
“Nonostante l’abile “maquillage” giuridico operato dalla Commissione Bilancio del Senato in sede di conversione in legge del decreto sulla “spending review”con la sostituzione della parola riordino al posto di soppressione e/o accorpamento, il dimezzamento delle province rimane l’unico obiettivo del Governo Monti in materia di ridefinizione dell’architettura dello Stato. A chiarirlo definitivamente – continua la nota Vincenzo Malacari coordinatore della RSU della Provincia di Crotone – fornendo in tal modo anche un’interpretazione dell’ultimo e del penultimo periodo del comma 3, dell’art 17 del citato decreto, è stato Il Dipartimento delle Riforme Istituzionali della Funzione Pubblica che, con nota del 3 agosto 2012, ha spiegato che “con riferimento alle Province che non possiedono i requisiti minimi specificamente indicati nella deliberazione del Consiglio dei Ministri dello scorso 20 luglio – dimensione territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati e popolazione residente non inferiore a 350 mila abitanti – i CAL e le Regioni possono senz’altro dare seguito ad eventuali iniziative comunali già formalizzate alla data del 24 luglio 2012 volte a modificare le circoscrizioni provinciali”. La stessa nota ha poi puntualizzato che: ”resta fermo che tali iniziative non hanno l’effetto di far ottenere né perdere alle suddette province i requisiti minimi di dimensione territoriale e demografica prescritti dalla suddetta deliberazione.” Letta al contrario, la nota evidenzia che a salvarsi dalla cancellazione sono solo quelle province che, alla data del 24 luglio u.s. (ovvero dal giorno di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dei criteri fissati dal Governo), erano già in possesso dei requisiti minimi specificatamente indicati dal Consiglio dei Ministri dello scorso 20 luglio – dimensione territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati e popolazione residente non inferiore a 350 mila abitanti. Ne deriva che, per il Ministero della Funzione pubblica, sono da considerarsi del tutto inutili e prive di effetto quelle iniziative volte ad allargare i confini delle province nel tentativo di far conseguire a queste i requisiti minimi. In definitiva: si scrive riordino, si legge cancellazione delle piccole. Il tutto, con un esecrabile gioco di parole, una serie inaudita di arzigogoli e sofismi giuridici di ogni genere, tesi ad aggirare i dettami della nostra costituzione. “Sic et stanti bus”, il destino delle piccole province, come quella di Crotone, appare segnato.
E l’unica strada percorribile per cercare di sottrarsi dall’ingloriosa sorte rimane quella del ricorso in via principale davanti alla Corte Costituzionale da parte della Regione (anche se non dovrebbe essere trascurata l’ipotesi di proporre lo stesso ricorso in via incidentale, da sollevare all’interno di un processo dinanzi al Tar avviato con l’impugnativa della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio u.s.,). Ultima osservazione. Nei giorni scorsi è stata formulata la proposta di istituire la grande Provincia Ionica. Orbene, per quanto utopistica questa idea possa sembrare, essa non lo è di certo dal punto di vista giuridico. Vediamo di spiegarne il perché. La proposta non mira in alcun modo a mantenere in vita l’attuale provincia di Crotone né, come ammonisce la nota del ministero delle Funzione pubblica, far ottenere alla stessa i requisiti minimi previsti dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio u.s., il fine è un altro, e consiste nel procedere alla determinazione per tutto il territorio calabrese degli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni cosiddette di area vasta. In sintesi, si sopprime la Provincia di Crotone (che, quindi, non allarga i propri confini) e si crea contestualmente, come prevede l’ art 133 della Costituzione, una provincia ex novo, con un’estensione territoriale che da Crotone arriva fino ai confini della Basilicata. E d’altronde, se questa operazione non fosse praticabile, allora qualcuno spieghi come dovrà comportarsi la regione Toscana col processo di riordino, tenuto conto che la “spending review” ha lasciato in piedi la sola provincia di Firenze, destinata tra l’altro a scomparire a far data dal 1 gennaio 2014 con l’istituzione della città metropolitana? E’ ragionevole pensare infatti che, in questa regione, le province saranno tutte soppresse, procedendo nel contempo alla creazione di nuovi enti intermedi compatibili con i requisiti richiesti. Per cui, in definitiva, se ciò appare fattibile in Toscana, perché non dovrebbe esserlo in Calabria? Come si vede, la partita è ancora aperta e il nostro dovere è quello di giocarla fino in fondo!