Dalla commovente serata del 29 aprile, quando il Crocifisso viene calato, dopo ogni settennio, dalla sua cappella sull’altare maggiore della chiesa francescana della Riforma, allo straordinario ed ecumenico pomeriggio del 3 maggio la comunità di Cutro si raccoglie attorno al “suo” Cristo per dedicargli giorni di fede e amore. Sono i giorni della grande “festa del ritorno”. Si ritorna per respirare aria di casa in comunione col “proprio” Crocifisso. C’è da giurarci, accorreranno, come sempre, in migliaia a prostrarsi davanti all’antica Croce della Riforma; moltissimi son già tornati con pellegrinaggi organizzati dalla Padania e molti in auto ed aereo. Son molti, poi, quelli che tornano per la prima volta nel paese da cui son partiti tantissimi anni fa verso terre oltreoceaniche.
IL SETTENARIO – Questa volta è la festa grande, il settenario, e saranno fisicamente presenti a questa festa della quale hanno ricordi, certamente un po’ sbiaditi, d’infanzia e verranno, forse per la prima volta le nuove generazioni di cutresi, quelli nati e cresciuti fuori dalla terra calabra. Ogni cutrese, sentendo la sua appartenenza a questa città antica e tanto provata, esperimenta la sua identità, alimenta la sua speranza, racconta la sua vita riferendosi al suo Cristo di legno. La festa settennale è, per questo antico popolo, un appuntamento atteso e determinante. E non mancheranno i giovani, quelli della terza generazione, che non avranno mai messo piedi nella terra dei nonni ma che tanto sanno della festa secolare. Perché tutto questo? Perché i Cutresi sono orgogliosi di possedere un’opera taumaturgica ed artistica nel contempo, decretata monumento nazionale dalla legge 1084 del 1939, quale è appunto il Crocifisso. I Cutresi sono talmente orgogliosi e filialmente legati al loro Cristo che, nonostante il parere contrario della Sovrintendenza ai Beni Artistici e della restauratrice Emanuela D’Abbraccio, la statua seicentesca ancora una volta, per il settenario 2009, ha attraversato il centro storico come, dal 1861, avviene ogni sette anni.
IL RESTAURO – È bene ricordare che la citata D’Abbraccio, autorizzata dalla Soprintendenza ai Beni Artistici della Calabria e con la supervisione dell’Ispettore di zona Rita Jannelli, ha operato nel 1997 un improcrastinabile restauro conservativo sulla statua cutrese, restauro caldeggiato e stimolato dai continui miei appelli giornalistici. A restauro ultimato, nel mese di maggio di quel ’97, in un’intervista concessami la D’Abbraccio mi aveva illustrato lo stato di salute e le tecniche usate durante gli oltre tre mesi di lavoro conservativo e alla domanda se il Crocifisso poteva uscire in processione, questa fu la risposta. “…faccio l’esempio del medico e del malato; il medico dà una cura al paziente, se questi la vuol fare, bene, se non la vuol fare sono affari suoi. Quindi io e anche la Soprintendenza consigliamo che la statua resti in chiesa per migliore conservazione…Ho visto dei filmati e questo povero Crocifisso quando sale il sagrato della chiesa Matrice non è proprio che voli ma fa dei sobbalzi spaventosi. Quindi si sconsiglia…è ovvio che da parte della Soprintendenza si sconsigli di farlo uscire”.
LA COPIA DEL CROCIFISSO – E da qui la restauratrice aveva poi snocciolato un rosario di motivi che ne avrebbero sconsigliato l’uscita processionale. Ebbene quel consiglio anche autorevole era stato accolto dalla Comunità francescana di Cutro e dall’Amministrazione comunale, tant’è che era stata commissionata una copia del Crocifisso ad una scuola artistica altoatesina specializzata nel settore. Così alla parete destra dell’ingresso della chiesa della Riforma è stato collocato il nuovo Crocifisso, opera in legno di cirmolo dello scultore Grossrubatsche di Bolzano (firma e data 1998 sono riportate sul gluteo sinistro della scultura) ed oggi rimosso. Bisogna subito dire che, per la verità, la scultura bolzanina è entrata nella Comunità cutrese come un fratellastro, come un intruso, insomma per nulla accolta dai fedeli ed oggi esiliata in sagrestia. Quando si dice che la fede di un popolo non conosce ostacoli!
L’OPERA SACRA DI FRA’ UMILE – La nostra artistica statua lignea è stata voluta, nella prima metà del XVII sec., dai Francescani cutresi P. Daniele e P. Benedetto i quali si erano conformati alle direttive del Concilio di Trento che, in piena Controriforma, voleva incrementare la devozione popolare e far scaturire, con la presenza di sculture e opere d’arte religiose, come sostiene R. La Mattina “una fortissima carica psicologica ed una così travolgente passionalità tale da coinvolgere lo spettatore al drammatico tema” della Crocifissione. Quest’opera sacra, assieme all’Ecce Homo di Mesoraca dello stesso autore, può e deve essere considerata fiore all’occhiello della Calabria e pertanto meritevole di essere inserita degnamente nella programmazione di turismo religioso. Autore dell’opera cutrese è Fra’ Umile (al secolo Giovan Francesco Pitorno) nato a Petralia Soprana (PA) tra il 1600 e il 1601 e morto, 9 febbraio 1639, in odore di santità e che lo stesso Ordine dei Frati Minori al quale apparteneva lo annovera tra i Beati. I vari convegni e corsi di studi che si sono tenuti a Bisignano e a Milazzo e soprattutto quello di Mojo Alcantara del 1985 hanno rivalutato e fatto conoscere al grande pubblico di fedeli e cultori d’arte la figura e le opere dello scultore siciliano e grazie anche a Rosolino La Mattina e Felice Dell’Utri che nel 1986 hanno pubblicato un corposo testo illustrato che costituisce un catalogo insostituibile di tutte le opere del Petralese attribuite come autentiche e quelle ancora da essere chiarite. Nella sua breve stagione terrena pare che Fra’ Umile abbia scolpito 33 statue tra Crocifissi ed Ecce Homo, ma in realtà dai recenti studi è emerso che il numero delle opere petralesi potrebbe essere molto più consistente. Le sculture sono sparse in Sicilia, un Crocifisso è presente a La Valletta di Malta, in Calabria abbiamo il Crocifisso di Cosenza bombardato durante il conflitto mondiale, l’Ecce Homo di Mesoraca, di Dipignano e quello di Rose ancora da attribuire definitivamente. E poi sempre in Calabria il Crocifisso di Bisignano (sul retro della croce reca incisa questa scritta: “1637 P.F. Gregorio a Bisin° Custod F.Humilis a Petralia refor. Sculp.”) che assieme a quello di Polla di Salerno (l’unico che reca data – 2 novembre 1636 – e firma dell’autore incisi sui glutei) ed il nostro di Cutro costituiscono il trittico della piena maturità artistica, vista l’assoluta somiglianza fra i tre.
SGARBI INCANTATO – Il Cristo di Cutro è uno dei più famosi e l’unico ad avere la perla sospesa sulla punta del naso a mo’ di lacrima caduta dall’occhio sinistro. La nostra scultura non è facilmente databile e comunque il biografo P.G. Macaluso, gesuita, la inserisce tra il 1636 e il 1637 assieme a quelle di Bisignano e Polla, alle quali è accomunata da diversi particolari. Molti sono gli studiosi e cultori d’arte che si sono avvicendati nell’attento esame dell’opera cutrese e tra i tanti mi piace citare il critico d’arte Alfonso Frangipane, il poeta e scienziato Antonino Anile, lo studioso ligure Giuseppe Isnardi che la vide nel 1938, P. Pacifico Zaccaro, don Mario Squillace che ha lasciato la struggente poesia Al Cristo di Cutro e la stessa restauratrice Emanuela D’Abbraccio che così si è espressa. “Sono rimasta incantata e non pensavo di essere così attratta davanti ad un’opera d’arte di cui avevo sentito tanto parlare, che esprime un sentimento diverso da altre opere, soprattutto quando lavoravo sul volto mi sentivo attratta come una calamita, sentivo una sorta di timore quasi avessi paura di toccarla, mi sentivo trasportata e pian piano ho preso confidenza fino al punto di sentirmi come in estasi”. Anche Vittorio Sgarbi, alla Bit di Milano di qualche anno fa, si è detto “colpito emotivamente dall’espressione del Cristo di Cutro ed ancora oggi si è ripetuto lo stesso effetto. Mi riprometto di venire a vederlo dal vivo, perché voglio approfondire le mie conoscenze su questa statua…”. Inoltre vi sono già laureati di alcune università, come quelle di Parma e della Calabria, che hanno presentato tesi di laurea sull’arte del pio scultore siciliano e sul Cristo di Cutro (leggi articolo).
A QUANDO UN GEMELLAGGIO? – Sono quattro secoli che la chiesa cutrese dei Francescani riformati custodisce gelosamente la statua lignea e, per onorarne la presenza, nel 1772 venne consacrata al SS. Salvatore come si evince dalla lapide murata nel chiostro dell’annesso convento, grazie ai lavori di restauro che attorno al 1967 volle operare l’allora Superiore del convento P. Modesto Calabretta. La cerimonia di consacrazione fu solennemente officiata da Mons. Domenico Morelli, vescovo di Strongoli (1748 – 1793), uno degli otto vescovi nativi di Cutro, professore anche di Giurisprudenza all’Università di Pisa e lo stesso che il 13 giugno 1756 consacrò anche l’artistica chiesa di San Giuseppe di Crotone. Dalla fine dell’800, con le inevitabili trasformazioni dei tempi, ogni anno il 3 maggio e con maggior solennità ogni sette anni si rinnova il commovente atto di fede che richiama da tutto il mondo i figli di Cutro per stringersi attorno al “loro” Cristo di legno “scudo…usbergo…difesa” come lo ebbe a solennizzare l’altro illustre e dimenticato cutrese Mons. Antonio Piterà, vescovo di Bova e al quale si deve l’istituzione (1861) dei solenni festeggiamenti settennali. Al postutto, mi piace proporre per l’ennesima volta l’attivazione delle procedure per la realizzazione di un gemellaggio tra Cutro e il luogo natio dell’umile scultore francescano, Petralia, centro montano delle Madonie palermitane.