La comunità di San Nicodemo di Cirò Marina vuole tenersi stretto Don Antonio Mazzone. Lo sta dimostrato in questi giorni, promuovendo una raccolta firme per chiedere al vescovo Domenico Graziani di fare dietrofront e differire alla rinuncia. Infatti come è espresso nel IV capitolo del II libro del Codice di diritto Canonico ed in particolare nel Canone 538: “Compiuti i settantacinque anni, il parroco è invitato a presentare la rinuncia all’ufficio al Vescovo diocesano, il quale, considerata ogni circostanza di persona e di luogo, decida se accettarla o differirla”, quindi i fedeli si chiedono come mai, dal momento che si prega tanto per le vocazioni poiché c’è carenza di sacerdoti, il Vescovo abbia deciso di ‘mandare in pensione’ Don Antonio, attivo non solo nell’ambito del Ministero Sacerdotale ma anche in ambito sociale. «Don Antonio ha creato una bella comunità – spiegano i parrocchiani – e da quando è arrivato circa 28 anni fa, le cose sono migliorate molto. I risultati si vedono e sono palesi». Le cifre parlano di circa tremila firme raccolte finora.
Tutta la comunità, insomma, ha aderito all’appello. Don Antonio è diventato il punto di riferimento, non solo per la comunità parrocchiale di San Nicodemo, ma per tutta Cirò Marina, specialmente in questi periodi di instabilità politica e sociale. «Don Antonio ci ha formati come una famiglia allargata, una piccola chiesa in cammino verso la santità, grazie alla voglia di riscoprire la nostra fede trasmessa da Lui. – affermano altri fedeli – hanno definito la nostra comunità parrocchiale una ‘chiesa chiusa’, non capace di guardare ai bisogni altrui, ma siamo fiduciosi che chi ha sostenuto ciò non è al corrente dei progetti portati avanti nel sociale da don Antonio, la casa famiglia per minori, il banco alimentare, la casa per ragazze madri; ma non solo nel sociale, nella vita di preghiera con la Pia Unione Primaria di Santa Rita, i Gruppi di preghiera di Padre Pio, il gruppo di San Nicodemo, la devozione al Cuore di Gesù, il Rinnovamento nello Spirito, i cenacoli Mariani, e ci fermiamo qui perché non basterebbe un libro». Tutta la comunità si sente viva e responsabile poiché ha individuato in Don Antonio un punto fermo con il quale confidarsi e del quale fidarsi. I fedeli ritengono che il nuovo parroco, avrebbe dovuto seguire un percorso formativo con Don Antonio prima di assumere l’incarico. «Il parroco da tempo ha il sorriso spento – affermano alcuni fedeli – e tutto questo non è giusto. Non molleremo e alzeremo la voce se è questo che desiderano. Don Antonio è il prete di tutti, sempre disponibile per tutti e con tutti. Qui c’è ancora tanto lavoro».
L’ordine sacerdotale non è corrispondente ad una funzione lavorativa, tant’è che non si va in pensione ma si “rinuncia all’ufficio”, cosa che Don Antonio ha fatto.
Fermo restando che sta alla sapienza ed alla prudenza del Vescovo decidere se accettare la rinuncia o differirla, nulla impedisce che la comunità parrocchiale manifesti il proprio attaccamento al Parroco, come sta accadendo per Don Antonio.
Pensare che sia aprioristicamente preferibile “lasciare spazio” in nome del “cambiamento”, anche a costo di rinunciare a risorse di spessore non comune – direi raro -, senza valutare le conseguenze e le alternative, è un errore, di cui non tarderemo a vedere i frutti.
Non mi sembra una grande idea da sostenere. Le regole sono per tutti uguali. Arrivata la pensione di lascia spazio a chi può arrivare. Abbiamo bisogno di cambiamenti perché sono importanti per tutta la Comunità, non solo per i parrocchiani.