“Mi sento in dovere d’intervenire sulla piccola querelle sollevata dal Sig. Martillotti (leggi articolo) rappresentante regionale della Lega Pesca, per una serie di ragioni, la prima, doverosa, ma forse non la più importante, è che il sottoscritto quale Direttore Tecnico del GAC Costa degli Dei, non è stato posizionato a questo ruolo per vie politiche, ho a che fare con il mondo della pesca (sono stato consulente per molti anni anche di associazioni della pesca) da oltre trent’anni, non ho nessuna intenzione di fare un “uso improprio del GAC” di cui sono Direttore Tecnico e, men che mai, voglio ipotecare in” maniera maldestra il futuro di tante famiglie di pescatori” – lo afferma in una nota Roberto Minervini. Quindi, per quanto mi riguarda, quanto affermato dal Sig. Martillotti che si è scagliato contro la gestione dei GAC calabresi, è clamorosamente falso. Nella veemenza verbale del Rappresentante di Lega Pesca trovo però anche la necessità di provare a fare chiarezza su alcune tematiche da lui sollevate perché credo, specie nei momenti difficili quali quelli che stiamo attraversando e non solo da parte dei pescatori, che si corra il rischio, magari solo per contrapposizione politica, di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Ha ragione infatti Martillotti quando dice che la Regione Calabria è stata fortemente penalizzata negli ultimi quindici anni da nuove normative sull’esercizio della pesca che poco o nulla hanno tenuto conto degli aspetti sociali, economici e culturali della Regione. Tutto è cominciato con l’abolizione delle spadare, dove gli addetti calabresi erano migliaia, poi è proseguito con la conversione (molto all’italiana) della pesca con reti derivanti verso la “ferrettara”, per poi passare dal 2010 alla sospensione anche delle pesche cosiddette speciali. In questi passaggi, mi preme dirlo, c’è sempre stata perdita di occupazione e di economia nella Regione e con pochi fenomeni compensativi. Nel caso della pesca al pesce spada con reti derivanti posso affermare, poiché ho vissuto in prima persona al fianco delle associazioni quel periodo, che si è operato con molta demagogia in un contesto di confusione globale in cui era veramente complesso ottenere il rispetto delle regole. L’ingovernabilità del settore pesca in molti areali del sud ha fortemente contribuito a sostenere misure draconiane nei confronti di un tipo di attività in cui la lunghezza delle reti era fuori i limiti di legge tutte le volte che le dimensioni dei natanti lo consentivano. Sensibilmente diverso mi sembra invece il caso del divieto comunitario delle pesche speciali in cui credo che spesso si sbagli l’approccio con le istituzioni comunitarie nel tentativo di recuperare un anno o due di deroga e riprendere momentaneamente a pescare. In molte regioni italiane, e mi sembra anche in Calabria, si sono infatti tentati approcci “politici” per risolvere la questione. Credo fermamente invece che sia inutile, se si vuole limitare il danno, praticare azioni politiche nei confronti del nostro Governo e verso la UE. Nell’attuale situazione di pianificazione della pesca sarebbe come abbaiare alla luna.
Le uniche Regioni infatti che continuano a pescare bianchetto e rossetto sono quelle (Toscana e Liguria) che hanno operato in maniera totalmente diversa presentando in sede comunitaria una credibile, ed ho sottolineato “credibile”, proposta di monitoraggio e controllo scientifico della pesca attraverso un progetto sperimentale ben impostato che ha consentito in quelle regioni di praticare la pesca fino ad oggi, anche se in maniera limitata e controllata. Mi permetto di suggerire a Martillotti (ma non solo) che credo che la domanda che dovremmo porci sia “perché fino ad oggi una regione con le tradizioni di consumo di bianchetto come la Calabria non ha presentato un ben fatto programma di pesca scientifica su questa specie?” La risposta che do io è che si è preferito, per mentalità ed abitudine, l’approccio politico sia da parte delle amministrazioni che da parte delle associazioni. Abbiamo cioè ragionato da Italiani in un contesto europeo. Un approccio destinato a non dare risultati se non quello di esacerbare gli animi e di perdere altro tempo. La UE (ed i suoi tecnici) sono insensibili, almeno in questi campi, alle pressioni politiche. La gestione delle risorse alieutiche nella UE è cosa delicata, considerato anche che la UE stessa ha commesso grossolani errori in passato nelle valutazioni delle risorse. In primis perché la materia è delicata e gli interessi enormi e poi perché talvolta hanno ceduto di fronte ai grandi centri di potere commerciale ed alle pressioni dei Paesi membri. Oggi sono più rigidi e cauti, ma hanno, e giustamente aggiungo io, molto rispetto delle tradizioni culturali ed alimentari dei popoli che la compongono, anche le balene e le foche nella UE sono abbattibili da parte di chi tradizionalmente l’ha sempre fatto, è soprattutto un problema di riconoscimento del diritto e di pianificare con intelligenza e consapevolezza l’uso delle deroghe senza danneggiare la risorsa.
Forse farà comunque piacere al Sig. Martillotti sapere che nel PSL (Piano di Sviluppo Locale) del GAC Costa degli Dei, che attualmente dirigo, a pagina 25 è citato testualmente, nel capitolo dedicato alla Cooperazione Interterritoriale “…In questo ambito si inserirebbe anche l’annosa questione relativa alle “pesche speciali” quali quella del bianchetto e del rossetto. Tutt’oggi la Calabria è penalizzata dal fatto che non può esercitare questo tipo di pesche fortemente radicate nella cultura, nelle abitudini alimentari e nell’artigianato alimentare (“neonata”). Si potrebbe dire che la “neonata” sta alla pesca come l’”nduja” sta all’agricoltura ….”. Quindi, almeno da parte di alcuni GAC, non c’è nessuna sottovalutazione delle tematiche relative al futuro della pesca calabra, anzi, gli sforzi dei GAC sono proprio istituzionalmente impostati per trovare alternative (incentivate) verso attività produttive parallele alla pesca. In questa direzione credo però che anche gli altri GAC, tutti operanti da prima di noi, abbiano verificato quali difficoltà trovino i pescatori e loro familiari, per frequente (e storica!) incompatibilità con le “carte”, a portare avanti la spesso ponderosa documentazione necessaria ad ottenere i finanziamenti previsti. Sarebbe forse auspicabile, proprio nell’interesse del mondo della pesca, una più stretta collaborazione fra le associazioni dei pescatori ed i GAC per cercare di agevolare il percorso dei richiedenti e giungere il più rapidamente e meglio possibile alla definizione delle singole pratiche di finanziamento. Una collaborazione immediata e fattiva perché comuni sono gli obiettivi; collaborazione che potrebbe facilmente allargarsi ad altre tematiche ed anche alla individuazione di un percorso regionale che porti alla formulazione di una ben impostata richiesta per l’ottenimento di concessioni per le pesche speciali da parte della UE. Mi auguro che questa mia proposta, già formulata forse tardivamente in un recente passato, possa avere migliore accoglimento, specialmente in ambito di Associazione dei GAC Calabresi di cui il Sig Martillotti è Vicepresidente”.