Ogni comunità, piccola o grande che sia, racchiude in se caratteristiche, eccellenze e qualità rappresentative delle realtà più grandi alle quali appartiene. In ogni paese e città è presente, in proporzioni naturalmente ridotte e con modalità e gradazioni differenti, lo spirito della comunità nazionale. Vi sono però dei luoghi che, per uno strano e felice gioco del destino, appaiono particolarmente paradigmatici della storia e dell’identità del Paese.
Uno di questi è sicuramente Cirò, paesino sdraiato sulle colline della costa jonica calabrese, con tutti i problemi e le difficoltà di queste realtà. Ma avviciniamo lo sguardo e proviamo a toglierci le lenti del pessimismo e della rassegnazione. Potremmo restare affascinati e sorpresi dalla storia di questo paese e degli uomini che lo hanno abitato e che da qui hanno iniziato la loro avventura nel mondo. E come in un gioco di specchi, rischieremo di trovarci felicemente confusi nello scoprire un mare di possibilità, solo che si accetti di considerare il passato nient’altro che una potenzialità per il futuro, al momento ancora inespressa.
Cirò è la risultante dall’incontro/scontro/sovrapposizione/fusione di brettii, greci, sanniti, romani, ebrei, normanni, saraceni. Un coacervo di popoli che, a partire dall’età del bronzo, si sono stabiliti in questo luogo spostando i centri abitati dalla collina al mare, poi sulle alture e poi di nuovo sulla costa a seconda delle esigenze di difesa dalle scorrerie saracine o di un più agile commercio marittimo. Una stabilità pressappoco definitiva si avrà con il dominio dei Carafa e la costruzione / consolidamento del maestoso castello avvenuta tra il 1300 ed il 1500.
Questa è la cornice che vede la nascita di uomini che hanno contribuito a caratterizzare e spesso a fare la Storia d’Italia in ogni ambito.
Iniziamo con quello che è il suo figlio più antico e più venerando, anche se forse non il più illustre. San Nicodemo. Nato nell’anno 900 in una casupola del più antico quartiere del centro collinare, aderì giovanissimo al monachesimo cristiano/orientale conducendo una vita di preghiera ed ascesi. Molto vicino ad una spiritualità autenticamente francescana per il rapporto con la natura, Nicodemo vivrà per 90 anni, stabilendosi nella città di Ma di cui è il venerato patrono.
Vi è poi, naturalmente, Luigi Lilio (Aloysius Lilius) riformatore del calendario. Questo umile scienziato (medico, astronomo, matematico) ha ”semplicemente” ideato il sistema di computo del tempo promulgato da papa Gregorio XIII nel 1582 e adottato gradualmente in tutto il mondo. Questo in un momento in cui la scienza moderna doveva ancora trovare la sua attuale formulazione grazie a Copernico e Newton, al punto da far definire la scoperta di Lilio una “intuizione mistica” (Antonino Zichichi, lectio magistralis tenuta a Cirò nel 2010, in occasione del cinquecentenario di Lilio).
Coevo a Lilio è Giano Lacinio, autore de “la Nuova Perla Preziosa”, trattato collettaneo di Alchimia nel quale è evidenziato come la Grande Opera di trasmutazione dei metalli sia un metodo di elevazione e realizzazione spirituale.
A Luigi Lilio e Giano Lacinio ed alla loro opera sono dedicati due musei, che assieme al museo archeologico ed a quello dedicato al vino ed alla civiltà contadina, vanno a costituire un polo museale in continua evoluzione e crescita.
Vi sono poi Gian Teseo Casoppero, umanista e poeta del ‘500; Elia Astorini (1651/1702), intellettuale poliedrico e coraggioso che spazia dalla religione alla filosofia alla scienza medica, in costante e spesso ruvido confronto con il suo tempo. Fino ai giorni nostri con Luigi Siciliani (1881/1925) poeta, intellettuale e uomo politico e di governo. Giovan Francesco Pugliese (1789/1855) storico, economista e giurista. Ilio Adorisio (1925/1991), figura straordinaria di urbanista a livello mondiale, matematico, poeta, economista, autore teatrale, docente universitario. Ad oggi la personalità forse meno conosciuta e valorizzata quanto meriterebbe.
Le personalità militari: l’ammiraglio Stefano Pugliese, medaglia d’oro; il generale Domenico Siciliani, autore materiale del bollettino della vittoria del novembre 1918; Il generale Tommaso Crogliano; il generale Domenico De Sole; il generale di cavalleria Francesco De Franco; la medaglia d’argento al valor militare tenente colonnello Alfonso Lidonnici, pilota aviatore ed uomo di scienza.
Abbiamo, poi, mille altre situazioni. L’opera di soccorso svolta dalla Lega operaia agricola di Cirò, presieduta da Mario Dottore, in occasione del terremoto di Reggio Calabria del 1908. Il 28 dicembre di quell’anno, alle ore 5.20, si verificò il sisma, il 30 dicembre alle due del mattino partiva da Cirò una squadra di oltre100 uomini equipaggiata di attrezzi, medicinali e vettovaglie. Furono tra i primissimi e più efficaci soccorsi giunti a Reggio.
Ed ancora il cortile del castello Carafa con il suo “ricamo di pietra” che tanto oggi fa discutere ma che promette sorprese inaspettate. La presenza templare sul nostro territorio che spazia da Umbriatico al Santuario di Madonna d’Itria (Hodighitria, condottiera, guida, culto caro ai cavalieri del Tempio) a Cirò Marina, dove lo storico del territorio Egidio Mezzi ha scoperto le tracce di quello che ha definito il Monte Tabor. Nella stessa Cirò Marina troviamo inoltre il Tempio di Apollo Aleo; personaggi come il glottologo e linguista Giuseppe Gangale (1888/1978) o, e non avremmo voluto menzionarlo avendo scelto di non menzionare personalità in vita, il maestro Elio Malena (artista a 360 gradi, storico, archeologo) di recente andato oltre.
Ora, che senso ha un’elencazione di eccellenze storiche, politiche, religiose, militari, filosofiche, scientifiche, artistiche? Semplice soddisfazione di campanile? No. Esercizio necessario per avere una sia pure stringata e confusa visione d’insieme e porsi una domanda: cosa aspettiamo a candidare Cirò quale Capitale italiana della Cultura per il 2026? Naturalmente coinvolgendo Cirò Marina (e perché no Crucoli e Melissa?) in quella che sarebbe l’antica / nuova Cirò Krimisa?
Difficilmente si potrebbe trovare un’area tanto densa di cultura ed allo stesso tempo omogenea per storia, cultura, legami familiari, economia (il vino, eccellenza che da solo qualifica e caratterizza un territorio), con maggiori titoli.
Allora, lo facciamo?