Martedì si è svolta, nell’ambito delle iniziative nazionali promosse, in seno alla Conferenza nazionale dei Garanti territoriali, la visita e l’incontro con i detenuti nella Casa circondariale di Crotone. Un plauso per la celerità della risposta va al Vicecapo del D.A.P., la dott.ssa Lina Di Domenico, per avere consentito con immediatezza
l’accesso della delegazione nell’Istituto, a differenza della prassi delle procedute di rilascio di autorizzazioni, caratterizzate spesso da costanti ritardi e lungaggini burocratiche. La delegazione era composta dal Garante comunale dei detenuti di Crotone Avv. Federico Ferraro, dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Crotone Avv. Salvatore Rocca, dal membro del Consiglio Direttivo dell’ONG Nessuno Tocchi Caino Avv. Carmen Gualtieri, dal Presidente della Camera Penale di Crotone Avv. Romualdo Truncè e dall’ Avv. Serena Truncè, dal Presidente del Movimento Forense di Crotone Avv. Teresa Paladini. Durante l’incontro è stato possibile visitare alcune aree dell’istituto di custodia ed incontrare alcuni detenuti per verificare le condizioni degli “ospiti” dell’istituto, dopo il lungo periodo estivo caratterizzato da alte temperature, e da un costante sovraffollamento. Nella breve conferenza stampa di sensibilizzazione pubblica con la stampa locale, è stato lanciato un appello alle Istituzioni nazionali a che si impegnino per la risoluzione delle ataviche criticità in essere, alla luce dei suddetti sviluppi. La situazione locale di Crotone rientra negli standard nazionali, vi è un livello positivo di dialogo tra l’amministrazione penitenziaria e la popolazione detenuta, ma preoccupano i numeri delle presenze di detenuti in carcere – ad oggi 129 detenuti, a fronte di un capienza regolamentare di 99 persone; preoccupano le carenze di organico nel personale
di Polizia penitenziaria e nell’ambito amministrativo e contabile.
A far discutere in questi giorni il disegno di legge dello scorso 18 settembre, il cui testo è ora all’esame del Senato, che introduce il nuovo reato di rivolta all’interno di un istituto penitenziario; tra gli «atti di resistenza» vengono annoverati, come penalmente rilevanti, non solo i comportamenti attivi ma anche quelli di c.d. resistenza passiva che impediscono il compimento di atti d’ufficio necessari alla gestione dell’ordine nel carcere. Tale misura preoccupa, in special modo il garante dei detenuti, poiché non affronta nel mondo costruttivo le criticità carcerarie, in un momento di grande preoccupazione e tensioni sociali all’interno degli istituti penitenziari italiani.