In uno dei Comuni della giurisdizione della Compagnia Carabinieri di Petilia Policastro, a conclusione di un’articolata attività d’indagine tecnica e di videoripresa all’interno di una Scuola per l’infanzia, i militari hanno dato esecuzione all’Ordinanza di Applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio delle attività di insegnamento fino al termine dell’anno scolastico emessa dal GIP del Tribunale di Crotone su proposta della Procura della Repubblica di Crotone per due maestre, con divieto di svolgere l’attività di insegnamento fino al termine dell’anno scolastico 2016/2017.
Le due maestre sono state ritenute responsabili, in qualità di insegnanti presso un istituto Scolastico Statale per l’Infanzia, di aver maltrattato i propri alunni minori, di circa tre anni, loro affidati per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, sottoponendoli ad alti di vessazione e prevaricazione continui, così da cagionare loro sofferenze e umiliazioni, in particolare percuotendoli ripetutamente con schiaffi, calci alle gambe, violenti strattoni, tirate di capelli, graffi, nonché profferendo al loro indirizzo varie minacce di morte, in talune occasioni, gettando gli oggetti dei piccoli, come zaini e scarpe, fuori dall’aula e rinchiudendoli per brevi periodi in un’aula buia in fondo al corridoio della scuola.
I Carabinieri dell’Aliquota Operativa del NORM della Compagnia di Petilia Policastro, con la con-sueta professionalità e con particolare celerità, hanno documentato maltrattamenti subiti dagli alunni prendendo il via da alcune dichiarazioni rese da diversi genitori di bambini frequentanti la scuola, dalle quali emergeva un quadro inquietante di sistematiche violenze e vessazioni.
La pluralità delle fonti da cui provenivano le accuse rendeva doveroso un approfondimento inve-stigativo con l’attivazione di intercettazioni audio/video all’interno dell’istituto scolastico. In ragio-ne di tali dichiarazioni, si procedeva ad intercettazioni ambientali audio e video in vari punti della scuola, dalle quali si aveva contezza di una “sui generis” metodologia pedagogica, dimostrando al-tresì in modo evidente le costanti vessazioni cui le piccole vittime erano costrette. In altri termini, emergeva sin dall’inizio come le condotte ipotizzate a carico delle maestre fossero non già episodiche e limitate a un singolo bambino indisciplinato, bensì sistematiche e rivolte contro la generalità delle giovani vittime sottoposte alle loro cure.
Nonostante le loro limitate capacità espressive, i piccoli maltrattati però sono riusciti ad attirare l’attenzione dei genitori prima, degli inquirenti dopo ed infine dell’Autorità Giudiziaria che ha re-putato dimostrata la materialità del delitto contestato, travalicando i limiti dell’uso dei mezzi di correzione (potendosi ritenere tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tendano, cioè, alla educazione della persona affidata alla propria cura e, quindi, allo sviluppo armonico della personalità, sensibile ai valori della tolleranza e della pacifica convivenza, senza trasmodare nel ricorso sistematico a mezzi violenti che tali fini formativi contraddicono) e configurando gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti.
Nel caso di specie, si è ritenuto che le percosse e i continui strattonamenti in danno degli alunni, in quanto metodi intrinsecamente lesivi dell’incolumità fisica e, perciò, illeciti sul piano ordinamentale, configurino il più grave delitto di maltrattamenti, i cui limiti edittali di pena consentono l’applicazione di misure cautelari personali, ravvisando il concreto e fondato pericolo di reiterazione di analoghe condotte, suffragato, invero, proprio dalla ripetitività dei comportamenti, indicativi di un contegno delle insegnanti avvezze all’uso di metodi giuridicamente illeciti, dovendosi tutelare l’incolumità non solo fisica ma anche psicologica dei piccoli allievi.
Al riguardo, secondo l’accusa, si trae il convincimento che il clima di tensione in aula abbia favorito un mutamento, in senso involutivo, della personalità dei bambini, generando, in capo ai medesimi, un diffuso senso di timore, rifiuto dell’attività scolastica.
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