“La Metropolia di Santa Severina e la suffraganea di Umbriatico” (Falco Ed., Cosenza 2014) di don Pietro Pontieri è stata giudicata finalista al “Premio Marchesato di Crotone per la ricerca storico – sociale”organizzato dall’Università Popolare Mediterranea di Crotone. I premi saranno assegnati durante una cerimonia che si terrà il prossimo giovedì 28 maggio presso l’Aula Magna del Liceo “Pitagora” del capoluogo. È una pubblicazione che consente di penetrare nel cuore della diocesi di Santa Severina, di fondazione bizantina, nata contemporaneamente ed inspiegabilmente Metropolia data la vicinanza alle Metropolie di Reggio e Rossano capitale del bizantinismo calabrese. Ma si penetra soprattutto nella storia di una piccola comunità, come Umbriatico originariamente Euraton, da sempre in periferia, isolata e poco conosciuta e pure quasi inaccessibile. Oggi come ieri! Poco o nulla è cambiato e comunque strana idea istituire una diocesi in un sito di siffatta difficoltà da essere frequentato. Con Umbriatico le altre realtà socio – ecclesiastiche, piccole Chiese come Isola, Cerenzia, Belcastro e quelle di successiva istituzione come Strongoli e San Leone detta anche Leonia, nei pressi di Scandale, già soppressa questa fin dal 1571 per la “sua desolazione”; piccole Chiese che, fino alla loro soppressione voluta dal Concordato col Regno di Napoli col decreto De utiliori di Pio VII del 1818, hanno avuto la loro pur modesta importanza nel panorama non solo diocesano – ecclesiastico. Piccole diocesi, tutte suffraganee, cioè dipendenti dal vescovo metropolitano di Santa Severina, così vicine tra loro e forse istituite per motivi strategici, politici o per espansionismo feudale. Il lavoro di Pontieri è ricchissima di notizie, aneddoti e fatti e misfatti confortati da un’altrettanto ricchissima bibliografia offerta su un piatto d’argento alle nuove generazioni di studiosi e cultori di storia patria, ove ne avessero voglia! Una documentazione, come scrive, in presentazione, il prof. Francesco Le Pera, “utilizzata con acume e discernimento, che abbraccia un millennio di storia locale e nazionale, senza che l’autore dimostri neppure una volta di cedere allo spirito di campanile e di voler forzare l’interpretazione delle fonti per dare sostegno alle proprie tesi.” Questo libro, scrive ancora Le Pera, “colma una lacuna nella storia ecclesiastica della nostra metropolia” perché “non si è mai pensato a cogliere i rapporti tra la Metropolia e le singole suffraganee per avere un quadro d’insieme della vita sociale e religiosa delle popolazioni”. Rapporti, aggiungo io, che non sempre erano all’insegna della pacifica convivenza chè le controversie erano numerose ed accanite. Si pensi che all’interno della Metropolia non è stato agevole il rapportarsi con le comunità arbreshe come San Nicola dell’Alto, Pallagorio e Carfizzi con la presenza di papas di rito greco; difficile il percorso verso la latinizzazione avviato già dalla presenza in Calabria dei Normanni, i quali, scrive Pontieri, comunque “tentavano di rispettare le usanze bizantine: per molto tempo infatti accanto al clero di rito latino esisteva ed era abbastanza numeroso quello di osservanza greco – bizantina unito a Roma”; percorso che ebbe il suo traguardo, ma non definitivo, a metà del ‘700 con l’istituzione, nella provincia di Cosenza, a San Benedetto Ullano del Collegio Orsini per volere del papa Clemente XII con l’obiettivo di favorire il ritorno dei greci ortodossi al cattolicesimo.
Ovviamente, don Pietro, non ha fermato la sua indagine esclusivamente sulle Chiese locali ma ha operato anche un’ampia e approfondita panoramica sulla storia della Chiesa universale attraverso la conoscenza dei Papi che hanno influito, nel bene e nel meno bene, sulla condizione socio-economica ed ecclesiale delle Chiese crotonesi. Ma in questo lavoro editoriale era proprio necessario il volo pindarico dal Crotonese alla Calabria, a Roma, all’Europa, al mondo intero tra spiritualità e temporalità? Sì, scrive Le Pera, perché don Pontieri “pur portandoci a volte lontano, assai lontano, da Santa Severina, da Umbriatico e dalla Calabria, intende creare quel famoso filo rosso che collega tutti gli avvenimenti umani tra loro senza soluzione di continuità”. La fatica editoriale di Mons. Pontieri abbraccia secoli di vicende ecclesiastiche e socio – economiche che vanno dalle origini della Metropolia dell’antica Siberene (soppressa nel 1952) a quelle della diocesi di Umbriatico e delle altre suffraganee attraverso le epoche bizantine – saracene, normanne, sveve, le infauste angioine, aragonesi, spagnole fino al Concilio di Trento al quale partecipò un vescovo di Umbriatico Mons. Giovanni Cesare Foggia di Rossano. Ed ancora. Un vasto ventaglio di aneddoti e vicende legate ai rapporti, non sempre facili, tra i vescovi di Santa Severina e quelli di Umbriatico e delle altre suffraganee; le questioni sinodali; le condizioni socio –economiche del territorio della Metropolia; gli aspetti antropologici derivanti dall’ambiente periferico,isolato; le controversie teologiche e liturgiche legate al rito greco e latino; la descrizione delle tracce artistiche e documentali lasciate dalle varie epoche; l’incontro – scontro tra popoli e culture diverse; gli influssi sulla religiosità e sul costume; un catalogo variegato e assortito dei vescovi dell’una e dell’altra diocesi. E tra i suoi vescovi che hanno lasciato “traccia indelebile” nell’isolata diocesi di Umbriatico è da annoverare di sicuro Mons. Domenico Peronaci di Serra San Bruno.Furono tante le conseguenze disastrose che si ebbero con l’assenza dei vescovi dalla sede vescovile che preferivano soggiornare a Roma o a Napoli. Le amorevoli attenzioni di Mons. Peronaci furono rivolte al popolo rurale che abitava nei piccoli paesi della diocesi, tra loro distanti e poco accessibili. Per questo profuse tutto il suo impegno a potenziare il Monte Frumentario per i poveri, dare ordine alla sua Chiesa, regolare la vita liturgica, disciplinare il clero.
Per ovviare alla scarsezza di sacerdoti idonei al loro ministero, ampliò e potenziò in Cirò il Seminario, già istituito solo dal suo ultimo predecessore Mons Loiero, perchè i giovani potessero ricevere una formazione spirituale adeguata, per ovviare ad un clero ignorante e arrogante. Nel 1732 ottenne la proclamazione di san Nicodemo a protettore della città e nel 1735 restaurò ex novo l’Episcopio di Cirò, nel 1753 in un podere della Mensa vescovile, chiamato Mandorleto, fece edificare un palazzo “prope mare” per la salute dei presuli; ridusse in coltura due fondi della Mensa, quello detto Salvogara e lo stesso Mandorleto. Ad Umbriatico, poi, restaurò la cattedrale e il palazzo vescovile. Naturalmente si ringrazia il buon Dio se Peronaci ha avuto lunga vita episcopale diversamente da tanti suoi predecessori, misteriosamente o per l’insalubrità dell’aria e l’inclemenza del clima, morti prematuramente. Ma il vescovo serrese non se n’è mai lamentato come ebbe a farlo un suo predecessore Mons. Giovambattista Ponzio (1682 – 1689) il quale scriveva che “a causa di questo evento funesto, vivo nel terrore essendo venuto a conoscenza che in poco più di 18 anni sono deceduti circa 10 vescovi”. Non è certamente da biasimare! Per concludere si può dire che è un bel libro che si fa leggere tutto di un fiato o quasi, nonostante la corposità, che ti attrae e ti coinvolge dalla prima all’ultima pagina perché miniera di dati, documenti, notevoli richiami bibliografici e ricerche, fatti storici ormai acclarati e meno conosciuti e soggetti ad approfondimento. È una pagina bella dalle intense sollecitazioni col recupero e la conservazione della storia di un popolo. È un libro che ci coinvolge in un fatto storico ed umano che con forza viva e semplicità ci permette di comprendere meglio l’identità, la fortuna, la sfortuna e il senso di un luogo: la grande Metropolia di Santa Severina e i territori diocesani attorno. Assieme all’opera di Pontieri, altri cinque libri sono risultati finalisti e tra questi “Le orme del monachesimo nel territorio del Parco Nazionale della Sila” del petilino Francesco Cosco e l’opera inedita “L’abitato di Cirò durante la seconda metà del Cinquecento” di Pino Rende.