Tra le frazioni che costituiscono il territorio di Isola Capo Rizzuto, quella che sicuramente oggi ha assunto grande risonanza e richiamo turistico – culturale di livello mondiale, è Le Castella. Circa le sue origini P. Fiore scriveva che : “la prima origine di questa abitazione ci venne da Annibale Cartaginese: egli venuto in Italia contro de’ Romani ed indi passato in Calabria, per commodità delle sue navi piantò quivi al mare una gran Torre…E per tanto detto da prima Castrum Annibalis poi Castra…”. Ciò dopo che i Romani, come scrive Tito Livio, fecero sbarcare sul sito migliaia di coloni e comunque sempre per motivi di difesa. Nei secoli successivi l’isolotto e il borgo furono occupati dagli Arabi che intanto avevano creato un emirato nella vicina Squillace. Dopo qualche tempo, nel piccolo sito marinaro sorsero due chiese: quella dell’Annunziata (ne sono ben visibili i ruderi sulla strada appena all’ingresso di un noto complesso turistico – balneare) e l’altra di San Nicola, entrambe subalterne all’abbazia della Matina. Il bene culturale di forte richiamo di questa terra, è il Castello che sporge verso il largo del mare come avamposto contro le scorrerie saracene. Questa fortezza fu fatta costruire nel 1521 da Andrea Carafa come anello forte del grande sistema difensivo voluto dal re di Spagna che fece edificare centinaia di torri rotonde e quadrate lungo la costa meridionale della Penisola. Nel 1536, durante una delle tante scorrerie turchesche, il giovanissimo Giovanni Dionigi Galeni venne rapito, assieme a tanti altri, dai pirati del Barbarossa. Condotto in schiavitù a Costantinopoli, fu comprato da un tal Gianfier che gli affidò una sua imbarcazione dimostrandosi esperto e ottimo combattente. Diventò, pertanto, musulmano assumendo il nome di Kilie Alì Pascià e meglio conosciuto come Occhialì o Uccialì che significa “Il rinnegato”. Ne derivò che il castellese saraceno servì, da ammiraglio e comandante della flotta turca, ben quattro imperatori e combattè anche a Lepanto dove, unico capitano turco, si salvò. Ebbene nel borgo turistico di Le Castella, come qualcuno ha scritto, non vi sono monumenti ad eroi o patrioti dell’Italia “chè qui lo Stato non si è mai visto”, ma il vero eroe castellese sebbene “rinnegato” fu e resta Uccialì. Così nella piazzetta che guarda il castello e l’oriente, i turisti possono ammirare un busto bronzeo che ricorda Uccialì con turbante e baffoni. È l’unico monumento di Le Castella erettovi nel 1989 su progetto dello scultore G. Rito e per il volere dello storico Gustavo Valente.
La sacra Icona di Nostra Signora di Guadalupe
Oggi Le Castella e i Castellesi mostrano al mondo intero un altro monumento, un monumento di forte richiamo spirituale: la sacra Icona di Nostra Signora di Guadalupe di Città del Messico. Pocchi anni orsono, una domenica di maggio, via mare ed in una suggestiva cornice di luci, fiaccole, canti, musiche e gente implorante, è arrivata ai piedi del castello l’icona di Nostra Signora di Guadalupe. Si tratta di una copia di quella miracolosa che si venera nel grande Santuario di Città del Messico e voluta fortissimamente dai parroci castellesi del tempo don Fortunato Morrone e don Antonio Staglianò ed accompagnata da Mons. P. Diego, rettore del sito spirituale messicano. Ma perché Nostra Signora di Guadalupe a Le Castella? Perché, per i detti parroci, vuol significare un nuovo cammino per il piccolo borgo calabrese, un cammino di riscatto sociale e morale per le nostre contrade. E da cosa deriva la tanta spiritualità e venerazione della Nostra Madonna messicana? Siamo nel sec.XVI, il secolo della colonizzazione e dominazione spagnola in tutto il mondo. Nel 1531 avviene la prima apparizione della Vergine al piccolo e povero indio Juan Diego il quale si trovò davanti una bellissima Signora risplendente di luce. In dialetto “nahuati” la Vergine comincia a parlare al povero indio. Come spesso è successo in tante altre simili circostanze, Juan Diego si reca dal vescovo di Città del Messico, Mons. Zummaraga per raccontare dell’apparizione e chiedere, come desidera la Madonna, che venga edificato un luogo sacro. Anche in questa circostanza non si è ascoltati. L’indio torna sul colle e trova la Madonna ad attenderlo e la supplica. “O mia amabilissima Signora, affida, ti prego, il Tuo messaggio a qualche persona importante, a qualcuno cioè che sia conosciuto, rispettato, stimato, perché trovi credito. Io purtroppo sono un uomo privo di valore, un individuo che non conta nulla”. Naturalmente non è ascoltato perché il desiderio della Madonna è quello di far compiere la missione proprio all’umile pastore, proprio a Juan Diego che non conta nulla nella società. La Madonna comprende il tormento dell’indio e lo tranquillizza promettendogli, per l’indomani, il segno richiesto dal Presule e gli chiede anche di raccogliere un bel po’ di fiori. Fiori nella stagione invernale? Nulla è impossibile al Creatore. Sì, Juan Diego raccoglie proprio rose, rose di Castiglia che porta alla Madonna e Lei, sorridente, le prende e le rimette nella tilma di Juan perché siano recapitate al Vescovo. Questi accoglie l’umile indio che gli apre la tilma spargendo a terra i fiori. Ma nello stesso istante sulla tilma si disegna, si imprime l’immagine della Vergine con lo stupore generale di tutti gli astanti e la commozione del Vescovo che chiede perdono a Juan per non essere stato creduto. Quindi la tilma viene posta nella cappella personale del Pastore messicano che dà subito ordine di edificare una cappella sul colle Tepeyac e ultimata in pochi giorni. Ma c’è dell’altro. Gli occhi della Vergine, sì gli occhi che, come specchio, hanno impresse immagini di tante persone, forse le stesse che hanno avuto il privilegio di assistere al miracolo nella stanza del vescovo. È una meraviglia, questa degli occhi, scoperta da una commissione di scienziati che hanno applicato alla Sacra Immagine impressa sulla tilma il metodo di ingrandimento usato dalla Nasa sul Viking 2000. Ma perché il titolo di Nostra Signora di Guadalupe? E’ il titolo legato al ruscello Guadalupe, in Spagna, dove fu nascosta una statua della Vergine col Bambino in braccio per ben cinque secoli. Successivamente fu fatto edificare un grande Santuario che oggi è meta di numerosi pellegrinaggi e che ha ospitato anche Giovanni Paolo II nel 1982.
Il Santuario a Le Castella
Anche Le Castella ha voluto offrire a Nostra Signora di Guadalupe un Santuario per essere tempio di spiritualità e di accoglienza e sollievo della gente sofferente e dei disabili. Il tempio sorge su un’area del borgo marinaro, offerta dall’Amministrazione comunale di Isola Capo Rizzuto, dopo aver accolto la prima pietra, quella portata direttamente dal Santuario messicano dal Rettore P. Diego. Il viaggio di Giovanni Paolo II in Messico, per celebrare la canonizzazione di Juan Diego proprio nel Santuario della Madonna di Guadalupe, risulta un ulteriore segno di gratitudine ai Castellesi che da oggi dovranno ospitare i tantissimi pellegrini che si vorranno prostrare ai piedi della Madonna messicana.