
Una statio fluviale indicato nell’Itinerario Antonino che percorre la Calabria da Rossano a Reggio simile a quello dei monaci Basiliani, è quanto è emerso dall’Archivio storico di Crotone, grazie alle intense ricerche dello studioso Pino Rende sugli abitati scomparsi di Paterno e Neto, una statio fluviale, riferibili ad una realtà urbana, grazie ai riferimenti contenuti “nell’Itinerario Antonino”, che ci permettono comunque, di circoscriverne l’esistenza ai principali luoghi di attraversamento del suo corso che, in epoca antica, assumeva le funzioni di confine naturale, costituendo il principale sbarramento tra la parte settentrionale e quella meridionale della regione lungo il versante ionico, da Rossano passante per Umbriatico e la limitrofa Cirò fino al Reggino, a documentare l’antica via che percorrevano probabilmente ancora prima i monaci come San Nilo da Rossano e San Nicodemo da Cirò durante il loro pellegrinare verso sud come Gerace e Mammola, documentato anche da Carmine Lupia ex direttore della Riserva Valli Cupe che ha localizzato il cammino dei monaci basiliani da Rocca Imperiale a Reggio.In questa direzione possiamo rilevare, in primo luogo ,-si legge nella nota-che la distanza di XXXII miglia (47,4 Km) segnata nell’Itinerario Antonino, si dimostra oltremodo eccessiva per individuare un qualsiasi punto di attraversamento del fiume Neto posto ad una tale distanza da Umbriatico/Paterno, cosa che potrebbe comunque trovare una giustificazione, nella probabile corruzione del passo in questione, considerato che alcuni codici, riportano tra Paterno e Neto una distanza inferiore (XXII miglia). Considerata poi l’ubicazione degli attraversamenti più importanti posti sul fiume Neto in età medievale, e l’articolazione della viabilità principale che li collegava a quelli sul fiume Tacina in questo periodo, possiamo risalire al percorso del tratto stradale che, in età romana, collegava la statio di Neto a quella di Tacina. Quest’ultimo attraversava il fiume Neto presso la salina, vicino al luogo dove ancora oggi esiste il “ponte di Neto” e, passando per la località di “Mulerà Vecchio”, discendeva la valle del Tacina lungo la sponda sinistra del fiume fino alla sua foce, dove si trovava la statio omonima, percorrendo la strada che, agli inizi del Seicento, era detta “la Chiubica de Niffi” e passava per la Valle, per la quale si và in Cosenza, e per tutto il marchesato di Cotrone, e in altri luoghi. Inoltre, si legge ancora- “Relativamente a questo percorso, segnate nell’Itinerario Antonino, il passaggio di un’antica strada principale nel luogo dove corre attualmente il confine tra i comuni di Cotronei e Roccabernarda, è documentata dalla reintegra del feudo di Policastro fatta ad Andrea Carrafa nel 1520, in cui troviamo la località detta “Ponte veteri” al confine orientale del “Feudum Crotoneorum”. Dunque un percorso molto simile a quello rilevato da Lupia ottenuto ha detto :“Dopo quattordici anni di studio, otto anni di cammino e di revisione delle tracce GPS, – finalmente è stato ultimato dalla associazione Camminatori Basiliani, il Cammino Basiliano che percorre la Calabria da nord a sud per 955 Km, soprattutto su sentieri e piste”. San Nicodemo di Cirò probabilmente si era aggregato con i monaci provenienti da Rossano, forse in compagnia di San Nilo (suo contemporaneo e vicino di casa), per raggiungere i monaci della locride facendo tappa prima a Gerace che in linea d’aria dista circa 144 chilometri, anche se la distanza di guida è 206 km, per poi fermarsi a Mammola. E se un uomo può percorrere in media 6 km in una ora, la poteva raggiungere in circa 34 ore, e considerando le soste fisiologiche e qualche tratto di pista problematica, dunque partendo da Cirò poteva essere a Gerace anche in soli due giorni. La tappa sarebbe dovuto passare obbligatoriamente da Rosarno, dove esisteva un complesso monastico edificato dai Monaci Basiliani sulla collinetta denominata Badia, intitolato a Santa Maria del Rovito.