
Negli ultimi tempi, lungo la costa crotonese si sono registrate alcune catture e diversi avvistamenti di squalo mako (Isurus oxyrinchus), suscitando curiosità e preoccupazione tra i cittadini. Dal Circolo IBIS per l’Ambiente desideriamo offrire un quadro scientifico chiaro ed equilibrato su cosa significhi realmente la presenza di questi predatori nei nostri mari, con particolare riferimento al Mar Ionio: approfondiremo la loro etologia, il ruolo che ricoprono negli ecosistemi e l’importanza della loro conservazione.
Il mako è uno degli squali più affascinanti del Mediterraneo. Appartenente alla famiglia dei Lamnidi, la stessa del grande squalo bianco, si distingue per una fisiologia straordinariamente specializzata. È infatti tra gli squali più veloci al mondo, grazie alla perfetta idrodinamica del corpo, alla muscolatura potente e alla capacità di parziale endotermia, che gli permette di mantenere la temperatura dei muscoli e degli organi interni più elevata rispetto a quella dell’acqua. Nel Mediterraneo vive però una popolazione di mako piccola e geneticamente isolata, classificata come “in pericolo” dall’IUCN, caratterizzata da crescita lenta, maturità sessuale tardiva e riproduzione ovovivipara a oofagia.
Queste caratteristiche rendono la popolazione mediterranea particolarmente vulnerabile alla pesca accidentale e alla diminuzione degli adulti riproduttori. Le catture di giovani esemplari, pur offrendo preziose informazioni scientifiche sulla distribuzione, sulle possibili aree nursery e sulla struttura demografica della specie, generano forte preoccupazione. Le acque ioniche possono infatti essere considerate una vera e propria “nursery naturale”: acque relativamente poco profonde, abbondanza di piccoli pesci e fondali diversificati favoriscono la presenza dei giovani mako vicino alla costa, una dinamica ecologica naturale e non legata all’uomo.
Non c’è solo il mako: il Mar Ionio ospita da millenni diverse specie di squali, tutte fondamentali per l’equilibrio marino. Tra queste, la verdesca (Prionace glauca), lo squalo volpe (Alopias vulpinus), lo squalo capo piatto (Hexanchus griseus) e il rarissimo squalo bianco (Carcharodon carcharias). Queste specie convivono da sempre nel nostro mare; sono poco visibili non perché assenti, ma perché molte conducono una vita pelagica o profonda, lontano dalle zone costiere frequentate dall’uomo.
Gli squali non sono “mostri”, ma ingranaggi fondamentali dell’ecosistema. Come ricorda il presidente del Circolo IBIS per l’Ambiente, Girolamo Parretta, sono infatti predatori al vertice della catena alimentare e regolano le popolazioni di pesci, contribuendo alla stabilità degli ecosistemi. Oggi molti squali mediterranei sono gravemente minacciati dalla pesca e dal bycatch, e ogni esemplare perso rappresenta un danno per il mare. La presenza di squali — inclusi i giovani mako recentemente osservati nel Crotonese — è dunque un segnale positivo: indica che il Mar Ionio conserva ancora vitalità e biodiversità. «Sta a noi — conclude Parretta — preservare questo patrimonio prima che sia troppo tardi.»










