Un Itinerario religioso ma anche floristico e geologico che porta alla fontana di San Nicodemo, per riscoprire paesaggi agresti ed incontaminati di rara bellezza, luoghi di miracoli, come la fontana, ma anche i campi dove lui da bambino lavorava con suo padre in località “Castedduzzu” e Coppa-Mordace, aree queste che bisognerebbe renderle accessibili per futuri pellegrinaggi di fedeli e turisti. Occorrerebbe una pista che arrivasse direttamente alla fontana per permettere ai fedeli di raggiungere anche in pellegrinaggio i luoghi sacri. Lungo l’attuale pista c’è un vecchio casolare che potrebbe diventare una piccola chiesetta dedicata al santo. Soprattutto durante la festa patronale che si festeggia tra la prima e la seconda settimana di agosto, l’area potrebbe essere invasa dal turismo religioso, quando giungono da Mammola tanti fedeli che insieme al popolo di Cirò festeggiano l’incontro religioso tra i due popoli, poiché San Nicodemo è Patrono dei due comuni: Cirò gli ha dati i natali nel 900 a Mammola dove morì nel 990. Ancora oggi gli anziani raccontano il miracolo del vino e dell’acqua avvenuto in zona Mordace-Castedduzzo-Coppa, dove il padre si recava a lavorare nei campi. Proprio in questa zona qualche anno fa nel 2004, uno storico locale, grazie a molte indicazioni avute dagli anziani, è riuscito, dopo mesi di ricerca a trovare l’esatta posizione della fontana, dalla cui pietra, grande come il dorso di un elefante, attraverso tre fori praticati con le dita del Santo, ancora oggi sgorga acqua; mentre ai piedi della collinetta dove il padre era solito lavorare , si trova quasi nascosta dalla vegetazione, una grotta dove il Santo si ritirava in preghiera. Secondo il racconto di alcuni anziani, lungo la cresta della collina, dove il padre del Santo lavorava solitamente, chiamata la collina del Ritissa, una volta vi era un’altra grotta, oggi nascosta da una frana, dove secondo il loro racconto, i briganti avrebbero sotterrati i loro preziosi bottini. Più a nord dalla fontana invece, ai piedi delle due montagne che scendono a V quasi a toccarsi ripidamente, si trova incastrata una grossa pietra: la roccia del diavolo, che nel rotolare spinta dal diavolo secondo la leggenda , si arrestò proprio all’ingresso dei due pendii , battezzati Rosma e Rino, sulle cui ripide pareti cresce spontaneo il “RosmaRino” prostato. Dietro ogni leggenda, dietro ogni tradizione che trasmette un popolo attraverso i secoli, si cela sempre una verità storica. Ben venga dunque l’intenzione da parte del popolo e dei suoi fedeli di riappropriarsi di questa grande figura storico religiosa, ma anche la tanto attesa benedizione che manca da quando da giovane abbandonò Cirò, per ritirarsi sulle alture di Mammola dove poi morì nel 900.
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