Prosegue senza sosta l’attività di contrasto allo sperpero di risorse pubbliche da parte del comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro che ha attuato una vasta operazione nel meridione d’Italia, dando esecuzione ad un provvedimento emesso dal G.i.p. presso il tribunale di Velletri nei confronti di una società, la I.L.S.A.P. s.r.l. con sede legale in latina e stabilimento produttivo in Lamezia Terme, destinataria di un contributo pubblico di ammontare pari a circa 11 milioni e mezzo di euro, erogato in parte dall’Unione Europea ed in parte dallo stato italiano. I finanzieri del nucleo di polizia tributaria del capoluogo calabrese hanno sequestrato un capannone industriale sito in Lamezia Terme, ed hanno tratto in arresto tre fratelli originari di latina, imprenditori nel settore della produzione di carburanti e titolari della menzionata società, ed a notificare la misura cautelare personale dell’obbligo di dimora ad un professore ordinario di una nota università napoletana e ad un altro soggetto, tutti coinvolti a vario titolo nell’esecuzione di un’articolata truffa ai danni dello Stato e dell’Unione Europea per il percepimento di contributi pubblici.
Sono stati inoltre sequestrati i conti correnti, le quote sociali e tutte le disponibilità mobili ed immobili riconducibili ai citati soggetti fino alla concorrenza della cifra indebitamente percepita. L’azienda beneficiaria dei contributi statali si sarebbe dovuta impegnare nella realizzazione di un articolato progetto di natura scientifica avente ad oggetto lo studio, la sperimentazione, lo sviluppo ed, infine, la produzione di un innovativo carburante “bioavio” per l’aeronautica civile e per gli impianti di produzione di energia alimentati da turbine a gas. Tale combustibile da biomassa, secondo le ardite teorie sottoposte all’attenzione del ministero per lo sviluppo economico per ottenere l’aspirato finanziamento, sarebbe stato ottenuto dalla lavorazione degli scarti di macellazione, in particolare da carcasse di bovini, e doveva essere utilizzato per alimentare turbine per la produzione di energia elettrica e per diluire il gasolio utilizzato nell’aviazione civile in modo da ridurre l’inquinamento e, in particolare, le emissioni di CO2. L’inconsistenza del progetto è però emersa sin dalle prime fasi dell’indagine, quando i militari, accedendo all’interno dell’stabilimento di lamezia terme, si sono resi conto che non era stata avviata alcuna significativa attività di studio e ricerca.