Siamo a pochi chilometri da Palmi e dall’uscita della Salerno – Reggio Calabria, immersi in una grande distesa di secolari uliveti e qui si adagia Seminara le cui origini risalgono al X secolo e ricostruita, dopo il disastroso terremoto del 1783, più in collina. È “la cittadina più ricca di scultura cinquecentesca di tutta la Calabria”, per dirla con le parole dello studioso Francesco Negri Arnoldi. Il suo toponimo originario deriva dal latino “semimarium” e poi dal bizantino “seminarion” che significa “semenzaio”. Nel passato costituì la maggiore fortezza della Calabria meridionale, (sono ben visibili i resti delle mura di cinta nella contrada Borgo), ed era approdo sicuro per le tante popolazioni limitrofe impaurite dalle continue scorrerie saracene. Fu terra degli Aragonesi che la diedero in feudo alla famiglia degli Spinelli dal ‘500 e dal secolo successivo fu possesso dei Ruffo fino all’eversione napoleonica. È stata davvero una gran bella città, ricca di uomini e di arte. È stata la terra di Barlaam, quel dotto e pio monaco di lingua greca che visse tra Costantinopoli ed Avignone adoperandosi per la riunificazione delle Chiese, teologo e vivace polemista e i più lo ricordano per aver dato a Francesco Petrarca i primi rudimenti della lingua e cultura greca e per suo interessamento il monaco seminarese fu eletto, poi, vescovo di Gerace. Nei secoli rinascimentali, Seminara è stata terra di ben 33 chiese ed 8 conventi. Il primo era sorto nell’884 sul monte Aulinas, odierna Sant’Elia, che portato poi nel centro abitato prese il nome di Filareto, dal monaco basiliano che lo rese un interessante centro di studi teologici ed umanistici, oltre un fervido centro di preghiera e fede dove visse anche il rossanese san Nilo, colui che fonderà l’abbazia di Grottaferrata. Altri conventi basiliani importanti furono quello di san Nicodemo, di san Giovanni di Laura e quello dei Frati Minimi di san Francesco di Paola.
LA MADONNA DEI POVERI – E però Seminara è nota in tutto il mondo soprattutto per il suo Santuario della Madonna dei Poveri, la “Nigra sed formosa”, che nei giorni del Ferragosto di ogni anno richiama folle di pellegrini provenienti da ogni contrada della regione e non solo. Perché il titolo di Madonna dei Poveri? Secondo la tradizione, la statua recuperata da un saccheggio nel trasportarla in chiesa si rese irremovibile, pesantissima, impossibile da smuovere; invece ci riuscì a sollevarla e spostarla la gente semplice e umile, quella che viveva di stenti, insomma i poveri. Il Santuario è al centro del paese ed è un edificio interamente ricostruito nel 1933 sulle rovine della vecchia chiesa distrutta dal terremoto del 1908 e conserva il tritolo di Collegiata dell’Immacolata. Oggi l’edificio sacro presenta un’architettura moderna che si richiama alle chiese del ‘700 con frontespizio a due campanili laterali a cuspide ed ornati di pennacchi. Sul sagrato si apre il portale centrale preceduto dal protiro sorretto da una coppia di colonne. Sovrastanti il portale e il finestrone a mo’ di rosone, si aprono nove arcate che coronano il timpano a cuspide. L’interno è a tre navate in marmi bianchi e rossi con tetto a capriate e con altare in marmi policromi della prima metà dell’Ottocento, conserva molte e pregevoli opere d’arte. Ma soprattutto custodisce la sacra effige della Madonna dei Poveri. Si tratta di una statua scolpita a tutto tondo in legno di cedro nero con la Vergine che tiene sulle ginocchia il Bambino, seduta su un trono in argento con baldacchino e fastigio, sorretto da due angeli e contornato da alcuni putti. È opera barocca, il trono, del XVII sec. e voluto dalla famiglia spagnola dei Sanchez. Secondo il parere dei più, la sacra effige di Seminara sarebbe la stessa pervenuta fin qui dall’antica Tauriana distrutta nel X secolo. In merito, il critico d’arte Alfonso Frangipane ha scritto che “la statua attuale potrebbe essere una replica sempre medievale (sec. XII-XIII) dell’antica Madonna del Vescovado di Tauriana anteriore al IX sec.”. Ancora nel Santuario si conservano tante altre opere e cito fra le tante: la statua marmorea a tutto tondo della Maddalena, con corpo seminudo e capelli sciolti, opera del 1580; ai lati dell’altare maggiore le sculture marmoree dei ss. Pietro e Paolo del XVI sec.; un fonte battesimale cinquecentesco di scuola gaginesca; un reliquiario argenteo del ‘700 che conserva il braccio di san Filareto ed un altro del ‘600 con la testa di sant’Elia lo Speleota.
E Seminara è ancora tanto altro. La chiesa di san Marco edificata nell’800 sullo stile rinascimentale sullo stesso sito dove prima sorgeva il piccolo monastero basiliano di san Nicodemo; qui è custodita una vera opera d’arte: la Madonna degli Angeli del Gagini assieme al paliotto dell’altare maggiore in marmi policromi del ‘700 ed inoltre un Crocifisso ligneo del XV sec. La chiesa di san Michele nota per la Natività del Montorsoli del ‘500 ed alcuni bassorilievi della stessa epoca. Ed ancora, i conventi dei Paolotti e dei Cappuccini e alcuni palazzi come quello dei Mezzatesta, antica residenza degli Spinelli, ed il palazzo municipale che custodisce quattro bassorilievi di Andrea Calamech del ‘500. Infine, ma non secondario e di certa attrazione, Seminara è il paese della ceramica; è conosciuta in tutto il mondo per le sue terrecotte: i tipici vasi colorati, le brocche, i famosi “babbaluti”, i “fischietti” e le maschere apotropaiche. Insomma Seminara è un centro preaspromontano ricco di storia, arte e fede; un centro che meriterebbe maggiore attenzione e non abbandonato a certa letteratura che non fa bene a nessuno.