Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, in una intervista a “Linkiesta”, dà la sua lettura dell’emergenza intimidazioni che sta colpendo la Calabria e in particolare il reggino nelle ultime settimane. Una lettura diversa da quella data dal ministro dell’Interno Alfano solo pochi giorni fa nel corso della sua visita nella città dello Stretto. Per Alfano, le intimidazioni crescenti sarebbero “la reazione di una ‘ndrangheta debole di fronte alla pressione crescente dello Stato”. Una visione ottimistica che Gratteri non condivide, e che considera anche superficiale perchè unisce in un unico calderone fatti profondamente diversi fra di loro.
“E’ improbabile che i boss di ‘ndrangheta si siano riuniti e abbiano fatto bruciare un po’ di pullman lì, mettere bombe carta qui, gambizzare e uccidere da un’altra parte. (…) Non tutto è ‘ndrangheta” ricorda il procuratore, che lancia l’allarme invece per gli agguati e l’omicidio di Reggio Calabria. Lì si vede la “‘ndrangheta che uccide solo quando è necessario. Sono eventi collegati fra loro che ricordano le guerre di ‘ndrangheta”. “L’emergenza c’è, ma c’era anche un anno fa quando c’erano meno episodi criminosi – spiega Gratteri – Per me l’emergenza c’è sempre. Non misuro la presenza o la pervasività delle mafie dal numero delle macchine bruciate o dai morti a terra. Non è quella l’emergenza. La ‘ndrangheta che conosco io discute, parla, dà consigli, formalmente non minaccia ma intimidisce. La ‘ndrangheta che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina e poi con i soldi guadagnati condiziona l’economia e quindi la libertà della gente. È quella che controlla il voto, gli appalti, che dice non solo chi vince l’appalto, ma anche dove deve essere costruita un’opera pubblica e se deve essere costruita. Per me l’emergenza dura da trent’anni, da quando faccio il magistrato”.
La verità non si può nascondere: la ‘ndrangheta non e’ debole, siamo sempre in emergenza. I comodi discorsi a supporto della propria immagine politica, ed espressi all’insaputa delle realtà territoriali, ne sono prova. Non si abbassa la guardia perché ricorda con verità il Dott. Gratteri: “La ‘ndrangheta che conosco io discute, parla, dà consigli, formalmente non minaccia ma intimidisce. La ‘ndrangheta che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina e poi con i soldi guadagnati condiziona l’economia e quindi la libertà della gente. È quella che controlla il voto, gli appalti, che dice non solo chi vince l’appalto, ma anche dove deve essere costruita un’opera pubblica e se deve essere costruita”.
L’attenzione latente che alla ‘ndrangheta si riserva preoccupa, non e’ debole, siamo sempre in emergenza!
L’ottusità di questo governo si traduce anche nella sconsiderata e deprecabile spending review per il personale che dovrebbe garantire la sicurezza del cittadino.
Non solo la mafia, ma anche il terrorismo che viene da lontano, preoccupano le nostre famiglie. Se solo si pensa che gli organici della magistratura e quelli delle varie polizie di stato sono ridotti al lumicino, e che coloro che continuano a combattere la loro battaglia quotidiana lo fanno a costo di mille sacrifici ( uno per tutti, paradossale, la mancanza della benzina nelle auto delle volanti), possiamo capire come lo stato possa affrontare una battaglia seria contro ogni genere di sovversione.
E, purtroppo, di Gratteri non ce ne sono molti.
Quello che dice il dott. Gratteri non può essere mai contestato, perchè parla con conoscenza dei fatti e competenza, caratteristiche che, purtroppo, mancano a ben altre figure pubbliche.
Non stupisce l’ottimismo del ministro – che ha interesse a legittimare l’operato del proprio ministero, dando l’immagine di una amministrazione che ha prodotto importanti risultati (chi li ha visti)- ma indigna il vuoto dei discorsi dei prefetti, che nei vari vertici – sempre postumi – si limitano ad una autoassolutoria analisi della realtà ed all’enunciazione di petizioni di principio.
Quando poi sono messi alle strette mandano l’esercito (a fare vetrina, perchè senza poteri), seguendo la ricetta dei tempi del brigantaggio, trascurando di considerare che è passato un secolo e mezzo.
Se il dott. Gratteri è – giustamente – preoccupato, dobbiamo esserlo pure noi.