A pochi giorni dal voto del 26 gennaio, un’ulteriore riflessione sugli esiti elettorali è necessaria.
E’ inconfutabile che, in questi 18 mesi di Governo, il M5s ha già realizzato molte delle misure contenute nel suo programma, i cui effetti positivi si amplificheranno nel tempo. Non posso non ricordarne alcune: il reddito di cittadinanza, quota 100, la legge anticorruzione, l’abolizione della prescrizione, il fondo risarcimento a favore dei truffati dalle banche, il decreto dignità, i fondi (11MLD) contro il dissesto idrogeologico, il taglio del cuneo fiscale, il decreto clima, la legge “salvamare’’, 4MLD per il “green new deal’’, l’assunzione di 50.000 insegnanti precari, l’aumento degli stipendi dei VVFF e tante altre. E’ pur vero che il reddito di cittadinanza non è ancora a regime ed alcune decisioni come quelle sulla TAV, il TAP e i decreti sicurezza oggetto della ribalta mediatica non hanno brillato per lungimiranza e coerenza.
Per analizzare costruttivamente i risultati che il Movimento 5 stelle ha conseguito alle ultime elezioni regionali della Calabria e dell’Emilia dobbiamo valutare, oltre alle variabili di contesto, con spirito libero e critico, le cause endogene al Movimento che hanno contribuito negativamente agli esiti elettorali. Abbiamo sicuramente un problema di strategia nazionale; non si capisce come sia stata avallata l’alleanza civica con il PD in Umbria, destinata ad essere fallimentare, per le condizioni in cui si è determinata, mentre la si è esclusa a priori per l’Emilia Romagna, dove aveva certamente più ragione di essere. La Calabria avrebbe richiesto, visti i trascorsi, un’attenzione specifica, ma si è partiti quando ormai il tempo era inesorabilmente insufficiente per avviare un percorso costruttivo e meditato. Ciò ha comportato scelte repentine e poco condivise, come testimoniato dal voto incerto sulla piattaforma Rousseau. Senza addebitare responsabilità specifiche al candidato governatore e al coordinatore regionale della campagna elettorale, è indiscutibile che l’approssimazione con cui il M5S si è approntato alla prova elettorale ne ha fortemente condizionato gli esiti. Il clima di sospetto, inoltre, sorto intorno alla figura del designato candidato governatore, per la mancata trasparenza iniziale sulla sua situazione patrimoniale e parentale, ha indotto il presidente della commissione antimafia ed alcuni portavoce a prendere le distanze dalla sua candidatura. Anche le procedure di selezione delle candidature degli aspiranti consiglieri su Rousseau hanno lasciato dubbi e perplessità, in seguito all’esclusione dell’attivista che ha avuto i maggiori consensi sulla piattaforma. A tutto ciò si aggiunga una campagna eccessivamente personalizzata sui singoli candidati, che ha oscurato completamente quelli della lista civica, con scelte casuali o dettate da logiche interne locali, a scapito delle competenze e dell’interesse generale. Il Movimento non deve essere autoreferenziale. Quando gruppi ristretti di attivisti o di parlamentari si arrogano il diritto di scegliere le sorti di una città o di una Regione cessa la spinta propulsiva del Movimento che trae la sua energia vitale dalla partecipazione collettiva e dalla condivisione con i cittadini.
E’ sintomatico che nella mia città la lista di Tansi abbia preso più voti di quella del M5s e che i voti di lista senza indicazione di preferenza siano stati oltre 1500 su un totale di 2521, pur essendoci la possibilità di indicare l’unica candidata di Crotone. Questa circostanza dovrebbe indurre tutti ad una riflessione critica sulla riconoscibilità e sulla efficacia della scelta operata.
Cercare il capro espiatorio nella figura del senatore Morra per non aver raggiunto il quorum del’8%, quando il contributo della lista civica è stato solo dell’ 1,1%, significa non avere le idee chiare e non comprendere le vere ragioni dell’insuccesso elettorale. Ancora più surreale risulta la dissennata e paradossale petizione popolare che alcuni meetup hanno lanciato per espellerlo dal M5s, petizione da cui mi dissocio in modo assoluto.
Per ultime, ma non meno importanti, sono state le dimissioni poco opportune del Capo politico a 3 giorni dal voto, che hanno preceduto l’annunciata débacle elettorale in Emilia ed in Calabria. Se il Movimento 5 stelle intende ancora rappresentare la speranza di cambiamento che milioni di cittadini si attendono, deve avviare una seria riflessione al suo interno, che conduca ad una gestione più collegiale, a contatto con i cittadini, e ad una riorganizzazione più efficace nei territori, per rigenerare quel patto di fiducia che al momento sembra affievolito.
In particolare, per il sud, alla misura del Rdc bisogna associare un piano urgente e straordinario d’investimenti per recuperare il gap infrastrutturale con il Nord e per generare il tanto agognato lavoro.