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Home Altre Notizie

L’Arma dei Carabinieri in prima linea per l’eliminazione della Violenza di Genere: Prevenzione, Supporto e Consapevolezza

by Comunicato dei Carabinieri - ilCirotano.it
26 Novembre 2024
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In occasione del 25 novembre, “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, l’Arma dei Carabinieri ha organizzato una campagna di comunicazione e responsabilizzazione, che mira a rafforzare la consapevolezza e l’impegno sul delicato tema.
Ogni giorno, l’Istituzione è in prima linea nella lotta alla violenza contro le donne e le iniziative intraprese sono tutte accomunate dal dire fermamente “No!” a qualsiasi forma di comportamento violento o discriminante – sia fisico che psicologico.

La diffusione di materiale informativo, di locandine e video sui principali canali social dell’Arma, oltre alle numerose interviste di Carabinieri particolarmente impegnati nella specifica attività, rappresentano strumenti utili a incoraggiare le vittime affinché denuncino ciò che subiscono.

In tale prospettiva, sono stati realizzati uno spot con la partecipazione del famoso presentatore televisivo Carlo Conti, nonché un videomessaggio a cura di personale dell’Arma, che invitano le donne a “fare il primo passo”, evidenziando l’esistenza, a sostegno delle vittime, di misure di natura legale, nonché di supporto psicologico, lavorativo ed economico.

Un altro pilastro della campagna è il coinvolgimento delle scuole e delle comunità. In molti Comuni i Carabinieri hanno organizzato incontri informativi per sensibilizzare i giovani sul delicato tema e per promuovere una rinnovata concezione della donna, che ne rispetti la dignità, valorizzandone le risorse, così superando in definitiva quel retaggio culturale che l’ha vista storicamente in posizione di disuguaglianza.

Anche quest’anno, tante caserme dell’Arma si illumineranno di arancione, in adesione alla campagna internazionale “Orange the World”, come segno concreto dell’importante impegno profuso dall’Istituzione.

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Inoltre, sul sito www.carabinieri.it, è stata dedicata un’intera sezione al “codice rosso”, che offre informazioni sul fenomeno e sugli strumenti di tutela delle vittime, mettendo a disposizione un test di autovalutazione, denominato “Violenzametro”, che rileva il livello di violenza subita in un rapporto di coppia.

In un quadro sociale e normativo in continua evoluzione, l’Arma ha avviato da tempo progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.

Nel 2009, è stata istituita la Sezione Atti Persecutori, collocata nell’ambito del Reparto Analisi Criminologiche (R.A.C.) del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (Ra.C.I.S.), per svolgere studi e analisi del fenomeno e delineare strategie di prevenzione e contrasto aderenti, aggiornate ed efficaci.

La Sezione viene tempestivamente informata di ogni evento significativo che accade sull’intero territorio nazionale, per approfondire gli aspetti psico-criminologici, anche nella prospettiva di analisi dei fattori di rischio e di elaborazione di strategie operative.

A partire dal 2014, l’Arma si è dotata di una “Rete nazionale di monitoraggio sul fenomeno della violenza di genere”, costituita da ufficiali di polizia giudiziaria (Marescialli e Brigadieri), con una formazione certificata nello specifico settore.

Il primo sportello di ascolto per le vittime sono le Stazioni Carabinieri, definite “porte della speranza”, capillarmente diffuse sul territorio per assicurare tempestivi interventi.

Tra i progetti di rilievo, spicca “Una stanza tutta per sé”, iniziativa che ha consentito di allestire circa 200 stanze riservate nelle caserme dell’Arma per l’ascolto delle vittime di violenza domestica e di genere.

Dal 2019, è stato avviato il sistema “Mobile Angel”, uno smartwatch connesso alla Centrale Operativa dell’Arma, che consente alle vittime di inviare richieste di aiuto in caso di emergenza.

Nel 2023, i delitti perseguiti dall’Arma con riferimento al Codice Rosso sono aumentati, passando da 54.062 a 55.374 rispetto all’anno precedente. Nei primi dieci mesi del 2024, i Carabinieri hanno perseguito 46.317 reati e arrestato 7.928 persone.

La violenza di genere è un grave fenomeno culturale e sociale, contro il quale non bastano le sole misure restrittive. È necessario un processo evolutivo antropologico, che accompagni il rapido cambiamento della società.

Violenza di genere

Intervento del Comandante Provinciale dei Carabinieri di Crotone

“Ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”. Così l’Assemblea generale delle Nazioni Unite definisce la violenza di genere all’articolo 1 della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne. Mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità la considera un grave problema di salute pubblica e una violazione dei diritti umani delle donne.

Quando si parla di violenza di genere, di norma, si fa appello ai dati per restituire la dimensione del fenomeno. E i dati rendono l’idea: secondo le stime dell’Oms, circa una donna su tre a livello mondiale ha subito violenza fisica o sessuale da parte del partner, o di altra persona, e circa un terzo di quante hanno avuto una relazione riferisce di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale da parte del proprio compagno nel corso della vita. Ben il 38% dei femminicidi, a livello globale, è commesso dal partner.

I dati qui riportati non hanno pretesa di esaustività, ma intendono rendere i contorni di un fenomeno, molto complesso, che deve essere considerato nella sua dimensione sociale, giuridica, sanitaria e politica. Negli ultimi decenni un numero sempre maggiore di studi ha iniziato a indagare la violenza maschile contro le donne anche in una prospettiva storica, considerando per esempio il modo in cui nei secoli precedenti il diritto ha legittimato o sanzionato gli atti violenti; esaminando le pratiche sociali di complicità o stigmatizzazione individuabili sulla scena della violenza, per esempio da parte del vicinato o delle autorità civili o religiose; infine, analizzando anche la storia delle emozioni che spesso rappresentano un motore importante nella violenza contro le donne.

La Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) definisce l’uguaglianza di genere un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne. Tale violenza, si legge fin dal preambolo, è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione.

“La ricerca storica – continua Schettini – ha centrato la sua attenzione anche su alcuni luoghi in particolare, come la famiglia, e la dimensione della sessualità. Sappiamo come questi due ambiti siano a tutt’oggi quelli in cui maggiormente si esprime la violenza maschile contro le donne”. E ciò non è casuale dato che queste sono le dimensioni in cui la costruzione gerarchica delle relazioni si fa più sentire. Intervenire, dunque, sull’uguaglianza all’interno delle relazioni e della famiglia sarebbe molto importante, secondo la docente, così come lo è stato storicamente, e analogamente intervenire a livello educativo, nella cultura della sessualità, dato che il corpo delle donne non deve essere considerato come un bene a disposizione o come un patrimonio degli uomini. Un ulteriore elemento su cui soffermarsi è la dimensione delle relazioni, in particolare la relazione tra uomini. “La violenza non è un gesto isolato, non è qualcosa che irrompe improvvisamente nella storia, nella biografia del singolo e con ciò mi riferisco anche al fatto che esiste un’educazione, una familiarizzazione alla violenza contro le donne nella costruzione della mascolinità, del genere maschile a cui bisogna necessariamente guardare se si vogliono mettere in atto delle politiche di contrasto efficaci. Solitamente tanto nella ricerca storica quanto nelle politiche di contrasto attuali, si guarda spesso alle donne. Si presta attenzione a cosa hanno detto, a come si sono comportate, a come hanno reagito, a come sono uscite da percorsi di violenza. Al contrario, molto poco si guarda al genere maschile. Credo sia importante, invece, esaminare il modo in cui si produce questa familiarizzazione alla violenza, questa pretesa sul corpo e sulla vita delle donne nel divenire uomini”. Su questa linea, l’Organizzazione mondiale della Sanità riconosce, per esempio, che gli uomini hanno maggiori probabilità di perpetrare violenza se hanno assistito a episodi simili in famiglia contro le loro madri o sono stati maltrattati da bambini, se il proprio codice normativo ammette la disuguaglianza di genere e li porta ad accettare la violenza e l’abuso sulle donne, infine se possiedono un livello di istruzione basso o fanno abuso di alcool. Quando si parla di violenza sulle donne è fondamentale poi considerare i contesti, perché la violenza non è un fenomeno universalmente dato che assume sempre le stesse forme e vede sulla scena gli attori disposti sempre allo stesso modo. “Non possiamo avere una concezione universalista della violenza”. Secondo Schettini ha un ruolo, infatti, anche lo status sociale sia della vittima che dell’autore della violenza e influenza il modo in cui la società percepisce (o non riconosce) la violenza. “Ci siamo resi conto che non basta guardare al mondo delle norme per capire ciò che una società tollera o non tollera in termini di violenza maschile contro le donne, ciò che stigmatizza o invece legittima, perché ci sono in gioco tante altre variabili”. La docente porta l’esempio della società inglese del XVIII-XIX secolo, in cui la violenza carnale era considerata reato: ebbene, ciò nonostante, se la vittima della violenza fosse stata una donna considerata disonesta o di facili costumi o di un territorio colonizzato, la violenza, lo stupro, i maltrattamenti, non sarebbero stati socialmente percepiti come tali; sul versante opposto, invece,  se un uomo considerato capace di provvedere economicamente alla propria famiglia e di essere un buon marito e un buon padre, si fosse macchiato delle più cruente violenze, non sarebbe stato considerato un violento. Nella nostra provincia i dati sono i seguenti:

PROSPETTO VIOLENZE DI GENERE – REATI CONTRO LE DONNE
MESEANNOREATIARRESTID.P.L.NOTE
gennaio2023909D.P.L. di cui 1 violenza sessuale
febbraio10010 
marzo716arresto per violenza sessuale
aprile826arresti 2 per atti sessuali nei confronti di minorenni
maggio909 
giugno1468arresti di cui n. 1  per atti sessuali nei confronti di minorenni
luglio808 
agosto17314 
settembre1349 
ottobre22616 
novembre13112 
dicembre19811arresti di cui 2  per deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso
TOTALE ANNO14931118 
MESEANNOREATIARRESTID.P.L.NOTE
gennaio            2024          17413arresti di cui 1 violenza sessuale
febbraio20119 
marzo17314arresti di cui 1 per atti persecutori
aprile927 
maggio1688 
giugno936 
luglio21417D.P.L. di cui 1 per atti sessuali nei confronti di minorenni
agosto18315 
settembre14311 
ottobre1028 
novembre615 
dicembre000 
TOTALE ANNO (fino al 25.11.2024)  157  34123 
TOTALE   2023 – 2024 ( +1% circa ad oggi)REATI 305Arresti 64D.P.L. 241TIPOLOGIA DI REATI COMMESSI -Maltrattamenti contro familiari e conviventi -Lesione personale -Atti sessuali con minorenne -Violenza sessuale -Atti Persecutori -Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti -Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso -Violazione misura cautelare del divieto di avvicinamento

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