La nostra città tra i numerosi problemi da cui è afflitta e che aumentano di continuo, ha quello della bonifica dell’ex area industriale.
L’ex area industriale, tra le prime a livello nazionale per tipologie produttive e per capacità di competere con i mercati globali, ha prodotto dagli anni 40 agli anni 90 del secolo scorso, sviluppo, e benessere per la nostra città, che progressivamente attratto lavoratori da tutta la calabria e regioni limitrofe divenendo sempre più grande.
Dagli anni 90 a venire, per varie motivazioni lo stato ha deciso di dismettere questa area industriale, ed il trapasso verso la dismissione ha portato ad una diminuzione di benessere e di prospettive per la nostra grande città.
Le motivazioni che hanno portato alla dismissione, sono state di tipo politico, ed economico ambientale.
In quanto i procedimenti di lavorazione, per questioni tecnologiche, producevano un inquinamento che esorbitava dalle nuove soglie stabilite dalle leggi nazionali emanate sulla base di accordi internazionali tesi a garantire uno sviluppo industriale compatibile con il minimo deturpamento dell’ambiente. La problematica era comune agli altri siti industriali nazionali.
Con questa nuova legislazione lo stato ha valorizzato al massimo livello l’ambiente in quanto è stato considerato come valore aggiunto costituzionalmente protetto e non più pregiudicato da altri valori costituzionali quali la proprietà e l’iniziativa economica,
Con le novelle legislative lo stato definì con precisione il concetto di bene ambiente come bene di relazione, ossia come unione delle sue singole componenti naturali: flora, fauna, suolo, aria, acqua, ecc.., in costante ed armoniosa integrazione tra loro. Subito dopo definì il danno all’ambiente come l’alterazione degli elementi che lo compongono dovuta ad una condotta inquinante omissiva o commissiva. E punisce l’autore di tale condotta inquinante a risarcire il danno ambientale con il ripristino dello stato dei luoghi e ove tale ripristino non sia perfettamente possibile con una somma a titolo di risarcimento del danno ambientale residuo.
In particolare con la L.n° 349 del 1986 lo stato ha introdotto nel nostro ordinamento una figura di illecito tipico per il danno ambientale di cui è unico titolare, che insieme alle leggi di recepimento di numerose direttive europee è confluito nel “testo unico delle norme in materia di ambiente” (d. lgs n° 152 del 2006).
Il tribunale di Milano con sentenza n° 2536 del 2012 ha condannato Syndial S.P.A. a ripristinare lo stato dei luoghi dell’area ex industriale con una bonifica dal costo stimato di 135 o 150 milioni di euro a seconda che i materiali verranno smaltiti nella prevista discarica di “Giammiglione” o fuori territorio, e in aggiunta al risarcimento di 55 milioni di euro verso lo stato unico titolare per legge del bene ambiente costituzionalmente inteso.
In ottemperanza a tale sentenza e per l’esecuzione della stessa, lo stato in persona del Ministro dell’Ambiente pro tempore ha nominato il Commissario delegato Dott. Belli.
Come primo punto si rileva che tale procedura è caratterizzata da estrema lentezza, ed inoltre non è in linea con le best practice seguite in ambito europeo per casi analoghi, in quanto il Commissario è stato nominato con incarico fiduciale e rimarrà in carica al massimo fino a quando rimarrà in carica il ministro per l’ambiente pro tempore, essendo a fine legislatura.
Nulla da obiettare sulla professionalità e l’esperienza dell’attuale Commissario, ma la messa in opera della bonifica come previsto analiticamente e dettagliatamente nella sentenza durerà almeno 15 anni, per cui l’attuale Commissario non riuscirà presumibilmente nemmeno ad iniziare la bonifica. Sarebbe forse stato meglio nominare una struttura commissariale interna del ministero dell’ambiente con l’ausilio di esperti come la Dott.ssa Belli.
Infatti dopo tanto tempo che si è insediato, il Commissario ha interloquito esclusivamente con l’amministrazione comunale di Crotone diretta da entità esterne, a questo punto la domanda sorge spontanea: perchè e solo ultimamente sono stati invitati i sindacati? Perchè dopo le innumerevoli richieste di far parte della governance della bonifica non sono stati ancora coinvolti?
Mancano all’appello le associazioni ambientaliste, gli ordini professionali, i comitati, le altre rappresentanze territoriali, che potrebbero dare un contributo migliorativo per l’esecuzione del miglior percorso di bonifica, oltre che assicurare al procedimento della bonifica trasparenza, correttezza e partecipazione, in linea con i recenti interventi legislativi.
Ricordiamo che esiste la Legge 16 del marzo 2001, n°108 che ratifica e da esecuzione alla convenzione sull’acceso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali, e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 Giugno del 1998.
Come terzo punto non meno importante si rileva che fino ad ora il Commissario non ha ancora detto nulla su come usare il risarcimento di 55 milioni a carico dello stato. Tale somma liquidata è al di sotto del danno reale ambientale dato che non comprende altri tipi di danno quali le numerosissime morti per carcinoma legati a tale inquinamento, che non sono stati liquidati perchè non esisteva all’epoca dei fatti il registro dei tumori, il solo strumento per accertare il nesso di causalità.
Purtuttavia di tale somma che lo stato dovrà spendere per riparare il danno residuo che resterà a bonifica ultimata, non vi è traccia nella pianificazione commissariale, saranno spesi per la nostra città? Come? E quando?
La caratteristica fondamentale dello stato è la sua territorialità, ovvero l’ambiente, anche la nostra città fa parte dell’Italia, lo stato siamo anche noi, e la nostra città ha il diritto di essere rimessa a nuovo, di avere un nuovo inizio per come prevede l’art. 3 della nostra costituzione. Chiedo inoltre all’autorità giudiziaria, al Prefetto, e a tutti noi di vigilare e partecipare al procedimento del danno ambientale subito dalla nostra città. Che dovrà avvenire non solo con la bonifica ma anche col migliore utilizzo dell’ulteriore somma di 55 milioni che lo stato dovrà spendere per riparare in modo alternativo al residuo di danno ambientale.