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Home Cultura

Un moderno San Francesco, dal cuore traboccante di fede e preghiera

by La Redazione
30 Settembre 2017
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Gino ScaliseCon questo libro, l’autore parla ai nostri sentimenti con l’intento di rendere la vita del nostro beneamato ed illustre cittadino più vicina e accessibile a tutti, per farla conoscere meglio e amare ancor di più. Gino Scalise nasce a Scandale il 5 ottobre del 1926; fin da piccolo la sua giovane vita viene presto sconvolta da gravi problemi di salute. Tant’è vero che il suo medico curante gli consiglia il ricovero presso l’ospedale Forlarini di Roma per conclamata poliomelite. Ed è proprio in questa occasione, lontano dai suoi cari e dal paese natio; che egli compone la sua prima lirica «Alla Calabria». Dopo tre anni di degenza, al rientro nel suo piccolo borgo collinare dedicherà a quest’ultimo un componimento dal titolo «Il mio paese» dal quale riaffiora una tristezza velata ed un forte attaccamento al luogo di origine. Il viaggio nella capitale inteso come metafora di vita e di salvezza, non solo corporale ma anche spirituale. La caratteristica di Gino Scalise è la totale devozione di sé per gli altri e la rinuncia ai beni materiali, per essere più vicino agli indigenti: buono, sincero, comprensivo. Biografia Gino ScaliseMi fanno eco le splendide strofe della sua lirica dedica a Francesco D’Assisi, «Vendesti la stoffa paterna, gli amici, la casa, i parenti, gli amori all’Amore novello. […]Un canto d’amore infinito! Oh, potessi, Francesco, pur io diventare giullare di Dio! ». Il suo cuore traboccante d’amore e di sincera devozione lo portano ad immedesimarsi nel dolore anche della gente che incontra o vede per strada. Memorabile a riguardo la poesia La nocciolaia «T’osservo muta, stanca e sconsolata, t’adagi, triste, sopra il carrettino pieno di noccioline americane sei forse mamma di più d’un bambino cui dovrai portar a sera il pane per questo sei cupa di dolore mi si stringe il cuore. Vorrei poter spartire i tuoi dolori, al posto tuo vendere le noccioline […] Oh, se potessi farti questo turno! ». La  predisposizione ad aiutare il prossimo è per lui un dovere. In un altro componimento, molto sentito Per un lontano: «Nell’anima ho tanta speranza d’aiutar quell’uomo caduto, la fede m’incita ad avere ancora maggiore speranza.[…] In quelli che incontro io scopro il Cristo cadente ch’avanza». La sua tensione poetica diventa, infatti, una sorta di sismografo capace di registrare con inimitabile immediatezza ciò che accade nell’attimo dell’incontro-scontro tra la sensibilità del poeta e l’emozione che gli procurano gli avvenimenti. Sostenuto da una forte coscienza critica della società e di se stesso, riconosce le proprie tensioni più profonde e le indica come inevase, rinnovando a se stesso la traiettoria di un proprio cammino spirituale ecclesiale. Il viaggio quindi si fa veicolo di dubbi ma anche di prospettive nuove, di comparazioni critiche, di affinamento intellettuale, ma soprattutto di una rinnovata speranza.  Conosce a Tropea don Francesco Mottola e si innamora della sua spiritualità e della regola degli Oblati Laici del Sacro Cuore (anni cinquanta). Ma cos’era per Gino la fede? «La fede è di per sé mistero, qualcosa di incredibile» – «La vita non sta nella ricchezza». La preghiera per Gino è sincera, fatta di silenzio e discernimento non alterata non edulcorata o romanzata ma schietta e genuina. A tal proposito, riporto i versi della lirica Preghiera «Un cuore rosseggiante gocciante sangue purissimo, astretto tra spine pungenti. E una croce! Poi, nel silenzio, la tua voce, la tua sommessa voce di preghiera». Nel componimento che segue l’autore si rivolge a Cristo: «Ti incontro incontrandoli, tutti ti somigliano». La sua è una forma di empatia che lo porta a farsi carico del disagio altrui e ne soffre intimamente quando non gli è possibile realizzarlo. Molto evocativa è la lirica Sintesi «Quando avrai trovato l’amore per tutti nell’Unico, sarà la pace. Ma non avrai più pace! Perché i sogni si nutrono di vita e aspirano, ardentemente aspirano, ad incarnarsi in essa». Nei luoghi del dolore sente viva la vicinanza a Dio, come si evince da un frammento di una lettera inviata il 30 marzo del 1953 a un ragazzo, lontano da Scandale per motivi di studio, e il poeta Scalise gli parla della sua sofferenza fisica: «Grazie a Dio sto soffrendo molto. Quel famoso reumatismo  di cui soffrivo […] si è fatto strada: ha raggiunto la testa e mi ha causato un forte  e grave esaurimento nervoso. […] Eppure sarebbe anche bene poter  in questi giorni soffrire un po’ di più anziché di meno insieme col Maestro, per comprendere maggiormente quale fu la Sua Passione!». Trasforma la sua casa in un cenacolo di preghiera e di annuncio della parola di Dio. La devozione anche per la madre di Cristo lo porta ad indossare uno scapolare della Madonna del S. Rosario fino al suo ultimo giorno terreno; grande è anche la devozione per la Madonna del Condoleo da tutto questo scaturisce la necessità di evadere dalla profonda crisi sociale che attanaglia l’umanità, rafforzando in lui quel senso di libertà alla quale aspira: quella libertà della quale egli si fa portavoce attraverso i propri canti per poter affermare e testimoniare la propria fede negli eterni valori dello spirito. La biografia redatta da Iginio Carvelli è coinvolgente, lineare nei suoi contenuti, bella, costruttiva e imparziale. Ci insegna a capire che l’uomo ha sempre più bisogno di rivelarsi attraverso la fede per una coscienza civile e armoniosa con l’Assoluto. Ma ci rende anche partecipi del percorso di vita di Gino che diventa volume lirico e album fotografico dei ricordi, dove immagini a lui care, legate alla propria sfera privata come: la famiglia, il dolore, la sofferenza, raccontano un’intera vita di sentimenti ed emozioni. A tre anni dalla scomparsa dello scrittore, la popolazione di Scandale spera che la sua vita spirituale in futuro possa essere vagliata per una verifica della sua reale santità. L’auspicio della santità di Gino Scalise sarebbe (ed è) come una primavera anticipata dello spirito, che si annuncia prorompente di vitalità e di sublime letizia che si riconcilia con la vita, delineando nuovi e vasti orizzonti di luce, sempre ravvivando la speranza di un mondo migliore. Soltanto colui che è pervaso da notevole sensibilità riesce a trovare nell’Amore, ai limiti del trascendente o del mistico, la verità e l’essenza della vita. La sua memoria i suoi scritti, le sue tante pubblicazioni, il forte sentimento di amore e di fratellanza universale, fanno sì che i nostri cuori all’unisono possano elevarlo alla certezza divina attraverso l’estasi del Creato. Ora è in cielo, in compagnia dei suoi adorati genitori e parenti, insieme alla Madre e al Padre celeste. Possa egli vegliare su tutti noi infondendoci pace e serenità.
Luca Vincenzo Simbari

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