Sono tutti sinonimi che indicano delle protezioni per le vie respiratorie da particelle e sostanze dannose come le polveri sottili, i fumi, ma anche da agenti patogeni come batteri e virus. Infatti, queste mascherine non sono utili solo nei settori lavorativi dove si è a contatto con particelle dannose per le vie respiratorie, ma in questo periodo anche in tutti i contesti lavorativi dove si è a contatto con molta gente e si rischia di contrarre il coronavirus.
I respiratori facciali
I dispositivi ad azione filtrante vengono definite respiratori facciali, in quanto proteggono chi le indossa dai cosiddetti “droplets”, ovvero goccioline di aerosol finissimi che potrebbero contenere particelle di virus. Proprio per questo, costituiscono la soluzione più efficiente per proteggere il soggetto che le indossa dal contagio esterno. Queste mascherine aderiscono al volto in modo preciso, grazie anche ad elastici resistenti che le mantengono salde. La certificazione EN149 garantisce la conformità di questi dispostivi alle caratteristiche di sicurezza. Le mascherine filtranti possono essere divise in diverse categorie, a seconda della capacità filtrante. Le FFP2 hanno, ad esempio, una capacità filtrante fino al 95% circa, mentre quelle FFP3 hanno una capacità filtrante variabile intorno al 98%. Sia le mascherine FFP1 che quelle FFP2 e FFP3 sono costituite da più strati sovrapposti. Lo strato esterno è costituito in polipropilene, che isola la mascherina stessa da liquidi o dalle particelle più grandi, e solitamente è trattato in modo da diventare idrorepellente. Lo strato filtrante, realizzato in materiale TNT, è formato da un reticolo di fibre ad alta densità, e può essere composto da 2 o 4 strati. Lo strato filtrante elettrostatico, invece, è realizzato da una struttura fitta e compatta, studiata per raccogliere le particelle più piccole, anche grazie ad un effetto elettrostatico. Lo strato interno, invece, è delicato sulla pelle e serve per preservare la mascherina stessa, in quanto ha azione assorbente e trattiene la saliva e l’umidità.
Si possono riutilizzare le mascherine filtranti?
Le mascherine filtranti sono in genere usa e getta, ciò significa che durano un ciclo di lavoro, quindi tra le 8 e le 10 ore in media. In genere tali mascherine sono facilmente acquistabili non solo nei negozi fisici ma anche direttamente online, è possibile infatti acquistare una mascherina monouso in vendita su rs-online.com o su altri siti specializzati nel medesimo settore. Alcune tipologie, invece, sono riutilizzabili: in questo caso è l’azienda produttrice ad indicare con una sigla la riusabilità o meno (NR significa non riutilizzabile, mentre R vuol dire che lo è). In ogni caso, è necessario conservare le mascherine in luoghi asciutti, lontano da fonti di calore. Per quanto concerne le mascherine riutilizzabili è fondamentale disinfettare con una soluzione di alcol al 70% nebulizzato appena dopo l’utilizzo, e riporle in un apposito contenitore o busta ben chiusa, integra e sigillata.
Mascherine con valvola
Alcune mascherine filtranti, sono dotate anche di valvola di espirazione: si tratta di un meccanismo studiato per garantire una maggiore confortevolezza quando si indossa il DPI per diverse ore sul luogo di lavoro, oppure quando si praticano diverse attività in movimento che richiedono sforzi ed anche sudore. La valvola in questione non impatta la capacità filtrante del dispositivo, ma serve solo a favorire la fuoriuscita dell’aria calda, che crea umidità e condensa attorno alle vie respiratorie. Bisogna, comunque, prestare attenzione quando si utilizza questa tipologia di mascherina, perché le particelle di droplets che passano all’esterno potrebbero essere dannose, contenenti carica virale o batterica. Proprio per questo, è necessario sottolineare che tali mascherine proteggono in modo adeguato chi le indossa, sia dai virus che da polveri e quant’altro, ma non i soggetti che si trovano nelle immediate vicinanze da persone potenzialmente infette.