“ Sono certo che rifacendo la ‘via secolare’ di Capocolonna, con i piedi scalzi dell’umiltà e con la compagnia degli altri, guardando assieme gli occhi che ci guardano, perché divinamente materni, potremo ritrovare la ‘via’ dell’oggi per un domani di speranza” (Mons. Giuseppe Agostino)
È con questo spirito che la notte della 3^ domenica di maggio rimane, ab aeterno, la notte più bella, più suggestiva, direi magica, per i Crotonesi e non solo, la notte per eccellenza della festa comunitaria, del ritrovarsi insieme residenti ed emigrati che ritornano magari solo per questa notte, la notte del cammino con la Mamma. È il pellegrinaggio di fede che rompe con la vita sfrenata, con la solitudine del quotidiano, con la dispersione delle relazioni umane.
Sono i figli sparsi nel mondo che, almeno per una notte, sentono urgente il bisogno di stare accanto alla loro Mamma, la Madonna di Capocolonna che è veramente la madre di tutti i crotonesi di nascita e adottati. Perchè “ogni crotonese – scriveva il compianto Mons. Giuseppe Agostino – sentendo la sua appartenenza a questa città gloriosa e provata, nel suo cuore, ne sono certo, esperimenta la sua identità, alimenta la sua speranza, racconta la sua vita riferendosi vitalmente alla Madonna di Capocolonna. La festa è, per questo nobile popolo, un appuntamento atteso e determinante. Dalla festa mariana Crotone si ritrova calamitata, in essa convocata, per essa messa in cammino. Ed ogni festa è come il segnale ritmico della sua storia”. Ed ancora per Mons. Agostino, “mettersi in cammino è il muoversi verso il ‘punto – luce’, il ‘punto-vita’. Maria è questa ‘stella del mattino’ che i Crotonesi da secoli riscoprono sempre nella ‘notte’ del loro peregrinare ed è l’esperienza dell’aurora e del ‘giorno’ che viene”.
Così, soprattutto nella festa settennale che ricorre quest’anno, festa giubilare, il popolo, tutto il popolo di Calabria e della Chiesa di Crotone – Santa Severina in particolare, si veste a festa per onorare la “sua” Mamma, la “sua” Patrona, accompagnandola, nella notte del cammino, verso la sua primaria sede che resta il promontorio lacinio. La tradizione è bella per questo, perché è suggestiva, perché introduce aspetti leggendari in qualsiasi racconto della storia. Infatti la leggenda confonde il culto alla Madonna, antichissimo, alle origini della fede, con l’attuale Icona che, invece, è successiva. Infatti il nostro Quadro grande, l’Icona originale della Virgo lactans, è di origine bizantina risalente al sec. X – XI, donato da Luca di Melicuccà, (1035 – 1159) primo vescovo di Isola Capo Rizzuto, omaggio di un pittore basiliano monaco del vicino cenobio di Salica o pervenuto a Crotone direttamente dall’Oriente attraverso il mare.
È festa solenne quest’anno perchè si ricorda il quinto centenario (1519) del ritrovamento della sacra Icona. Per la straordinaria circostanza il M° Michele Affidato, acclarato orafo della Chiesa e dei Papi, ha creato una medaglia commemorativa, in argento 925° fronte retro a rilievo, raffigurante: la Colonna a rilievo a significare la Madonna unica colonna che sorregge il mondo; la Stella del mattino che illumina il pellegrino dalle tenebre verso la luce, mentre la barca è la nave di Pietro che vuol significare la Chiesa che solca il mare dell’umanità guardando alla Madonna. Un bel segnale di fede perché, come lo stesso Affidato ci dice, “la Madonna di Capocolonna è la Madre di tutti noi Crotonesi e tante tradizioni col tempo si affievoliscono, ma questa per noi non è una semplice tradizione. È il momento in cui la comunità si unisce nella venerazione della propria Mamma, si sente popolo davvero e rivive da secoli le stesse emozioni”.
E il “cammino” di questa notte è il momento sicuramente più suggestivo e coinvolgente di tutto il mese mariano crotonese. Una città intera, un popolo intero che si incammina fino all’alba della domenica fra le pietre della storia crotoniate e della Calabria, lungo la strada tortuosa e pregna di misteri, quella che porta al promontorio, lo stesso che già i magno- graeci vivevano come luogo di solenni celebrazioni per la loro Hera. E la suggestione del pellegrinaggio cristiano già inizia attorno alle 21 di sabato quando torme di giovani allegri e spensierati si avviano verso il Capo e da lì attenderanno non senza commozione l’alba e l’apparizione del Quadro che incornicia la Madonna venuta dall’Oriente.
Il “cammino” di Maria si snoda tra le strade cittadine fino al Cimitero. Qui davvero si completa l’essere umano, l’essere terreno: il pianto si associa ai ricordi di quelli che furono, la morte diventa resurrezione, l’uomo torna ad essere uomo, quello vero, quello voluto da Dio. Dopo la breve e commossa sosta confortata dalle espressioni dense di significato del parroco della Cattedrale, la sacra Icona, rivolto lo sguardo al suo popolo, alla sua Crotone, riprende il cammino verso l’Irto e si avvia attraverso le tenebre della notte verso la luce del sole, quella di Dio. Con questo spirito e con queste sensazioni, la Madonna “negra ma bella”, lungo l’antico sentiero, non è sola, le è dietro un popolo bisognoso dello sguardo divino per abbattere le tenebre della quotidianità, le incertezze del vivere umano.
Questa del pellegrinaggio del popolo di Maria verso Capo Colonna è storia antica, già riportata dal Canonico Giovanni Cola Basoino nel 1598 che in un suo scritto riferisce che la sacra Icona fino al 1519 era venerata in un sacello nella chiesetta di Capo Nao. E proprio in quell’anno durante una delle tantissime scorrerie verso le coste calabresi, i Saraceni, come scrive lo stesso Basoino: “ vista la meravigliosa bellezza di Lei, domandarono a certi schiavi cristiani che figura era quella, i quali avendo loro narrato che quella era l’immagine della Regina de’ Cieli Madre di Cristo salvatore e Signora di tutto, vennero in tanta rabbia e furore che…quella presero e portarono con gran tumulto…per bruciarla. Ed acceso un grandissimo fuoco[…] detta gloriosissima Immagine non si bruggiò né la poterono in alcun modo offendere, ma restò intatta immacolata e bella così come pria era…il che avendo l’infedele Turco visto e riconosciuto che non poteva bruciarla si risolse seco portarsela…e per volontà divina la galea dove non era l’immagine andava innanzi a vela piena e l’altra che la ritenea di sopra non poteva né a vela né a remi spingersi in modo veruno e partirsi da detto luogo…Ed avendo tardato per più di un’ora e vedendo che non poteano spingersi né passare oltre, riconoscendo che era perché avevano sopra detta santa Immagine, quella sbalzarono a mare e la detta galea se n’andò come l’altra.”
Così la sacra Icona, dopo qualche giorno fu ritrovata da un tal Agazio Morello sulla spiaggia all’altezza dell’Irto, “verso li Canalicchi” e se la portò, nascondendosela dentro una cassa, a casa a Crotone. Successivamente il Morello, in seguito a grave malattia, confessò ad un francescano dell’Ordine dei Minimi il suo segreto e quindi la tela bruciacchiata della Madonna fu portata nel Convento di Gesù e Maria nella zona dell’odierno quartiere detto Acquabona e meglio conosciuto di Fondo Gesù. Successivamente portata in Cattedrale. Insomma la Vergine di Capocolonna è venuta a Crotone via mare e per questo iniziò la pratica di portare l’Icona al promontorio tutte le volte che la Città aveva bisogno di ottenere grazie. Così a novembre dello stesso 1519, dopo grave siccità, il vescovo Antonio Lucifero volle portare la Madonna alla sua originaria sede. “La notte istessa si ebbe la grazia della pioggia […] per tre notti […] per il che sempre si aumentava a tutti la devozione, così anco crescevano tuttavia i miracoli di essa.”
Lo stesso è accaduto nel dicembre del 1583 col vescovo Giuseppe Faraone e tante volte ancora negli anni a seguire, e non si sa, però, quando sia finita questa consuetudine. Già nell’anno del terribile terremoto che sconvolse la Calabria, l’8 marzo 1832, Crotone è ancora una volta prostrata davanti alla sua Mamma in Cattedrale e si porta in cammino verso il sentiero contorto che conduce al pianoro di Capo Nao. Il cammino di Maria attraverso il suo mare non è mai cessato.
Leggiamo da Mons. De Mayda, nel 1902, che: “benché fossero moltissimi i pellegrinaggi particolari, se ne fanno due pubblici e solenni, i quali manifestano il comune sentimento dei Crotonesi. Si va ogni anno nella terza Domenica di maggio con il gonfalone tradizionale, un quadro della Madonna antico, alquanto prezioso, ma in piccole dimensioni sospeso ad una Croce d’argento, detto volgarmente il Quadricello […] l’altro pellegrinaggio più solenne, imponente ha luogo ogni sette anni con la prodigiosa Immagine e vi accorrono i popoli vicini fino al Cimitero e poi lungo la spiaggia fino all’Irto piccolo e quindi con grosse funi la Madonna viene tirata sulla falesia scoscesa dai Portuali i Portantini di oggi […]. Così fino al 1948, anno in cui fu costruita l’attuale strada per il promontorio.
E poi il popolo davvero numeroso e partecipante, la domenica sera accompagna la Vergine verso il ritorno alla casa di Crotone. È storia di sempre, da cinque secoli, storia dei nostri giorni e la fede nei confronti dell’antica Mamma resta immutato, anzi sempre più rinnovato, perché, per dirla con le parole del già nostro vescovo Mons. Andrea Mugione, “ un popolo, qualsiasi popolo, ha bisogno di una madre e per tutti noi è la Madonna, colei che ci ha donato il Signore.” Sempre! E, mi piace ribadirlo, come ci ha ricordato, non molto tempo fa, Mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro – Squillace e presidente della Conferenza Episcopale Calabra, “ in un’epoca in cui il mondo appare senza meta, senza certezza, con la Verità frantumata in tante piccole verità, in contrasto tra loro, rinasce ogni volta, come un fiore a primavera, la nostalgia di una luce vera che s’accende nel cielo della vita. Ecco spiegato il perché del radicarsi e del diffondersi, pure in una società liquida ed in tempi areligiosi come quelli attuali, del culto mariano: la madre ha inventato l’amore sulla terra.”
Negra ma bella??
Perché le donne di colore sono brutte?