Giovedì 2 maggio, all’Istituto d’Istruzione Superiore “Gangale”, il Lions Club Cirò krimisa ha incontrato i ragazzi per parlare di Legalità e per ascoltare la testimonianza relativa all’impegno di un eroe del nostro tempo, attraverso l’intenso ricordo della figlia, Simona Dalla Chiesa che ha emozionato la platea con il suo racconto personale sul padre. “La forza del diritto contro il diritto della forza”: vita ed impegno del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa” questo era il titolo del convegno presentato dalla presidente del Club Lucia Scilanga, che ha fatto della Legalità uno dei principali cardini attraverso cui sviluppare l’azione che ha caratterizzato il suo anno sociale, poiché i giovani hanno bisogno di apprendere, attraverso l’esempio di grandi servitori dello Stato, che hanno dimostrato, spesso con il sacrificio supremo della vita, come la giustizia ed il rispetto delle regole siano imprescindibili per costruire un futuro migliore, in particolare nel nostro territorio, che ha bisogno di speranze, e dove le associazioni, in concerto con lo Stato, la Chiesa, la Scuola, la famiglia, possono costruire occasioni di impegno comune nel segno della cittadinanza attiva.
Dopo i ringraziamenti alla Dirigente Scolastica Serafina Rita Anania, che ha accolto i partecipanti al convegno, presentato dalla presidente del service, Giuseppina Masino, le autorità lionistiche, il presidente della VII Circoscrizione Felice Raso Costabile e il presidente della Zona 23 Pietro Zungrone, il prof. Raffaele Campagna, che ha curato l’intervento formativo con i ragazzi, attraverso la visione del film: “Cento giorni a Palermo”, che ripercorre il breve scorcio storico del Generale Dalla chiesa nella veste di Prefetto, il Commissario straordinario del Comune di Cirò Marina, Gianfranco Ielo, costantemente presente, che nel suo intervento ha ribadito l’importanza di contrastare la cultura dell’illegalità e di riappropriarsi del territorio; il relatore Don Pasquale Aceto che ha richiamato l’attenzione dei ragazzi sulla scelta del luogo in cui dialogare: la Scuola, luogo di libertà, che bisogna imparare ad usare bene, anticipando la testimonianza diretta di Simona Dalla Chiesa, una familiare di vittime innocenti di mafia, come ne conosciamo tante, che condivide un’esperienza dolorosa ma che l’ha resa migliore, per donare agli altri qualcosa di sé.
Il messaggio del parroco è stato chiaro: la Scuola e le autorità devono contribuire a costruire un dialogo sociale e civile migliore, dando parola a chi non ha voce, a chi in questo territorio difficile non riesce ad esprimersi, perché proprio sul non detto le mafie costruiscono il loro potere ed esercitano il loro controllo.
Quindi Simona Dalla Chiesa ha riassunto attraverso il racconto di un padre partigiano, uscito dal fascismo, che ha vissuto e combattuto il terrorismo, un pezzo di storia del nostro paese, spiegando il suo concetto di Patria: una parola che per la sua bellezza e per l’insieme dei valori che ci hanno portato avanti, va al di là del concetto di nazione e di cui i 100 giorni a Palermo rappresentano il momento conclusivo, quello in cui, abbandonata la divisa, il padre si veste da prefetto, sull’onda dello sgomento nazionale dopo l’assassinio di Pio La Torre, ucciso per il suo impegno civile, sociale e politico, mirato a colpire il vero potere mafioso: il controllo economico dei mafiosi sul territorio.
La sfida di Palermo seppure accettata con qualche perplessità, portò il Generale a chiedere dei poteri speciali, non per travalicare le regole di democrazia, ma per seguire la giusta intuizione che la lotta alla mafia non poteva essere fatta per compartimenti stagni e che occorreva coordinare tutte le forze dello stato.
Come promotore di un metodo scientifico del tutto nuovo, per combattere mafia, vista non solo come criminalità organizzata, ma come forza che interagisce con la politica e con l’amministrazione pubblica, inserendo propri uomini all’interno e creando collegamenti, sosteneva la necessità di indagini in chiave generale, che interpretassero le relazioni tra le aree dominate dalle famiglie mafiose che attraverso una rete capillare di dominio sul territorio tenevano rapporti con la politica nazionale e internazionale. E alla commissione antimafia raccontò di quei collegamenti che furono secretati in un fascicolo da cui in seguito venne cancellato ogni legame che lo aveva seguito nella sua breve avventura palermitana.
La storia si e poi intrecciata a racconti di vita quotidiana, con il resoconto di tutta una serie di meccanismi usati durante la lotta al terrorismo e che avevano protetto il Generale e la sua famiglia, ma non funzionarono, nel caso della mafia, in quanto lotta contorta nei meandri della criminalità tra politica e affari. E tante sono state le persone che hanno pagato con la vita questo impegno, anche successivamente. Ecco perché la Memoria, l’Impegno e la Legalità devono camminare sempre insieme. La storia è memoria che deve spiegare il passato e far capire come siamo diventati così. La memoria è importantissima poiché da essa scaturisce l’impegno per il futuro. Abbiamo bisogno che si passi dalla Legalità alla responsabilità, all’essere insieme nell’impegno comune, perché non basta comportarsi bene individualmente, ma partecipare e non tacere di fronte alle brutture che succedono nella società. Se l’impegno privato non diventa pubblico e non produce effetti sulla società perché non aiuta a risolvere i problemi di chi è in difficoltà, è sterile. Occorre continuare nell’impegno e non mollare mai, anche parlando in una scuola ai giovani per motivarli a cambiare: la cultura è l’arma più potente sulla quale contare per debellare ogni forma di sopraffazione e la scuola come agenzia secondaria dopo la famiglia si può proporre come forma di educazione per superare questo problema, soprattutto in una regione come la nostra, dove lo stato è assente e l’antistato prevale, e dove la speranza del cambiamento è legata all’impegno dello Stato e dei cittadini, nella lotta al crimine ed alle collusioni mafiose. Attenti e partecipi anche nelle domande, semplici e dirette che hanno seguito l’esposizione dei relatori, in un dibattito conclusivo, i ragazzi hanno dato prova di serietà e compostezza, come richiedeva, d’altronde, il tema proposto.