Il 28 gennaio 1986 la navetta Challenger andò distrutta dopo 73 secondi dal lancio, uccidendo l’intero equipaggio della missione composto da 6 astronauti e una “passeggera” selezionata per essere la prima insegnante in un programma spaziale. La causa fu un guasto a una guarnizione, detta O-ring, nel segmento inferiore del razzo a propellente solido destro. Sono passati 27 anni dal disastro e quelle immagini rimangono ancora vivi nella mente delle persone. Alla rottura del veicolo, la robusta cabina dell’equipaggio si staccò, restando intera, e iniziò lentamente a cadere impattando nell’oceano a oltre 300 km/h. Nella notte del disastro, il presidente Ronald Reagan aveva in programma di effettuare l’annuale discorso sullo stato dell’Unione. Inizialmente annunciò che il discorso sarebbe stato effettuato in ogni caso, ma sotto la crescente pressione lo rimandò di una settimana e dette l’annuncio alla nazione del disastro dalla Stanza Ovale della Casa Bianca. Il discorso si concluse con una frase contenente una citazione al poema “High Flight” di John Gillespie Magee: «Non li dimenticheremo mai, né l’ultima volta che li vedemmo, questa mattina, mentre si preparavano per il loro viaggio, salutavano e “fuggivano dalla scontrosa superficie della Terra” per “sfiorare il volto di Dio”».
L’esplosione del Challenger