“Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie ad un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello.” Così le Fonti Francescane riportano la visione di san Francesco a Greccio e la straordinaria intuizione del Presepe che qui nacque. Tommaso da Celano, primo biografo del Santo d’assisi parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante. In quella notte di Natale del 1223, fu concessa a Francesco la grazia di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino che fu risvegliato dal sonno proprio dalla sua vicinanza. Ma come e quando è nato Gesù. Un po’ di storia può far bene. La festa del Natale è stata istituita nel IV sec. e si caratterizza liturgicamente con la celebrazione di tre messe: ad noctem, in aurora, in die e comprende la Circoncisione (1 gennaio), il Battesimo (6 gennaio), oltre ovviamente il periodo dell’Avvento che va dalla prima domenica dell’Avvento e dura quattro settimane. Acquisito come fatto storico, il Natale rimane però incerto per quanto riguarda la data. Nei Vangeli e nella Patristica non v’è fatto cenno e nei primi secoli la Chiesa non celebrava la nascita di Gesù. Col passar del tempo, i cristiani d’Oriente soprattutto quelli d’Egitto cominciarono a considerare il 6 gennaio come data della natività e siamo agli inizi del IV sec. Questa data, però, dalla Chiesa d’Occidente non è stata mai riconosciuta e assunse come data celebrativa il 25 dicembre che successivamente è stata adottata anche dai cristiani orientali. La data del 25 dicembre è stata adottata dalle autorità ecclesiastiche per rispetto a precedenti usanze pagane che celebravano in questo giorno la nascita del sole e si accendevano dei fuochi in segno di festa. Nel calendario giuliano il 25 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, era celebrato, appunto, come giorno della nascita del sole poiché a partire da questo momento i giorni cominciavano ad allungarsi. Questa celebrazione era particolarmente solennizzata in Siria e in Egitto: i celebranti uscivano dai santuari a mezzanotte annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un bambino. Anche sant’Agostino, in un certo modo riconosce questa festività come giorno del Natale perché esorta i cristiani a non celebrare il sole piuttosto il creatore del sole. Cionondimeno ancora fino al V sec. in Palestina e a Gerusalemme era il giorno Epifania festeggiato come giorno natalis. Assodato il 25 dicembre come giorno celebrativo, quale sarà l’anno di nascita?L’anno zero della nostra epoca fu stabilito dal monaco Dionigi il piccolo vissuto nel VI secolo: dopo infiniti e stressanti calcoli e indagini si convinse che coincidesse con il 754° anno dalla fondazione di Roma. Anche qui l’errore c’è seppur di poco, appena quattro anni. Lo storico Giuseppe Flavio scrive che Erode morì in un giorno tra un’eclisse di Luna visibile a Gerico e la Pasqua ebraica successiva. Da calcoli approfonditi si deduce che l’eclisse avvenne nella notte tra il 13 e il 14 marzo dell’anno 4 a.C., per cui, se Erode è morto quest’anno e avendolo visitato i Magi quando Gesù era nato, il Bambino deve essere venuto alla luce almeno quattro anni prima di quanto dice la tradizione. E non solo. Questa data non può essere anticipata oltre il VII sec. perché questo è l’anno del censimento augusteo in conseguenza del quale, secondo Luca, Giuseppe e Maria furono costretti a tornare a Betlemme. Il resto è storia consolidata, storia di oggi.
Torna il Natale del Signore. Nasce e rinasce puntualmente il nostro Dio. E nasce dovunque e per tutti, senza distinzione di razza, di culture, di religione: nasce bianco tra i bianchi, nero tra i neri, giallo tra i gialli; tra chi l’attende, ma anche tra chi non sa niente di lui. È il Dio di tutti e per tutti nato e rinasce. I Cristiani, non tutti purtroppo, non hanno voluto riprodurre plasticamente l’evento di quella nascita nel modo più realistico possibile, quasi per significare che lì, in quella grotta, in quel momento dovevano esserci tutti, e non c’era nessuno. Eccetto loro due: Giuseppe e Maria. Venivano da lontano per una pratica burocratica. Avevano cercato un posto dove riposare: erano stanchi e lei incinta. Ma erano poveri e per i poveri non c’è mai posto. Trovano per fortuna una grotta che è anche una stalla e ci sono un paio di bestie, un bue ed un asino, che riscaldano in qualche modo quell’umile ambiente, e poi c’è quella mangiatoia che servirà da culla. Ecco la “clinica” dove è nato Gesù. Ma è anche giusto dire che così nascevano i figli dei poveri fino a non molti anni orsono. I nostri nonni, i nostri vecchi sanno che qualcuno dei nati in una grotta o in un pagliaio è ancora in vita.
E, comunque, questo è il modo col quale si nasce in Africa, in Sud America, insomma nel Terzo Mondo, ancora oggi; questo è il modo col quale si nasce nelle stive delle carrette che portano i derelitti alla speranza del mondo occidentale, quello industrializzato ma senz’anima.
I presepi, con i quali tentiamo di riprodurre l’evento del Natale di Cristo, sono ora sotto i nostri occhi. Per capire il Natale del Signore ed anche per farne una rappresentazione vera, il Presepe, insomma, è necessaria una fede viva e vissuta.
Il più bel Presepe è quello che si dice “il Presepe vivente”, ma onestamente, dove trovare un bambino che possa fare da Gesù Bambino? Son tutti grassocci, quasi obesi, “plasmoniani”. E chi mai delle nostre donne sente più tanto la grandezza e la bellezza della maternità, per fare da Maria, oggi che si ha piuttosto paura della maternità e di portare in grembo un bambino? E a chi affidare il ruolo di Giuseppe, vigile e silenzioso custode di quella Madre e di quel Bambino? E si potrebbe continuare con tutti i personaggi che affollano i nostri presepi. Siamo troppo ricchi o dotti per farne parte. La verità è che entrare a partecipare a quel mirabile evento, che è stata la Nascita di Cristo, non è stato mai cosa facile. Ma, se il Presepe vuol dire qualcosa di serio oggi, come sempre, bisogna riprodurlo nella vita. È il solo modo di avere un posto nel Natale del Signore. E anche nel nostro Presepe.
Mimmo Stirparo