Interviene con una propria nota, la commissione Pari Opportunità di Cirò Marina, in merito alle ultime “esternazioni, accuse” che in questi giorni hanno visto coinvolti il Pd, con il segretario Domenico Facente e l’Assessore Francesco Ferrara. “A quanti fanno Politica: Riflettete”, esordisce così nota che utilizzando riferimenti biblici e del vangelo e continua: “Perchè guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Luca 6,41). “Un discepolo si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi!” Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre!”». Parto da lontano, con questo apologo indiano, per commentare una delle frasi più celebri del Vangelo, dedicata alla falsa correzione fraterna. Lo stesso Gesù suggerisce di «ammonire il fratello se commette una colpa contro di te» Matteo 18,15-18). Ma è inesorabile contro gli ipocriti che correggono il prossimo per esaltare sé stessi e, anche in questo caso, è difficile trovare una più incisiva lezione rispetto a quella che ci è offerta dalla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14).
In tutti gli ambienti, ci imbattiamo in questi occhiuti e farisaici censori del prossimo, ai quali non sfugge la benché minima pagliuzza altrui! Tutti si ergono altezzosi, convinti di essere investiti di una missione, consacrati al servizio della verità e della giustizia. In realtà, essi si crogiolano nel gusto sottilmente perverso di sparlare degli altri e si guardano bene dall’esaminare con lo stesso rigore la loro coscienza, inebriati come sono del loro compito di giudici. Ecco, allora, l’accusa netta di Gesù: guarda piuttosto alla trave che ti acceca! «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello» (6,42). E poche righe prima, in questo che gli studiosi hanno denominato il “Discorso della pianura” (parallelo al “Discorso della montagna” di Matteo), egli aveva ammonito: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati!» (6,37). Purtroppo questo piacere perverso di spalancare gli occhi sulle colpe del prossimo è una tentazione insuperabile che ci lambisce spesso. Il racconto indiano citato in apertura è accompagnato da un paio di versi, che affermano: «L’uomo giusto si addolora nel biasimare gli errori altrui, il malvagio invece ne gode». Bisogna riconoscere – come ribadiva l’umanista mantovano Baldesar Castiglione, nel suo trattato Il Cortegiano – che «tutti di natura siamo pronti più a biasimare gli errori che a laudar le cose bene fatte!”