I siti archeologici calabresi sono la testimonianza più tangibile di tutte le culture che qui si sono susseguite nel corso della storia. I reperti più diffusi testimoniano l’influenza della dominazione greca prima e di quella romana poi, influenza che rimane evidente ancora oggi nella tradizione calabrese. Queste culture hanno lasciato tracce di ogni tipo, da grandissimi complessi sacri a piccolissimi dadi, uno dei giochi più antichi della storia dell’umanità.
Anche il crotonese è una zona che vanta un passato antico e glorioso le cui tracce sono ancora presenti. Sul promontorio di Capo Colonna, dieci chilometri circa a sud di Crotone, dove secoli fa si trovava il grande Heraion Lakinion, oggi sorge un parco archeologico realizzato dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.
Il Parco comprende oltre 30 ettari di terreno adibiti a scavi, altri 20 ettari sono invece coperti dai boschi e dalla macchia mediterranea. Heraion Lakinion era una delle aree sacre più importanti di tutto il Mediterraneo. Qui sorgeva il magnifico santuario dedicato alla dea Hera Lacinia. La dea Era per i greci rappresentava la divinità protettrice del matrimonio e del parto. Sorella e sposa di Zeus era la regina dell’Olimpo e godeva di fortissima devozione in tutto il bacino mediterraneo. Nella cultura romana sarà conosciuta poi con il nome di Giunone.
Il santuario di Hera Lacinia sin dall’antichità era legato alle attività della città di Crotone e ha rappresentato uno dei santuari più importanti della Magna Graecia dall’età arcaica almeno fino al IV secolo a.C.. Il santuario era stato edificato alla fine del VI secolo a.C. ed era stato intitolato a Hera Eleytheria (“che scioglie i vincoli e libera”). Godeva di una posizione strategica piuttosto favorevole: dal promontorio, che all’epoca veniva chiamato Lacinion, si dominavano le rotte costiere tra Taranto e lo stretto di Messina. Proprio dal nome del luogo è nato l’epiteto “Hera Lacinia”. L’altro nome con il quale si indica luogo, Capo Colonna, è derivato proprio dalle rovine del tempio. Dell’antica costruzione resta infatti una salda e suggestiva unica colonna ancora in piedi che si staglia di fronte al mare. Anche il nome “Capo Nao” fa riferimento alla parola greca “naos” che significa “tempio”, sempre a indicare la sacralità che connotava il luogo.
Il tempio architettonicamente di ordine dorico era esastilo, aveva quindi sei colonne sulla facciata. Seguiva la forma classica dei templi greci: poggiava su quarantotto colonne in stile dorico alte 8 metri e costituite da otto rocchi scanalati. Il suo tetto era costituito da lastre in marmo e da tegole in marmo pario. Non sono giunte a noi le decorazioni del tempio, che di certo però erano presenti, co-me vari piccoli frammenti testimoniano. Purtroppo durante il XVI secolo il santuario fu quasi completamente saccheggiato per prelevare materiale da costruzione successivamente impiegato nell’edificazione di altri edifici. Non solo, ma fino al 1638 l’imponente colonna che vediamo ancora oggi era affiancata da un’altra colonna caduta a causa di un forte terremoto. Alcuni importanti reperti rimangono visibili oggi presso il Museo archeologico nazionale di Crotone, incluso il prezioso Tesoro di Hera.
Il grande tempio non è l’unica cosa che rende interessante questa zona. Tutto complesso era infatti composto da più edifici, è ancora possibile oggi vederne alcuni resti. È ancora possibile ammirare le antiche tracce di una “Via Sacra” che misura una sessantina di metri ed è larga oltre 8 metri.
Sono stati rinvenuti e indentificati anche diversi ambienti domestici, probabilmente alloggi dei sacerdoti, una villa romana e un balneum termale risalenti al III secolo d.C..
Gli ultimi rinvenimenti degli scavi sono attualmente conservati nel Museo di Capo Colonna. Reperti di epoca precoloniale sono invece visibili presso l’Antiquarium di Torre Nao, all’interno del Parco Archeologico.