Le suggestive distese di viti che ricoprono, dal mare sino all’entroterra, le numerose vigne del Cirotano e del comprensorio e fra questi quelli dell’azienda Librandi, accolgono attualmente diversi vitigni. Tra questi il Gaglioppo, conosciuto anche come il principe nero, che rappresenta la storia e la tradizione delle terre cirotane. Uva autoctona, coltivata da millenni, con il suo grappolo a forma allungata dal colore intenso tra il blu ed il nero con luminosi riflessi rossicci, é la diretta discendente dell’uva con la quale veniva prodotto il Crimissa, uno dei vini più antichi d’Italia. Alla sua storia, all’innovazione scientifica, vocazione ambientale e tecnica culturale è stato dedicato, venerdì scorso presso Borgo Saverona, il convegno “Calabria, terra eletta di grandi vini”. Patrocinato dall’UE, dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e dalla Regione Calabria, inserito nell’APQ, accordo di programma Quadro, in materia di ricerca scientifica e innovazione tecnologica, questo è stato il convegno conclusivo del progetto stesso che è partito nel 2009 e che in tutti questi anni ha visto puntualmente presentatati i risultati e le aspettative, in altri convegni la promossi sempre dalla Cantina Librandi, leader nel settore della ricerca e sperimentazione in Calabria. Risultati e ricerche alle quali hanno contribuito in rete Eu Vite, che unisce cinque realtà vitivinicole calabresi, alle quali oggi si è aggiunta anche l’azienda di Roberto Ceraudo di Strongoli. Questo convegno conclusivo del progetto APQ Calabria è stato curato sotto l’aspetto organizzativo dei lavori, dal CRA/VIT, Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e dal Centro di ricerca per la Viticoltura con il contributo dalla stessa Cantina Librandi e dell’azienda Ceraudo appunto. A moderare i lavori, Michele Borgo del Consiglio per la ricerca e la Sperimentazione di Conegliano Veneto, che dopo avere rivolti i consueti saluti Istituzionali ai presenti, fra i quali lo stesso Ass.re regionale, Michele Trematerra, ha presentato il lavoro di ricerca tramite le puntali relazioni di Diego Tommasi che ha parlato del valore e le componenti del terroir nel mondo del vino; Franco Mannini che ha parlato dei risultati della selezione clonale (gaglioppo, Magliocco dolce e Pecorella); Anna Schneider sul Mantonico bianco da non confondersi col Montonico; Federica Gaiotti, sull’analisi di progenie ottenute da autofecondazione e ancora, Maria Monte, sulla sfogliatura, Antonella Bosso sugli antociani del Gaglioppo, Nicola Belfiore sugli effetti del clima sull’uva, Luigi Sansone, sull’irrigazione della vite e il suo impatto sulla composizione dell’uva e infine le conclusioni di Clementina Palese, dell’informatore Agrario che, ad un parterre più riservato agli addetti ai lavori che al grande pubblico, ha chiaramente detto quanto sia necessario e importante lavorare in rete per fare emergere, il piccolo “punto” della Calabria, nel panorama internazionale dei vini, perché è in Calabria che vi è la più alta concentrazione di vitigni autoctoni, una vera ricchezza. Un progetto che in questa sua prima fase conclusiva, ma che in realtà segnerà l’inizio di un nuovo modo di sperimentare e innovare, ha sortito il risultato di una proposta che sarà inoltrata al Ministero per iscrivere delle nuove varietà sperimentate, sarebbero nove i cloni, frutto del lavoro di ricerca e studio della cantina Librandi unitamente agli altri soggetti su menzionati.
In effetti sarebbero circa trecento i vitigni recuperati dal tenace lavoro dei fratelli Librandi, Nicodemo e il compianto Antonio, molti dei quali sarebbero probabilmente scomparsi o sarebbero rimasti sconosciuti. Il lungo e selettivo lavoro di sperimentazione, porterà quindi, come dicevamo, all’attenzione del Ministero delle politiche Agricole, la proposta di omologazione di nove cloni appartenenti a tre vitigni: Gaglioppo, Magliocco dolce e Pecorello. Uno straordinario lavoro che è stato svolto, cercando e reimpiantando varietà autoctone, che sembravano scomparse, modificando i sistemi di coltura per ottenere uva di miglior qualità, avviando processi di innovazione introducendo anche vitigni come Sauvignon, Cabernet, Chardonnay, che ben si sono adattati nell’ideale posizione geografica con le terre bagnate dal mar Jonio ed alle spalle i monti della Sila. “Non possiamo che manifestare le nostre più vive congratulazioni per tale ennesimo riconoscimento ai titolari di un’azienda che finora ha dimostrato di essere un’eccellenza per il nostro territorio” – sono state le parole dell’assessore Trematerra, all’unisono con il video messaggio inviato dall’assessore alla Cultura Caligiuri, “certi che questo ulteriore successo non sia un punto di arrivo, bensì un punto di partenza per il raggiungimento di nuovi importanti traguardi che contribuiranno a far emergere il nostro territorio e le eccellenze vitivinicole. Siamo convinti che, con volontà, serietà e professionalità, si riesca a fare impresa raggiungendo risultati di prestigio, anche in un contesto come il nostro: il successo dell’azienda Librandi costituisce l’ennesima conferma e, pertanto, è un esempio di qualità aziendale e di perseveranza da emulare”.
Ma, a sostenere la ricerca l’innovazione vitivinicola, che nella forma mentis generale si collega a quella soprattutto tecnico scientifica, si è levata anche l’autorevole voce del rettore dell’Università di Cosenza, Gino Mirocle Crisci che ha affermato, anche con una certa ironica autocritica per non essere profondo conoscitore del settore, che bisogna spingere sull’innovazione che non è soltanto tecnologica, ma anche e, forse, soprattutto, conoscenza e cultura. Quella cultura che la stessa Università si è detta pronta a sostenere, perché in un buon vino, ha anche il sapore della sua terra, della sua storia, dei suoi profumi delle proprie tradizioni. Cultura che la cantina Librandi unitamente alla produzione vitivinicola sostiene anche attraverso il suo centro culturale “A Casedda”, dove spesso ci si ritrova per “assaporare” il buon bere con la buona nostra cultura. Un convegno scientifico che finalmente vedrà apparire nel Registro Nazionale delle Varietà di vite dove sono iscritti oltre 700 cloni di 140 cultivar delle quali molte varietà internazionali in massa, insieme alle autoctone più diffuse nelle regioni centro-settentrionali, mentre i cloni dei vitigni del Sud, sempre assai scarsi, talvolta mancano completamente finalmente anche qualcuno calabrese. Eppure la Calabria è il serbatoio di germoplasma viticolo più importante d’Italia, la regione che vanta il maggior numero di varietà di vite, molte delle quali sicuramente poco usate in termini quantitativi ma alcune invece, come il Gaglioppo, hanno un’ottima diffusione. Questo importante traguardo, sottolineato anche dall’intervento del Prefetto Maria Tirone, intervenuta, favorirà sicuramente una crescita complessiva dell’intera provincia e regione. Al termine, una delicate e particolare cena conviviale offerta ai convenuti presso l’azienda Ceraudo, dove naturalmente, oltre alla delicata e particolare enogastronomia hanno fatto da testimonial dell’evento, i vini doc, per un convegno doc.
Inquadramento dell’attività di progetto a cura di Michele Borgo
Nel 2009 l’Assessorato Istruzione, Alta Formazione e Ricerca (Dipartimento “Cultura, Istruzione, Università, Ricerca, Innovazione tecnologica, Alta Formazione”) della Regione Calabria con Decreto n° 3613 del 18 marzo 2009 indisse un bando di progetto nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro (APQ), sottoscritto tra Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero dello Sviluppo Economico e la stessa Regione Calabria e finalizzato a sviluppare e finanziare attività di ricerca scientifica in territorio Calabro. Con la pubblicazione del bando, che, tra le altre cose, comprendeva interventi sull’Azione 3, mirate al “Sostegno alla domanda di innovazione nel settore agroalimentare”, nacque l’idea progettuale di affrontare la tematica sulla “Valorizzazione dei vitigni autoctoni calabresi per il miglioramento delle produzioni vitivinicole in ambienti vocati”. Venivano così delineati tre importanti filoni di ricerca per il potenziamento del settore vitivinicolo in territori vocati della Calabria: Recupero e valorizzazione di vitigni autoctoni calabresi, Miglioramento delle produzioni vitivinicole, Valorizzazione dei prodotti e della vocazionalità del territorio. Gli interventi dovevano mirare a dare importanza alla sostenibilità e alla multifunzionalità nel settore vitivinicolo per raggiungere i seguenti obiettivi: Mantenere e rafforzare le comunità rurali; Conservare il paesaggio rurale, riconoscendone l’importanza strategica; Implementare la qualità dei prodotti locali originali con forte impronta di territorialità; Recuperare e valorizzare il patrimonio genetico regionale; Favorire una vitivinicoltura moderna e d’avanguardia nel settore tecnologico e in linea con le tendenze del mercato. Storia, cultura, tradizione, saper fare umano, ambiente (mare, collina, sole, luminosità e purezza dell’aria), vitigni, sistemi e tecniche colturali e di vinificazione dovevano integrarsi con l’innovazione: si direbbe che venivano interpretati i principi della definizione di Terroir, come stabiliti dall’OIV. Ci fu una rapida unità d’intenti tra il gruppi di scientifici, apripista il Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano del CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) nella personadi Miche Borgo, allora direttore del Centro, appoggiato da Enzo Perri, direttore del CRA-OLI, Centro di olivicoltura di Rende, e da imprenditori vitivinicoli dell’area del Cirotano.
L’entusiasma, il calore, la bellezza, la potenzialità intrinseca del territorio e il fervore degli imprenditori, che condivisero la proposta progettuale e che si misero a disposizione con idee, con un encomiabile lavoro di recupero e miglioramento genetico del germoplasma viticolo, con la disponibilità di innovazioni tecnologiche, con vigneti e strutture di cantina. Nacque il progetto con la costituzione dell’ATS, capofila l’azienda F.lli Librandi, e la partecipazione dell’azienda Ceraudo Roberto e Cristiano Stefano di Platania (CZ), il supporto scientifico e tecnico di più soggetti pubblici e privati (CRA-VIT di Conegliano responsabile scientifico del progetto, CRA-OLI di Rende, CRA-ENO di Asti, CRA-UTV di Turi, CNR di Torino, il gruppo ENOSIS). A fronte di quanto fatto e prodotto, molto più significativa è la pubblicazione di due volumi, che raccolgono e descrivono parte dei risultati conseguiti. Sono due documenti che testimoniano e lasciano intravvedere tante impressioni e soddisfazioni; documenti scientifici che descrivono parte del patrimonio genetico della Calabria, i risultati della selezione clonale e del lavoro di autofecondazione del Galioppo e del Magliocco dolce, le bellezze, la vocazionalità e l’importanza del territorio per la qualità dei vini del Cirotano, i risultati di alcune tecniche agronomiche ed enologiche per migliorare e potenziare la base dei vini calabresi. Va dato atto alla grinta e alla passione degli imprenditori, parte fondamentale dell’attività di progetto, sempre proiettati a valorizzare il territorio e i suoi i prodotti. Concludo, affermando che oggi si parla del futuro della filiera vite-vino per la Calabria senza dimenticare il passato. Il passato si rafforza grazie al lavoro di oggi, fatto da validi imprenditori del Cirotano, Librandi in primis, che credono nella possibilità del rilancio economico del territorio di appartenenza, che si sforzano di valorizzare il paesaggio e la qualità dei prodotti agroalimentari.