“Perché diciamo che bisogna “ripartire dal cittadino? Perché pensiamo che l’Italia è messa male, da molti punti di vista. Non è “solo” l’economia ad andare male; è tutto l’insieme che manda segnali di malessere. Non è certo la prima volta nella nostra storia che attraversiamo un brutto momento, ma questa volta il Paese sembra spossato, svuotato di energie, incapace di reagire. Nel recente passato abbiamo dimostrato che, se motivati, siamo capaci di fare i sacrifici necessari. Basterebbe ricordare la crisi finanziaria del 1992 e gli sforzi fatti per entrare nell’euro. Si tratta, dunque, di dare una scossa al Paese, per ripartire. La responsabilità principale in questo senso spetta alla classe dirigente, chiamata così proprio perchè il suo compito consiste nel guardare avanti, indicando una via d’uscita. Il punto è che, in genere, si identifica la classe dirigente con la politica, l’industria, la finanza, ma non con i soggetti organizzati della società civile. Noi di Cittadinanzattiva, invece, facciamo parte, a pieno titolo, della classe dirigente di questo Paese, non certo nel senso dei privilegi, che non abbiamo e non vogliamo, bensì della responsabilità di cui, da oltre trent’anni ci siamo fatti carico. Purtroppo le istituzioni italiane, sia nella loro componente politica sia in quella burocratica, non sono culturalmente pronte ad accettare che i cittadini possano diventare soggetti attivi nella soluzione dei problemi di interesse generale.
Salvo eccezioni, le amministrazioni pubbliche del nostro Paese continuano ad operare ed a rapportarsi con i cittadini secondo uno schema che vede nei soggetti pubblici gli unici preposti ad occuparsi dei beni comuni, mentre i cittadini possono essere soltanto amministrati in quanto utenti, clienti, certamente non alleati dell’amministrazione nella gestione di una società la cui complessità costituisce una sfida che non può essere vinta da sola. Il Cittadino attivo, lo abbiamo tante volte detto, deve prendersi cura dei beni comuni: l’ambiente, la salute, l’istruzione, la legalità e tanti altri ancora e il modo in cui opera determina l’ arricchimento di noi tutti. Anche il nostro futuro, come singoli e come collettività, è un bene comune di cui tutti dovremmo prenderci cura, perché avere un futuro più o meno ricco di possibilità determina la “qualità” dell’unica vita di cui ciascuno di noi dispone. Se i cittadini declinano i propri diritti, il futuro, come individui e come popolo, sarà sicuramente meno ricco di opportunità , sotto tutti i punti di vista. Questo vuol dire ” Ripartire dal cittadino”; vuol dire ricominciare a promuovere i diritti di cittadinanza, operando all’interno di un orizzonte più ampio, in cui ogni scelta sia diretta, non solo a risolvere il problema contingente, ma anche a rimettere in moto il Paese, grazie all’impegno di tutti i cittadini. Sarebbe auspicabile che anche la politica tradizionale si avvalesse di persone capaci di svolgere questo ruolo di mobilitazione. Se lo farà, tanto meglio, ma nel frattempo cominciamo a muoverci, perché senza l’impegno della società civile, in tutte le sue articolazioni, non si riuscirà ad invertire la tendenza negativa. E’ necessario, da parte degli amministratori e non solo, riconoscere che i cittadini sono, oltre che amministrati, anche soggetti attivi nella cura dei beni comuni . Ciò significa introdurre nella gestione di tali beni risorse, oggi del tutto trascurate, quali esperienze, competenze e idee dei cittadini attivi. E’ necessario che, accanto al bilancio dei numeri, venga utilizzato il bilancio sociale quale strumento per valutare e valorizzare le attività svolte per il bene della collettività.