutro.
Chi era don Michele Bertola
Dopo l’ordinazione sacerdotale nel Duomo di Mondovì del 20 giugno 1950, don Michele Bertola venne a Cutro nel 1956, da Frabosa Sottana (CN), dove era nato nel 1924, in seguito alla richiesta di religiosi e sacerdoti missionari necessari alla ricostruzione socio – morale dopo la riforma agraria del Marchesato negli anni ’50, esigenza sentita dall’allora vescovo della Diocesi di Crotone ed Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Santa Severina Mons. Pietro Raimondi, perché, scriveva nella Relazione ad Limina del 1956, “religiosamente e moralmente duemila e cento famiglie hanno bisogno di essere aiutate, vivendo in case totalmente sparse nei campi, prive di chiese, di scuole elementari, di asili e di acqua potabile”. La sua vita non fu solo ed esclusivamente opera di prete, non fu un curiale, si dette anima e corpo nel tessuto sociale di un territorio di non facile lettura e vivibilità come quello di Cutro del tempo. A tal proposito è sufficiente andare a leggere un articolo, datato 20 marzo 1958, a firma di Ugo La Malfa scritto per “La voce repubblicana” e titolato “La miseria di Cutro”. Lasciò definitivamente la Città del Crocifisso, nel luglio del 1977 per trasferirsi in Liguria, a Pompeiana prima ed infine a Sanremo dove, nell’ottobre del 1991, con la semplicità che gli era congeniale, ha lasciato questa terra per avvicinarsi definitivamente a Dio che aveva serenamente amato e servito tramite gli uomini.
È stato assistente in Azione Cattolica prima e nel Gruppo comunitario ecclesiale detto “della Saletta” poi. Erano gli anni del post ’68. Don Michelino era con i giovani, con ognuno di loro. Ciascuno era importante per lui. Era la luce e dava luce illuminando le loro ombre. Ogni essere umano era per lui un “soggetto” da rispettare, da ascoltare, da capire, da aiutare. Voleva essere capito e perciò il suo linguaggio diventava semplice con gli umili e sapiente con gli eruditi.
Don Michele, uomo di pace, trasmetteva messaggi di pace; trasmetteva la sua certezza, la sua fede, il suo amore, la sua profonda e autentica verità anche con uno sguardo.
Come per don Bosco prima, e don Milani dopo, non gli mancarono difficoltà di ogni tipo, non ebbe vita facile, anche talvolta all’interno dei suoi confratelli, ma lui tirò sempre avanti, sia pure con la sofferenza nel cuore e il duro lavoro della quotidianità, perché convinto della giustezza del suo itinerario davanti a Dio e davanti ai “suoi” giovani ai quali dava sempre ascolto senza remore.
Quei giovani che, dopo un tentativo di associazionismo culturale con la “Diego Tajani” del 1971, da don Michele hanno trovato conforto, assistenza spirituale ed ospitalità nel “monolocale” della chiesa di san Rocco da dove ha iniziato il suo cammino missionario, per stare insieme, lontani dalla strada, e dove hanno dato vita dal 1973 al Circolo culturale “Pro Cutro” e da questo, poi, l’Associazione Turistica “Pro Loco” con tante, mille manifestazioni ludiche, culturali e religiose, protratte per diversi lunghi anni, finalizzate alla sana aggregazione non solo tra giovani.
Con i giovani, il prete del nord, il “santo senza aureola” come è stato annoverato assieme ad altri sacerdoti della Diocesi di Crotone – Severina da don Pietro Pontieri in un suo libro del 2004, don Michelino, con i giovani e per i giovani ha fatto di tutto per mettere l’uomo al centro di ogni realtà e farlo artefice del suo destino.
Rifiutò, però, don Michele, decisamente il concetto dell’assistenza fine a se stessa, nell’illuminata convinzione che questa a lungo andare, non solo non paga, ma diventa anche controproducente, perché crea una società di parassiti.
“Suoi” erano tutti i giovani: li sentiva così nel suo cuore sensibile e generoso. Si chinò ai giovani perché con essi sentiva di innalzarsi a Dio e con essi annunciare e condividere il Vangelo.