La notte della 3^ domenica di maggio rimane, ab aeterno, la notte più bella, più suggestiva, direi magica, per i Crotonesi e non solo, la notte per eccellenza della festa comunitaria, del ritrovarsi insieme residenti ed emigrati che ritornano magari solo per questa notte, la notte del cammino con la Mamma. Quella di quest’anno è una notte speciale, straordinaria perché legata al Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco e pertanto prende i connotati della festa grande, del settennale. È il pellegrinaggio del Quadro grande! È il cammino di fede che rompe con la vita sfrenata, con la solitudine del quotidiano, con la dispersione delle relazioni umane. Sono i figli sparsi nel mondo che, almeno per una notte, sentono urgente il bisogno di stare accanto alla loro Mamma, la Madonna di Capo Colonna che è veramente la madre di tutti i crotonesi di nascita e adottati. Con questo spirito ogni anno il popolo, tutto il popolo della provincia crotonese e della Chiesa di Crotone – Santa Severina, si veste a festa per onorare la “sua” Mamma, la “sua” Patrona, accompagnandola, nella notte del cammino, verso la sua primaria sede che resta il promontorio lacinio.
TRA LEGGENDA E STORIA – La tradizione è bella per questo, perché è suggestiva, perché introduce aspetti leggendari in qualsiasi racconto della storia. Infatti la leggenda confonde il culto alla Madonna, antichissimo, alle origini della fede, con l’attuale Icona che, invece, è successiva. Infatti il nostro Quadro grande, l’Icona originale della Virgo lactans, è di origine bizantina risalente al sec. X – XI, donato da Luca di Melicuccà, (1035 – 1159) primo vescovo di Isola Capo Rizzuto, omaggio di un pittore basiliano monaco del vicino cenobio di Salica o pervenuto a Crotone direttamente dall’Oriente attraverso il mare. E il “cammino” di questa notte è il momento sicuramente più suggestivo e coinvolgente di tutto il mese mariano crotonese. Una città intera, un popolo intero che si incammina fino all’alba della domenica fra le pietre della storia crotoniate e della Calabria, lungo la strada tortuosa e pregna di misteri, quella che porta al promontorio, lo stesso che già i magno- graeci vivevano come luogo di solenni celebrazioni per la loro Hera. E la suggestione del pellegrinaggio cristiano già inizia attorno alla mezzanotte di sabato quando torme di giovani allegri e, temporaneamente, spensierati si avviano verso il Capo e da lì attenderanno non senza commozione l’alba e l’apparizione del Quadro grande che incornicia la Madonna venuta dall’Oriente. Di seguito da via Veneto verso la Basilica Cattedrale si snoda, austero e coinvolgente insieme, il corteo della Congregazione dei Portantini, ben 130 uomini di ogni estrazione sociale che con fede si offrono a portare il peso dell’Icona. Attorno alla una, la notte crotonese si apre tra suoni di campane, fuochi pirotecnici e il sorriso un po’ assonnato di bambini; la commozione ed il pianto di fedeli sinceri si aprono senza remore davanti alla “nostra” Mamma che appare sul sagrato per iniziare l’antico cammino verso la chiesetta dell’antico Capo delle Colonne dove fino al 1519 era venerata non solo dai Crotonesi.
IL LUNGO SENTIERO – Il “cammino” di Maria si snoda tra le strade cittadine fino al Cimitero. Qui davvero si completa l’essere umano, l’essere terreno: il pianto si associa ai ricordi di quelli che furono, la morte diventa resurrezione, l’uomo torna ad essere uomo, quello vero, quello voluto da Dio. Dopo la breve e commossa sosta confortata dalle espressioni dense di significato del parroco della Cattedrale, la sacra Icona, rivolto lo sguardo al suo popolo, alla sua Crotone, riprende il cammino verso l’Irto e si avvia attraverso le tenebre della notte verso la luce del sole, quella di Dio. Con questo spirito e con queste sensazioni, la Madonna “negra ma bella”, lungo l’antico sentiero, non è sola, le è dietro un popolo bisognoso dello sguardo divino per abbattere le tenebre della quotidianità, le incertezze del vivere umano. Questa del pellegrinaggio del popolo di Maria verso Capo Colonna è storia antica, già riportata dal Canonico Giovanni Cola Basoino nel 1598 che in un suo scritto riferisce che la sacra Icona fino al 1519 era venerata in un sacello nella chiesetta di Capo Nao. E proprio in quell’anno durante una delle tantissime scorrerie verso le coste calabresi, i Saraceni, come scrive lo stesso Basoino: “vista la meravigliosa bellezza di Lei, domandarono a certi schiavi cristiani che figura era quella, i quali avendo loro narrato che quella era l’immagine della Regina de’ Cieli Madre di Cristo salvatore e Signora di tutto, vennero in tanta rabbia e furore che…quella presero e portarono con gran tumulto…per bruciarla. Ed acceso un grandissimo fuoco… detta gloriosissima Immagine non si bruggiò né la poterono in alcun modo offendere, ma restò intatta immacolata e bella così come pria era…il che avendo l’infedele Turco visto e riconosciuto che non poteva bruciarla si risolse seco portarsela…e per volontà divina la galea dove non era l’immagine andava innanzi a vela piena e l’altra che la ritenea di sopra non poteva né a vela né a remi spingersi in modo veruno e partirsi da detto luogo. Ed avendo tardato per più di un’ora e vedendo che non poteano spingersi né passare oltre, riconoscendo che era perché avevano sopra detta santa Immagine, quella sbalzarono a mare e la detta galea se n’andò come l’altra.”
LE GRAZIE – Così la sacra Icona, dopo qualche giorno fu ritrovata da un tal Agazio Morello sulla spiaggia all’altezza dell’Irto, “verso li Canalicchi” e se la portò, nascondendosela dentro una cassa, a casa a Crotone. Successivamente il Morello, in seguito a grave malattia, confessò ad un francescano dell’Ordine dei Minimi il suo segreto e quindi la tela bruciacchiata della Madonna fu portata nel Convento di Gesù e Maria nella zona dell’odierna Acquabona. Successivamente portata in Cattedrale. Insomma la Vergine di Capo Colonna è venuta a Crotone via mare e per questo iniziò la pratica di portare l’Icona al promontorio tutte le volte che la Città aveva bisogno di ottenere grazie. Così a novembre dello stesso 1519, dopo grave siccità, il vescovo Antonio Lucifero volle portare la Madonna alla sua originaria sede. “La notte stessa si ebbe la grazia della pioggia…per tre notti…per il che sempre si aumentava a tutti la devozione, così anco crescevano tuttavia i miracoli di essa.” Lo stesso è accaduto nel dicembre del 1583 col vescovo Giuseppe Faraone e tante volte ancora negli anni a seguire, e non si sa, però, quando sia finita questa consuetudine. Già nell’anno del terribile terremoto che sconvolse la Calabria, l’8 marzo 1832, Crotone è ancora una volta prostrata davanti alla sua Mamma in Cattedrale e si porta in cammino verso il sentiero contorto che conduce al pianoro di Capo Nao. Il cammino di Maria attraverso il suo mare non è mai cessato.
Leggiamo da Mons. De Mayda, nel 1902, che: “benché fossero moltissimi i pellegrinaggi particolari, se ne fanno due pubblici e solenni, i quali manifestano il comune sentimento dei Crotonesi. La festa annuale…si celebrava a Capo Colonna, se ne volle conservare la memoria, facendo là la chiusa. Ecco il pellegrinaggio nell’Ottava. Si va ogni anno nella terza Domenica di maggio con il gonfalone tradizionale, un quadro della Madonna antico, alquanto prezioso, ma in piccole dimensioni sospeso ad una Croce d’argento, detto volgarmente il Quadricello…l’altro pellegrinaggio più solenne, imponente ha luogo ogni sette anni con la prodigiosa Immagine e vi accorrono i popoli vicini” fino al Cimitero e poi lungo la spiaggia fino all’Irto piccolo e quindi con grosse funi la Madonna viene tirata sulla falesia scoscesa dai Portuali, i Portantini di oggi. Così fino al 1948, anno in cui fu costruita l’attuale strada per il promontorio. E poi il popolo davvero numeroso e partecipante, la domenica sera accompagna la Vergine verso il ritorno alla casa di Crotone. È storia di sempre, storia dei nostri giorni e l’emozione, la fede e l’amore nei confronti della Virgo lactans del popolo crotonese resta inalterato, perché, “ogni crotonese – scriveva Mons. Giuseppe Agostino, amatissimo nostro Pastore per un quarto di secolo – sentendo la sua appartenenza a questa città gloriosa e provata, nel suo cuore, ne sono certo, esperimenta la sua identità, alimenta la sua speranza, racconta la sua vita riferendosi vitalmente alla Madonna di Capocolonna. La festa è, per questo nobile popolo, un appuntamento atteso e determinante. Dalla festa mariana Crotone si ritrova calamitata, in essa convocata, per essa messa in cammino. Ed ogni festa è come il segnale ritmico della sua storia”.