Mai come in questi giorni, in attesa dell’ormai vicinissimo decreto attuativo dell’accordo intervenuto in Conferenza Unificata, si rincorrono le voci da nord a sud dell’italica Penisola sugli atteggiamenti tenuti dalle varie Amministrazioni Comunali nei confronti degli operatori del gioco. Atteggiamenti che sembra non vogliano, per il momento, tenere conto o meglio rendersi conto che è intervenuto un accordo che ha dettagliate e precise normative alle quali bisognerà attenersi, gioco-forza, e che regoleranno il mondo del gioco pubblico.
Non sembra che questo famigerato accordo, poi, abbia “smosso le coscienze” degli Enti Locali che continuano imperterriti a sfornare idee alquanto creative quanto distorsive di quelle norme che avrebbero dovuto tranquillizzare il “popolo ludico”: cosa che ahimè non sta affatto succedendo. Per spendere ancora qualche riga sull’ordinanza del Comune di Napoli, che sta facendo così tanto discutere, relativa alla scelta degli orari di apertura delle imprese bisogna dire che è veramente un paradosso solo pensare che qualche operatore possa aderire ad una convenzione che aggiunge altri impegni e vincoli a tutti gli oneri già presenti oggi per le imprese che “beneficiano” del rapporto concessorio con lo Stato.
Tale convenzione, praticamente, consentirebbe di poter aprire o chiudere con 60 minuti di orario sfalzato rispetto a quelli in essere. Onestamente, non è un grande risultato: meglio sarebbe stato che il Comune di Napoli avesse normato il gioco e le slot machine gratis senza soldi, prima di tutti, applicando le regole stabilite in Conferenza Unificata e, quindi ha perso una grande occasione per raggiungere questo primato, oppure vuole invece mettersi al sicuro da qualsiasi ricorso gli operatori del gioco vogliano intraprendere.
Certamente, se si vuole entrare un attimo nello specifico di questo “modello napoletano”, la convenzione che è stata proposta ancora una volta mette in condizione chi raccoglie i soldi per conto dello Stato di sottostare “all’ordine” di non aprire contenziosi di alcun genere e quasi tutto ciò che contiene questa “convenzione” non rispetta i termini dell’accordo siglato in Conferenza Unificata primo tra tutti gli orari di funzionamento delle apparecchiature di gioco. Come si buon ben recepire gli orari “definiti” nell’accordo erano stati studiati per tutelare i ragazzi nelle fasce di entrata ed uscita da scuola.
In più, ed i dati sostengono questa predisposizione, si sa che i giovani sono più attratti dal gioco online, che si può raggiungere tranquillamente da tutti gli strumenti tecnologici che oggi sono in possesso della gioventù e con i quali sono quasi “perennemente collegati” durante la giornata. L’ordinanza di Napoli, quindi, risulta avere veramente ben poco significato e non otterrà altro che spostare la domanda da un prodotto all’altro, ma sopratutto verso l’online e, forse, verso l’illegalità che in una città come Napoli, ma come in tante altre metropoli dove sono in vigore ordinanze similari, sta riacquistando “il suo posto” che il gioco lecito e lo Stato hanno loro sottratto tanti anni fa.
Certamente, chi si occupa di gioco, sperava che in una città come Napoli le voci degli addetti ai lavori venissero più ascoltate, come peraltro è stato fatto con la parte che “ostenta il no-slot”: ma non è mai stato chiesto alcun consiglio all’industria che di gioco vive sui danni commerciali subiti in quella città, come in tante altre dell’italica Penisola, e conseguenti ad alcune ordinanze “scriteriate” cosa che ormai balza agli occhi di tutta l’opinione pubblica che vuole essere obbiettiva.