A colpi di ruspa e motosega, si corre contro il tempo nella Pineta di Punta Alice a Cirò Marina per dare attuazione entro il 31 dicembre, al progetto di 190 mila euro, coperto dai fondi europei del Psr che, su un’area di 32 ettari dovrebbe assicurare la pulizia del sottobosco, con l’eliminazione solo delle acacie e altre erbe infestanti; il diradamento di rami e alberi malati o colpiti da incendi, per far posto a nuove piante. Oggi però, c’è il deserto al posto di boschi della Pineta comunale di Punta Alice: quelli passati a tappeto da un paio di settimane da operai e mezzi della ditta Marrazzo, al quale il Comune ha assegnato l’appalto. Intere aree boscate, con la loro delicata e ricca biodiversità, appaiono rase al suolo a fronte di poche tenere piantine che, senza un’adeguata assistenza seguiranno la stessa sorte toccata al reimpianto della Pineta della Marinella di Cirò; qui, gli alberi ad alto fusto sono state tagliati ma non una sola pianta nuova è cresciuta. Lo stesso progettista e il direttore dei lavori, l’arch. Piero Golino e l’agronomo Rota, se da parte danno garanzie sull’idoneità dell’intervento “che – affermano – con il diradamento si favorisce lo sviluppo delle piante e il sottobosco”, ammettono che “una grave limite di questi progetti di tutela delle aree boschive è la mancata previsione di fondi per la successiva manutenzione e la cura”.
“I Comuni – osservano – dovrebbero farsi carico di questa fase particolarmente delicata”. Ma proprio, nella facile previsione “che difficilmente questo avverrà”, il dott. Mario Pucci, che, dietro il Faro, gestisce la stazione di rilevamento e cattura per l’inanellamento degli uccelli per conto della Lipu e dell’ Ispra contesta “lo scempio che ha prodotto l’intervento “fin troppo invasivo”” e denuncia “le grave ripercussioni sull’oasi naturale di Punta Alice e l’area umida delle Vurghe”; sono infatti siti di transito e svernamento di uccelli migratori in cui Pucci ha registrato ben 160 specie diverse; tra queste: la Moretta tabaccata, il fenicottero rosa, il Mignattaio, la cicogna bianca e rosa, il Tarabuso, tutte protette dalla convenzione di Bonn. Oltre al disastro paesaggistico – scrive Pucci – non è accettabile il taglio totale e la distruzione del sottobosco così come si è fatto perché ciò andrà ad incidere sull’intero ecosistema della zona che si presta come punto di osservazione e per lo sviluppo di progetti di turismo ambientale. La presenza nella Pineta di cespugli di macchia mediterranea come il lentisco, il mirto, l’alaterno, il leccio – spiega – sono la più importante risorsa trofica per tante specie di uccelli che qui si ricaricano durante il ciclo biologico della migrazione che risulta molto dispendioso dal punto di vista energetico. Pucci ricorda che questo habitat unico “ha permesso la cattura di gufi di palude mai registrati in Calabria e la ricattura di due capinere inanellate in Svezia e Germania”. Le aree umide, poi – osserva oltre – costituiscono degli “hot-spot” di biodiversità gravemente minacciati ma che hanno un ruolo fondamentale nella conservazione della biodiversità in tutta Europa, per questo l’Ue investe per la loro tutela”.
Mi viene il vomito. Povera pineta
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