Sono a Cirò Marina da pochi mesi, ma me ne sono già innamorato. Mi sono sentito a casa soprattutto quando, per causa dell’emergenza umanitaria, è iniziata al Centro Sant’Antonio l’accoglienza dei minori immigrati. Allora ho potuto tirar fuori il meglio della mia esperienza di quindici anni in Africa e mobilitato in favore di quei ragazzi i parrocchiani, i quali hanno risposto subito, e alla grande. Poco prima che scoppiasse il caso della lettera con la quale il Sindaco ha richiamato l’attenzione dei cittadini sui due casi di scabbia accertati in una scuola, ero stato nel suo ufficio insieme con altri amici impegnati nella amministrazione del Centro “S. Antonio” e in iniziative culturali orientate all’inserimento nel tessuto sociale dei minori ivi ospitati. Un incontro estremamente costruttivo. Il Sindaco ha manifestato in quella circostanza vivo interesse per tali iniziative, ammirazione e gratitudine per quello che si è fatto e si continua a fare. E non si è limitato ad incoraggiare, ma ha preso provvedimenti perché tutti i minori ospitati nel Centro, a partire dal prossimo anno scolastico, siano iscritti alla scuola statale per una regolare frequenza insieme con gli altri alunni di Cirò Marina. Lo spirito di accoglienza e collaborazione da lui manifestati hanno assunto espressione di festa in occasione del carnevale. Nel palazzetto dello sport infatti i ragazzi del Centro sono stati invitati a divertirsi, in perfetta sintonia, con migliaia di bambini, ragazzi e ragazze delle scuole di Cirò Marina tra canti, balli e selfie. E il Sindaco era lì con loro. Dopo tutto questo, l’improvviso riferimento agli extracomunitari nella lettera sui due casi di scabbia e le indicazioni date a loro riguardo, sono caduti come un’autentica doccia fredda. Ha sorpreso anzitutto la leggerezza con cui è stato trattato l’argomento e poi anche l’ingiustizia con cui si è puntato immediatamente il dito sui presunti responsabili. Certamente era dovere del primo cittadino informare tempestivamente la popolazione sui due casi di scabbia. Richiamando però subito l’attenzione sulla presenza del Centro S. Antonio, si ha avuto l’impressione che il Centro fosse indicato come causa della scabbia e quindi il capro da espiare.
Si dice nella lettera che nel Centro suddetto si trovano “extracomunitari verosimilmente non assisti da medico di famiglia”, quando si sa che tutti i ragazzi del Centro hanno la tessera sanitaria. Per gli extracomunitari maggiorenni si parla di “accorgimenti necessari al fine di evitare che possano avvicinarsi in prossimità di esercizi commerciali o girovagare liberamente”, e tutto questo “nel pieno rispetto della persona umana”. Ciò che si è visto di sicuro è che gli extracomunitari sono tutti immediatamente spariti. Nello spirito di questa lettera ora ci si chiede come bisogna regolarsi con gli immigrati che alla Domenica frequentano regolarmente la Santa Messa. Si sta cercando di capire come mai si sia verificata questa evidente dissonanza tra l’impegno serio, concreto, testimoniato e documentato del Sindaco sul problema della accoglienza degli immigrati e lo spirito della lettera incriminata. Forse la spiegazione sta nel fatto che quella lettera, scritta in fretta, forse chi sa da chi, e messa sul tavolo del Sindaco insieme con le molte altre carte da firmare, è partita senza la dovuta ponderazione e revisione. Tutti sanno come vanno certe cose. Ed è per questo che ci piace Papa Francesco il quale, quando vuole parlare col cuore, preferisce esprimersi a braccio. È innegabile però che l’impatto di questo documento con il cammino delicato e sofferto che la cittadinanza di Cirò Marina sta compiendo insieme con gli immigrati è stato devastante.
Basta citare una frase con cui un sostenitore del Sindaco si è espresso sui social network. Ha scritto semplicemente: “Immigrati maledetti”. Una frase in cui certamente i cittadini di Cirò Marina non si riconoscono, e tanto meno il Sindaco. Al contrario, lo specchio di come a Cirò Marina si sta vivendo il rapporto con gli immigrati lo ha offerto in maniera limpida una bambina di quarta elementare. All’inizio della Quaresima avevo chiesto ai parrocchiani di praticare come penitenza l’insegnamento del Vangelo: amare Gesù nel fratello. La Domenica seguente quella bambina, in chiesa, al momento dell’omelia, ha voluto raccontare la sua esperienza e ha detto: “Sono andata al supermercato e alla porta ho incontrato un immigrato che chiedeva l’elemosina. Non avevo nulla da dargli, ma ho pensato di fargli un sorriso e gli ho chiesto: come ti chiami?”. All’uscita di un supermercato anche io una volta ho incontrato un giovane immigrato. Stava lì per chiedere l’elemosina, ma si vergognava. Era evidente che era arrivato in Italia non per chiedere l’elemosina. Mi fermaia parlare con lui. Poi presi un po’ di euro dalla tasca e glieli misi in mano, di nascosto ,per non farlo vergognare. Lui non guardò l’offerta. Mi guardò negli occhi e disse: “Grazie per esserti fermato a parlare con me”. A Cirò Marina stiamo proprio imparando a guardarci negli occhi. Fra poco sarà pubblicato un volumetto, curato da un gruppo di volontari con la preziosa collaborazione del Centro S. Antonio e il pieno appoggio del Sindaco, che porterà alla luce alcune storie dei ragazzi sopravvissuti alla violenza e alle tempeste del mare e hanno trovato accoglienza a Cirò Marina. Si tratta di pagine che certamente porteranno alla ribalta il volto più vero di questa città e dei suoi abitanti.
Il parroco della chiesa di Sant’Antonio di Cirò Marina
P. Lombardo Lonoce