“Sono arrivate tutte sulla rotta 270. Tre sono addossate l’una all’altra nel bacino basso, di fronte all’ingresso. Poi c’è quella che galleggia piegata su un fianco, dieci metri più al largo. Due marciscono quasi tirate in secco sui massi frangiflutti. Tutte le altre sono accatastate ovunque. Affiancate anche su tre file, oppure, come le più grandi, ormeggiate sui moli commerciali. Tra barconi di legno e scafi di ferro al porto di Crotone ce ne sono ormai una quindicina. È un ingorgo. Al punto che quando a inizio anno sui radar è apparsa la sagoma della Ezadeen con 500 siriani a bordo, il comandante della Capitaneria di porto, Antonio Ranieri, ha deciso di dirottarla verso Corigliano” questo l’articolo di Giuseppe Baldessarro su ‘Il venedì di Repubblica’. “A preoccupare sono soprattutto le navi di dimensioni superiori ai cento metri, quelle che hanno bisogno di un attracco in banchina. Occupano troppo spazio e tolgono ossigeno vitale alle attività portuali. A Crotone tremano all’idea che possano arrivare altre «carrette», significherebbe bloccare i moli commerciali. Lavoro e soldi. Sulla rotta 270 sono arrivati tutti negli ultimi 20 anni”.
“È sempre stato pericoloso – continua l’articolo di Baldessarro – ma ora i rischi per la sicurezza di migranti e per chi naviga sono aumentati. Perché queste sono navi «sparate», con il timone bloccato e senza timoniere. Una volta gli scafisti li riconoscevi, oggi spariscono subito. E sulle navi si incrociano solo sguardi spaventati di gente abbandonata a se stessa, ammassata nella pancia di «sarcofaghi d’acciaio» che si muovono inarrestabili. Sulla Storm il pilota automatico era bloccato su 270, dritto su Crotone a 4 nodi di velocità, lo stesso per la Sandy. Navi comprate al mercato nero per 100 mila euro e lanciate dall’Egeo verso la Calabria. Incasso netto intorno al milione di euro, rischi per i criminali zero. Impostata la rotta, in mare aperto abbandonano la nave e se ne tornano a casa a spartirsi il bottino. Da Crotone alla costa greca ci sono solo 180 miglia, 324 chilometri appena. Meno di 30 ore di navigazione. In queste condizioni ne arriveranno altre, di grandi navi. Ci sarà da abbordarle mentre sono in movimento, da tentare di governarle in direzione del porto dove vanno messe in sicurezza. Salvatore e i suoi fratelli gestiscono i rimorchiatori. Lo Stato gli paga 3 euro al giorno a nave per la custodia e per stare attenti che non ci salga nessuno. In alcuni casi sono stati costretti a saldare i portelloni d’ingresso. I migranti in attesa dei documenti ci andavano a dormire. Li chiamano «Dublino», come la città dove è stato firmato l’accordo sulle domande d’asilo e in base alle norme europee devono tornare dove sono sbarcati per ottenere i documenti. Per questo gruppi etnici diversi si affrontavano a muso duro per accaparrasi il diritto di stare sulle carrette. Navi che, dopo il sequestro e la confisca, attendono la demolizione per anni. Mentre altre sono già sulla rotta 270”.