di Cataldo Amoruso. Un buon riscontro sta ottenendo l’opuscolo adottato dalla “Associazione Libera”, fondata da don Ciotti, intitolato: “La mafia, prima che atto pratico, è mentalità”. È la sintesi storica raccolta in un fumetto disegnato dalla brava Sara Amoruso su testo di Cataldo Amoruso, “gran parte tratto dal romanzo Cecè il Picciotto, ndranghetista calabrese” Editore Rubbettino, che narra come è nato il fenomeno della mafia partendo da Toledo. Correva l’anno 1400 i tre cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso stanno per lasciare la Spagna, ma prima devono assassinare don Pedro Josè Francisco Lobos perché ha violentato la bellissima Dolores, la sorella dei cavalieri. Carcagnosso, il più impulsivo e violento, sputò fra i denti rosso dal furore <<Questa è la fine che fanno gli infami maledetto Josè Lobos, ricordati che l’onore si lava col sangue.>> E affondò la spada nel petto di don Josè. I tre cavalieri fuggono in Italia, ma devono scontare la pena di trent’anni di carcere nell’isola di Favignana. Nella buia cella creano “il codice segreto degli uomini d’onore” che servirà nei secoli futuri contro gli abusi degli infami e dei prepotenti. Il codice ha delle regole ferree “guai a chi lo scrive”, deve essere tramandato oralmente a memoria e i nemici saranno sempre gli sbirri, gli infami e i traditori. Usciti dalla galera, i tre cavalieri decisero. Osso restò in Sicilia e fonderà la Mafia, Carcagnosso va in Campania e fonderà la Camorra, Mastrosso va in Calabria e fonderà la ‘Ndrangheta. Così comincia la storia delle tre formazioni degli uomini d’onore che proseguì, nei secoli passati, con intenti a volte giusti e umanitari, contro gli abusi, le prepotenze, la strafottenza e l’arroganza di alcuni individui senza scrupoli verso i deboli. Nei primi anni del Novecento i capi bastone e gli adepti fondarono in Calabria l’Onorata società gestita da uomini cosiddetti d’onore che facevano rispettare le regole, ma negli anni cinquanta-sessanta gli uomini d’onore, con l’evento della droga e con le richieste di estorsioni di denaro ai più ricchi, cambiarono pelle e divennero violenti e crudeli, non c’era più il duello rusticano col coltello a molla per prendere il comando, ma gruppi di fuoco che sparano con pistole e mitra contro il boss avversario per eliminarlo, e così anche il codice d’onore con le sue iniziazioni, con i suoi riti, con suggellanti patti di sangue e con bruciare l’ immaginetta di San Michele Arcangelo, e con le sue mnemoniche regole imparate per dimostrare il proprio affavellamento, ormai è solo un ricordo, a parte alcuni boss come don Raffaele Cutolo ed altri che ritornarono al passato del “Codice segreto degli uomini d’onore”, più per rimpianto dei tempi andati che per praticità d’azione. Oggi quello che conta è solo sua altezza il denaro che è entrato nella mente alterata e delirante delle “ndrine”, come il tarlo malefico in un pezzo di legno fradicio e così, queste organizzazioni possiedono ricchezze immense. Molti picciotti orgogliosamente affermano che “La vita è un viaggio perciò bisogna farlo in prima classe, a questo lercio mondo meglio essere dente… che erba o pane”. La mafia nacque anche come forza destinata a supplire alle deficienze di uno stato corrotto, incapace e lontano che costrinse i cittadini alla difesa privata nella carenza dei poteri pubblici, e richiudersi in quelle tradizioni che sole potevano assicurare il vivere civile.
E non c’è certo il viatico di molte persone che assistono ad un delitto di mafia, denunciare alle forze dell’ordine, crimini che incombono sulle martoriate regioni del sud come la Calabria, perché si alza inevitabilmente il muro dell’omertà che è una distorsione errata del senso dell’onore, vale a dire, che nei cittadini c’è una sorta di ammirazione e di rispetto, una sorta di amicizia che non si deve né si può tradire. L’universo dei calabresi è offeso oltre che dalla violenza delle classi dominanti dei politici, e offeso anche dalla criminalità organizzata che ne strumentalizzano i bisogni per acquistare e potenziare il proprio potere. Il problema della mafia fino agli anni ottanta si è affrontato con una superficialità che ha rasentato l’incoscienza, in realtà si è preoccupata solo dell’interesse di partito, infatti qualche politico di peso all’epoca disse che: “la mafia non esisteva che era solo una invenzione giornalistica”, mentre ricordo illustri onorevoli recarsi ai comizi con un clan mafioso serrato intorno come una patetica famigliola. la Calabria senza pane, senza acqua, terra di frane, di carcerati, di baroni, di minatori, di carbonai di ndranghetisti e promesse elettorali, oggi assiste al voto di scambio fra il politico che deve andare a Roma e la gente che lo vota, con una certa indifferenza e per ciò le parole al vento della storia sono state gettate come i reali rimedi opposti all’ingigantirsi di organizzazioni criminali rese sempre più forti da illeciti affari e proficui profitti. Questo intreccio mafia politica è quello che rende difficilissimo la decadenza della mafia, anzi se questa catena non si spezza la mafia non la si debellerà mai. Il rimedio definitivo contro la mafia, la ndrangheta e la camorra non si è ancora trovato, e un po’ come la genesi dei tumori maligni e le metastasi, che assilla la scienza medica perché le cellule sane e le cellule malate hanno la medesima origine biochimica ed una medesima spinta vitale, sicché non è facile colpire il male senza colpire i tessuti non contaminati. La fine delle organizzazioni criminali è illusoria perché nonostante la cattura dei boss, si rinnovano sempre, vale a dire, che ne arresti cinquanta e ne sorgono cento. Un risultato positivo però c’è ed è “l’Associazione Libera” fondata da don Ciotti che si occupa delle terre e dei beni confiscati ai mafiosi e su queste terre ci sono molti giovani di “Libera” che con non poche difficoltà le rendono fertili, vigorose e produttive. In Calabria arrivano ragazzi da Bolzano, Bergamo, Padova gioiosi di improvvisarsi contadini su queste terre e grazie a questo opuscolo di Sara Amoruso e agli insegnamenti di persone del luogo, che conoscono bene il fenomeno mafioso, che se ne tornano nelle loro città con la soddisfazione di avere conosciuto meglio un argomento così estraneo alla loro mentalità, fenomeno che avvilisce da sempre le regioni del Sud. Noi auguriamo a questi giovani di buona volontà di essere sempre più numerosi e più motivati…per il tempo del futuro. Si ringrazia l’Associazione Libera e in particolare il sacerdote Don Pasquale Aceto, la valida Concetta Mazziotti, il maresciallo Leone e tutti gli altri, per aver patrocinato questo opuscolo di Sara Amoruso “La Mafia, prima che atto pratico, è mentalità”.