
Il Rapporto Caritas 2021 offre alcuni spunti di riflessione che non possono passare inosservati e mi stupisco che non una parola sia stata spesa dall’amministrazione comunale su questi dati a dir poco allarmanti.
Il Rapporto Caritas dipinge una realtà nazionale drammatica: nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni sono bambini. Parliamo di poco meno di due milioni di famiglie (il 9,4% della popolazione residente).
Inevitabilmente, l’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020), mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%).
Tra gli “anelli deboli” i giovani, colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito; alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario.
Questo significa che per i nati in famiglie in difficoltà diminuiscono le possibilità di salire i gradini della scala sociale. Tra loro il 28,9% resterà proprio nella stessa posizione sociale dei genitori.
Uno dei dati più preoccupanti è quello che riguarda le persone, soprattutto di giovane età, che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale, i cosiddetti NEET.
In Italia si contano oltre tre milioni di NEET (nella fascia 15-34 anni), pari al 25,1% del totale.
Grazie ai dati raccolti dai Centri d’ascolto Caritas e dalle diocesi italiane, è possibile tracciare un profilo socio-anagrafico.
Mentre al nord il dato maggiore riguarda gli stranieri (55,0%), nel Sud, al contrario, prevalgono le persone di cittadinanza italiana (68,3%).
Si tratta di uomini e donne, con un’età media di 45 anni, in prevalenza coniugati (45,2%), con figli (64,9%) per lo più minori, disoccupati (47,1%), abitanti in case in affitto (64,0%), con bassi livelli di istruzione (il 69,7% ha al massimo una licenza media).
Quest’analisi e questi numeri indicano, purtroppo, il tracollo del disastroso sistema di Welfare del nostro Paese, così come evidenziano il fallimento del Reddito di Cittadinanza, per come è stato progettato, disegnato ed applicato.
Sono dati che devono farci riflettere e, soprattutto farci comprendere quanto sia vitale, per alcune famiglie, il sistema dei servizi comunali.
Gli asili nido comunali, il trasporto e la mensa scolastica, per esempio, costituiscono tre servizi fondamentali per le famiglie che vivono in gravi difficoltà, la loro assenza, purtroppo, incide drammaticamente sull’abbandono scolastico e quindi sulla povertà educativa.
Accanto a questo assistiamo alla pioggia di milioni di euro che si versa sul sistema di accoglienza per immigrati, di cui si ignora quanto in realtà finisce realmente ai beneficiari e quanto si “perde” nella “rete dell’accoglienza”.
Se da una parte, il fronte immigrazione, è evidente anche dal rapporto Caritas, che gli interventi pubblici a favore di questi “disperati” che sono costretti ad abbandonare la propria terra, è insufficiente a dare loro un’esistenza dignitosa, ma, al contrario, crea solo ampie e nuove fasce di povertà, dall’altra, “il fronte interno dei nuovi poveri”, si assiste ad un continuo aumento dei costi (dal pane all’energia elettrica), ad un continuo aumento delle tasse, soprattutto quelle comunali (vedi Tari) e ad una totale assenza di una rete di sostegno.
Il rischio è quello di generare la classica quanto inutile e dannosa “guerra tra poveri”, mentre i potenti stanno a guardare.