Nel borgo marinaro di Le Castella non vi sono monumenti ad eroi o patrioti dell’Italia “chè qui lo Stato non si è mai visto”, come qualcuno ha scritto, ma il vero eroe castellese sebbene “rinnegato” fu e resta Uccialì; così nella piazzetta, che guarda il castello, i turisti possono ammirare un busto bronzeo che lo ricorda con turbante e baffoni. È l’unico monumento di Le Castella, opera dello scultore G. Rito di Dinami, erettovi su proposta dello storico Gustavo Valente, nel 1961 e donato dai tre Enti provinciali del Turismo della Calabria. Oggi, però, Le Castella e i Castellesi possono mostrare al mondo intero un altro monumento, un monumento di forte richiamo spirituale: la Casa di Spiritualità che prende il nome di Nostra Signora di Guadalupe di Città del Messico la cui Icona è qui custodita, arrivatavi, pochi anni orsono. Si tratta di una copia della miracolosa Icona che si venera nel grande Santuario di Città del Messico voluta fortissimamente dai parroci castellesi del tempo don Fortunato Morrone e don Antonio Staglianò, oggi vescovo di Noto ed accompagnata da Mons. P. Diego, rettore del sito spirituale messicano.
Ma perché Nostra Signora di Guadalupe a Le Castella?
Perché, per i detti parroci, vuol significare un nuovo cammino per il piccolo borgo calabrese, un cammino di riscatto sociale e morale per le nostre contrade. Così il prossimo 12 dicembre la gente di Le Castella e delle comunità limitrofe cellebrano la festa liturgica della Vergine messicana.
Da cosa deriva la tanta spiritualità e venerazione della Nostra Madonna messicana?
Ne tratteggiamo, qui, una pur breve storia. Siamo nel sec.XVI, il secolo della colonizzazione e dominazione spagnola in tutto il mondo ed in Messico le conquiste occidentali sono ancor più dure. Qui nel 1531 avviene la prima apparizione della Vergine al piccolo e povero indio Juan Diego alle pendici del Tepeyac. Giunto sul colle, Juan Diego si trovò davanti una bellissima Signora splendente di luce, vestita come di “un abito di sole” ed anche l’erba e i sassi intorno erano splendenti. In dialetto “nahuati” la Vergine comincia a parlare al povero indio: ”Sappi, mio amatissimo figlio che io sono la sempre Vergine Maria Santissima, desidero ardentemente che in questo luogo venga innalzato un tempio in mio onore. Qui infatti desidero mostrarvi tutto il mio amore, la mia compassione, darvi il mio aiuto, essere la vostra difesa, perché io sono la vostra tenerissima Madre”. Come spesso è successo in tante altre simili circostanze, Juan Diego si reca dal vescovo di Città del Messico, Mons. Zummaraga per raccontare dell’apparizione e chiedere, come desidera la Madonna, che venga edificato un luogo sacro. Anche in questa circostanza non si è ascoltati. L’indio torna sul Tepeyac e trova la Madonna ad attenderlo e la supplica. “O mia amabilissima Signora, affida, ti prego, il Tuo messaggio a qualche persona importante, a qualcuno cioè che sia conosciuto, rispettato, stimato, perché trovi credito. Io purtroppo sono un uomo privo di valore, un individuo che non conta nulla.”. Naturalmente non è ascoltato perché il desiderio della Madonna è quello di far compiere la missione proprio all’umile pastore, proprio a Juan Diego che non conta nulla nella società. Il giorno dopo torna dal Vescovo e piangente lo implora di esaudire il desiderio della Mamma celeste. Non creduto se non latore di un segno.
La Madonna comprende il tormento dell’indio e lo tranquillizza promettendogli, per l’indomani, il segno richiesto dal Presule e gli chiede anche di raccogliere un bel po’ di fiori. Fiori nella stagione invernale? Nulla è impossibile al Creatore. Sì, Juan Diego raccoglie proprio rose, rose di Castiglia che porta alla Madonna e Lei, sorridente, le prende e le rimette nella tilma di Juan perché siano recapitate al Vescovo. Questi accoglie l’umile indio che gli apre la tilma spargendo a terra i fiori. Ma nello stesso istante sulla tilma si disegna, si imprime l’immagine della Vergine con lo stupore generale di tutti gli astanti e la commozione del Vescovo che chiede perdono a Juan per non essere stato creduto. Quindi la tilma viene posta nella cappella personale del Pastore messicano che dà subito ordine di edificare una cappella sul Tepeyac e ultimata in pochi giorni. Ma c’è dell’altro. Gli occhi della Vergine, sì gli occhi che, come specchio, hanno impresse immagini di tante persone, forse le stesse che hanno avuto il privilegio di assistere al miracolo nella stanza del vescovo. È una meraviglia, questa degli occhi, scoperta da una commissione di scienziati che hanno applicato alla Sacra Immagine impressa sulla tilma il metodo di ingrandimento usato dalla Nasa sul Viking 2000. L’Icona messicana presenta la Madonna meticcia con tunica rossa e fiocchi neri come quelli che, nella cultura india, usano le donne incinte ed indossa un mantello color giada che soltanto gli imperatori potevano indossare.
Ma perché il titolo di Nostra Signora di Guadalupe?
È il titolo legato al ruscello Guadalupe, in Spagna, dove fu nascosta una statua della Vergine col Bambino in braccio per ben cinque secoli. Successivamente fu fatto edificare un grande Santuario che oggi è meta di numerosi pellegrinaggi e che ha ospitato anche san Giovanni Paolo II nel 1982. Anche Le Castella ha voluto offrire a Nostra Signora di Guadalupe una Casa, tempio di spiritualità e di accoglienza e sollievo della gente sofferente e dei disabili, sorto su un’area, alle porte del borgo turistico, offerta dall’Amministrazione comunale di Isola C.R, dopo aver accolto la prima pietra, quella portata direttamente dal Santuario messicano. Appuntamento, pertanto, il 12 di questo mese, per celebrare momenti di preghiera e riflessioni attorno all’Icona Nostra Signora di Guadalupe.




