“Il Partito Democratico prima di tutto, prima di tutto il Partito Democratico”. Questa la sintesi di un lungo comunicato trasmesso dal vicesegretario della sezione del Pd di Cirò Marina Nicodemo Bastone e dal dirigente dello stesso Pd, Gianni Notaro. “Dopo la due giorni di Festa Democratica, organizzata dal circolo del PD di Cirò Marina ed appresso lo giubilo per le tante belle novità che ne sono risultate, da menzionare su tutte il reingresso nel PD dell’on. Salvatore Lucà unitamente alla sua creatura, o almeno una parte di essa, la cosiddetta Compagnia dei Democratici, una parte del circolo PD torna ad interrogarsi ed interrogare sullo stato delle cose. Aprendo se del caso, una riflessione anche polemica, sulla irrilevanza dei segnali che la cosiddetta “classe dirigente” non coglie, non vuole cogliere, non sa cogliere. Aprendo questa riflessione, per puro spirito di verità, intendiamo riconoscere i nostri limiti, i nostri errori, ma sempre con il medesimo spirito, non intendiamo abdicare alla volontà di fare politica, di propugnare idee, fare battaglie, immaginando di poter realizzare anche in minima parte qualcosa per cui, questo partito nacque. All’epoca si immaginò un partito plurale, aperto, condiviso, ma soprattutto un partito autenticamente “democratico” rappresentato e rappresentativo delle specificità territoriali, per chi non lo ricordasse all’epoca andava molto di moda l’aggettivo “federale”. Un partito, capace di combattere e vincere, ogni sfida elettorale, ma prim’ancora di vincere nella sostanza delle cose e nella realizzazione delle proprie idee. A tutt’oggi, ci troviamo davanti qualcosa di essenzialmente diverso, diverso nella forma, diverso nella sostanza, e per tutto ne conviene, qualcosa che non ci piace. Un partito, da intendersi qui sulla nostra base territoriale, che rifiutiamo, che non vogliamo. Un partito dove sentiamo come base, la lontananza del “centro” o dei “centri”, il tutto a discapito della partecipazione, base fondamentale per quella rinascita, dai tanti auspicata, ma mal perseguita, se non peggio mal sopportata. Un partito, e qui vogliamo esser chiari, che per colpa dei nostri dirigenti provinciali, regionali e nazionali, sta diventando un partito fintamente aperto, con una società civile, fatta di lavoratori e disoccupati, professionisti e categorie che non solo non ci capiscono più, ma ancor peggio, non stanno neanche più ad ascoltarci. A ciò contrapponiamo movimenti tutti interni alla politica, quella attiva sul fronte del posizionamento di casta, che monta e smonta il proprio puzzle, senza rendersi conto che il risultato di tale giochino, è non solo logoro ma fondamentalmente infruttuoso, con sommatorie sempre e comunque pari a zero. Un partito che di plurale ha poco se non le eterne divisioni per fazioni o bande come le ha chiamate qualcuno.
La nostra realtà, che è ciò che poi interessa realmente i sottoscritti, rappresenta plasticamente il fallimento di un certo progetto, caso praticamente unico nel panorama nazionale, gli iscritti e simpatizzanti del PD operano in una provincia, quella crotonese, dove il partito è sub-commissariato (francamente non esiste termine che possa meglio rendere l’idea) ed in una regione commissariata ormai da anni, ove non è possibile sapere, neanche ancora per quanto. Mentre tutto ciò è reale, cioè avviene sotto gli occhi di tutti, pur in un momento storico particolarissimo di crisi dei partiti, il Partito Democratico, non perde le consultazioni nazionali, vince e talvolta stravince, le competizioni regionali ed amministrative, dalle Alpi a Lampedusa, con un’unica macroscopica eccezione, la Calabria, la provincia di Crotone ed i suoi centri più importanti. Qualcuno avrà la responsabilità di tutto questo, noi crediamo di si. Noi abbiamo colpa, quella evidentemente di non saper spiegare più cosà è il PD di questa parte d’Italia, ma la colpa più grave è da attribuire a quanti, rappresentano il PD nelle assisi elettive, che non solo non hanno fatto sentire la propria voce, che dovrebbe essere quella delle loro realtà territoriali, ma talvolta hanno di fatto, silenziato il dissenso e non appoggiato le legittime richieste, di quanti sostengono che il “dossier Calabria” sul tavolo del segretario nazionale del PD non è più rinviabile. Il Partito Democratico calabrese e crotonese, per non essere quello che ha sempre detto di voler combattere negli ultimi venti anni, deve darsi rappresentanza e rappresentatività, partendo dalla base, vale a dire dai circoli territoriali. E’ tempo di finirla, con le etero direzioni dall’alto, che non solo sono sintomo di fallimento, ma rappresentano il fallimento dell’idea stessa di Partito Democratico. Siamo e lo siamo convintamente, fautori della centralità dei circoli, grandi o piccoli che siano, quei circoli dove molti spendono passione e coraggio, tempo e risorse, da solo tutto ciò dovrebbe bastare per riconoscere ai circoli la centralità del progetto, la loro giusta autonomia. Se così non fosse, se qualcuno ancora crede, che i circoli siano semplicemente dei comitati elettorali che nascono e muoiono alla bisogna, questa volta si sbaglia. Qualcuno lo ha detto prima di noi, questo è un partito (quello calabrese) con troppi capi-bastone, noi aggiungiamo che ci sono molti capi-bastoncini, che rifiutano di vedere la realtà oppure non hanno proprio le capacità per farlo, questi sono i responsabili delle nostre sconfitte, e la nostra paura, è che si “candidano” ad essere i responsabili della disfatta. Rivendicato il nostro diritto statutario, a polemizzare con dirigenti ed iscritti, con i compagni e gli amici, il nostro grido di rabbia, che speriamo non resti inascoltato, chiede, partendo dalle realtà dei circoli territoriali, rispetto ed autonomia e che su questi principi, possa finalmente partire una vera discussione, franca ma rispettosa, sui congressi e sulle idee, certo più inclusive possibili, ma non necessariamente unanimi sul destino e sul futuro del PD calabrese e crotonese. Non si illuda alcuno, noi non ci tiriamo fuori, ne dalle nostre piccole responsabilità, ne dal partito democratico, e così speriamo facciano tutti. Anzi rilanciamo e rilanceremo con forza convinti dalle nostre idee che sono e saranno sempre le stesse, nell’interesse superiore del PD, dei suoi iscritti dei suoi simpatizzanti, dei suoi molti elettori delusi, al servizio di una causa che sia plurale sempre e comunque e non di volta in volta, alla coda di singole e personali cause, che tanto male hanno fatto in passato.”