“Per farsi un’idea dell’entità del fenomeno degli abusi sui minori (di questi casi, ben 254 sono sfociati nell’arresto del reo), è necessario richiamare un sondaggio commissionato da “Save the children” che ha rilevato che i motivi per cui uomini e donne adulti sono attratti dai ragazzini e viceversa sono legati essenzialmente all’autostima: i primi per sentirsi ancora giovani ed apprezzati mentre i secondi per sentirsi più maturi ed emancipati – afferma in una riflessione Rosario Villirillo dell’Associazione Marco Polo per Tutela dei Diritti. Il fenomeno dei rapporti carnali tra, alunni e professori, che spesso sfociano in costrizioni, abusi e violenze, è allarmante e sempre più in crescita, non solo nei casi di docenti di sesso maschile che seducono ed adescano le ragazzine ma anche quando soggetto attivo è il docente di sesso femminile. Nello scorso mese di marzo, si è celebrato un processo penale che vedeva imputata una insegnante 36enne, che prestava servizio in una scuola professionale di Ivrea, con l’accusa di violenza privata. La donna, infatti, insieme ad un amico, avrebbe portato due sue studentesse, di cui una minorenne, in un club privato per “scambisti”, minacciando la bocciatura nel caso in cui una di loro si fosse lasciata sfuggire qualcosa sulla serata. Insomma, gli episodi di sesso sono davvero molti e dalle tante sfaccettature, alcuni sono all’insegna del ricatto, altri sono relazioni consensuali, altri ancora sono veri e propri plagi. Basta semplicemente un vestito appariscente o attillato per attirare l’attenzione morbosa di qualche docente. Piovono a raffica le segnalazioni di studenti vittime di soprusi. Infatti, nell’ambito scolastico (scuole materne, medie o superiore) si sono verificati più casi di alunni presi di mira dal docente che li costringeva a subire ogni sorta di mortificazione ed a respirare un clima di vero e proprio terrore, con intuibili riflessi negativi sull’equilibrio del loro sviluppo psichico e sullo stesso profitto didattico, configurandosi reati di maltrattamento. A tal proposito, la Corte di Cassazione, VI^ sezione penale, con sentenza n. 43673 del 28 dicembre 2002, ha confermato la condanna di una maestra ad un anno di reclusione per il reato di maltrattamento. Nemmeno il Crotonese nè esente da tale fenomeno. Infatti, in data 20 gennaio 2012, la madre di una bambina di 3 anni si è presentata al comando dei carabinieri per sporgere denuncia perché, andando a prendere la figlia all’uscita della scuola, aveva notato sul suo volto un forte arrossamento.
Quando ha chiesto spiegazioni alla bambina, quest’ultima, senza esitare, ha detto che la maestra l’aveva picchiata. La donna, infatti, aveva immediatamente portato la figlia dalla pediatra che, a sua volta, aveva certificato la presenza di ecchimosi sul corpo della bambina nonché l’arrossamento su una guancia, nella quale era evidente l’impronta di una mano. Con la certificazione medica in mano, la mamma ha sporto denuncia, a seguito della quale, dopo accurate indagini, i carabinieri della Compagnia di Cirò Marina, su richiesta della Procura della Repubblica di Crotone, hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare alla maestra per maltrattamento e lesioni aggravate. Il razzismo invisibile e la discriminazione non lasciano immune la scuola nel Crotonese, esistono casi di intolleranza e di eccesso di autoritarismo da parte di docenti ipocriti che, pur nascondendosi in un perbenismo ed in una bonomia di facciata, trovano qualsiasi pretesto per umiliare e prevaricare sull’alunno. La scuola odierna si trova in una crisi forse senza precedenti: crisi di significatività, di credibilità, di identità, di fiducia, di efficacia. In questo panorama sconcerta l’assenza di investimenti ed interventi tesi a migliorarla ed adeguarla alle esigenze degli alunni nonché a promuovere la pari dignità, non solo formale ma anche sostanziale, tra docenti ed alunni. La scuola, negli ultimi anni, è stata luogo di eventi negativi, con frequenti episodi di bullismo, disagio,dispersione, omofobia, razzismo. I problemi citati marcano fortemente la distanza tra una scuola ancorata a modelli e didattica superati ed un mondo profondamente modificato: affrontarli seriamente aiuta la scuola stessa a diventare quel laboratorio e palestra di vita per le nuove generazioni. Sulla scorta di quanto sopra esposto, siamo certi di trovare la dovuta attenzione da parte dei genitori, delle istituzioni, del mondo associativo ed, in particolare, sia della consulta dei giovani che della consulta degli studenti, ma anche della stampa ed altri soggetti disposti a contrastare il fenomeno del maltrattamento e degli abusi sui minori che coinvolge ogni tipo di società, nella piena consapevolezza che la percezione del rischio sociale delle conseguenze di tale fenomeno è elevata in tutti gli strati della popolazione. I maltrattamenti e l’abuso sui minori sono la punta di un iceberg nascosto che ha il suo fondamento su una subcultura che sempre più allontana l’individuo da una relazione sana con l’altro. La realtà conosciuta dagli addetti ai lavori è tuttavia ancora più complessa e grave perché gli episodi,che trapelano e saltano agli onori della cronaca, rappresentano una piccola porzione di quel numero di maltrattamenti, abusi e molestie sessuali, che si consumano nei confronti dei minori, nel silenzio e nei luoghi ritenuti più sicuri. Solitamente, il bambino/a che subisce violenza si trova circondato da un sistema organizzato e rigido, fatto di complicità e connivenze, che non gli consente di comunicare il suo dramma ma, anzi, lo fa sentire causa di quanto sta avvenendo. Siamo convinti che nella progettazione delle azioni necessarie per arginare e prevenire il fenomeno del maltrattamento, degli abusi e di ogni forma di violenza contro i minori, la conoscenza e l’osservazione del fenomeno stesso assumono una valenza fondamentale. Esse sono il prerequisito di base per poter pianificare qualsiasi intervento per promuovere e sostenere il diritto ad un’infanzia serena.
Rimanendo nell’ambito del mondo dell’istruzione, non è raro assistere, in sede d’esame o di lezione, a mortificazioni, insulti o veri e propri abusi di potere. La situazione, sicuramente non nuova in ambito accademico, appare così illogica ed intollerabile: i docenti dovrebbero avere la responsabilità di guidare gli studenti in un cammino verso la conoscenza, non portarli alla disperazione e/o esasperazione ed al disamore verso la materia. Purtroppo, il contesto dell’università italiana è pieno di queste situazioni, a riprova che ormai si è perso il vero valore intrinseco della formazione accademica. Situazioni che, se non altro, si ripercuotono negativamente sulla carriera degli studenti, sempre più stressati e tendenti ad andare fuori corso, molte volte per cause non dipendenti dal loro impegno o dalla loro volontà. Ma i problemi non si verificano soltanto nel momento dell’esame, molto spesso cominciano prima. Per coloro che, infatti, si trovano a non poter frequentare assiduamente le lezioni per motivi di lavoro o famiglia, preparare un esame può essere una vera odissea. Nell’era della digitalizzazione, delle nuove metodiche didattiche innovative, la realtà dimostra, purtroppo, che in molte università di digitale c’è poco o niente. Professori che non rispondono alle e-mail, orari di ricevimento irreperibili, programmi d’esame introvabili, siti di scarsa usabilità e con pochissime informazioni. Non parliamo di atenei del terzo mondo, basta vedere i siti di alcune facoltà per rendersene conto: lo studente è completamente abbandonato a se stesso, nell’impossibilità di sapere cosa studiare e in quali tempi, visto che molto spesso mancano anche le date degli appelli d’esame. Solo con una collaborazione proficua, con un continuo dialogo e scambio di conoscenze, competenze ed esperienze tra docenti e studenti, in un contesto di rispetto dei ruoli e non di eccesso di autoritarismo, la scuola potrà riacquisire il valore originario e la credibilità. Non è sufficiente spendere soldi se, poi, a mancare è il capitale umano, ossia docenti capaci di comprendere e formare i discenti, e, purtroppo, proliferano pseudo-dittatori che, invece, vedono l’ateneo come il contesto in cui esercitare la propria autorevolezza su studenti che considerano solo ed esclusivamente numeri contenuti in verbali da riempire. La percezione ed i frequenti casi di abusi di potere – conclude Villirillo – hanno fatto sì che il collettivo studentesco di alcuni istituti scolastici abbia istituito una sorta di “black list dei docenti”, ossia una pagina su Facebook in cui genitori e studenti sono invitati a segnalare chi fa lezioni in maniera inaccettabile o chi usa e abusa del potere derivante dal ruolo di docente”.