
Che le uve del Cirò quest’anno a causa della siccità, sono le migliori in assoluto per grado zuccherino, qualità, a spese della quantità, lo sanno tutti ormai, agricoltori, vitocoltori , compratori privati e cantine, non c’è sicuramente bisogno che il sindaco Mario Caruso invita tutti a comprare le nostre uve prima che si esauriscano. Si dovrebbe invece preoccupare di trovare chi dovrà gestire la Contea del vino, visto il bando per la sua gestione alla stazione unica appaltante è andata deserta. Le uve quando sono buone e poche, si vendono da sole, il problema è quando la quantità di uva è in eccedenza accompagnata magari da una brutta annata, è qui che il sindaco si dovrebbe preoccupare, ed adoperarsi in tempo, visto che poi succede che il più delle volte le uve invendute rimangono nei vigneti o date sottocoste a cantine e privati, i quali spesse volte per i pagamenti poi, bisogna attendere molte primavere successive. Altro che promozione culturale del territorio, il vino di Cirò non è certo nato ieri, e non ha bisogno di promozione, ha già alle spalle tanta storia a partire dai reperti fossili di tralci di vite (Vitis Vinifera) risalenti a 2 milioni di anni fa. Se si vuole fare promozione culturale attraverso il buon vino Cirò Doc, il territorio e dei vitigni cirotani coltivati dagli antichi greci, dovrebbero preservare questo prodotto non solo quando si vende da solo, visto la buona annata, ma soprattutto quando ogni famiglia è disperata, non riuscendo a trovare compratori per le proprie uve, nonostante nel cirotano si produca l’80% del prodotto calabrese. Perciò i politici si preoccupino di più a dare un futuro migliore alle famiglie monoreddito che vivono di sola agricoltura.
Condivido con pienezza quanto scrivi.
Ma pongo una questione: quando si vuole il proprio bene non si fa difficoltà a trovarlo, ma quando si parla del bene comune si perde o no un po’ la bussola? L’azione politica è proiezione attiva della volontà, l’impegno nel produrre economia e cultura è dato molto serio e non ci possiamo pregiare di una cultura parziale, seppur celebrando grandi nomi, quando la reale condizione di vita nel paese è molto più complessa. Non posso portare avanti un solo aspetto culturale, posto che si abbia ben chiaro cosa sia culturale, lasciando che tutto il resto del contesto locale vada in malora. Eppure abbiamo la vita facilitata dalla natura che ci ha benedetti nel nostro paese, per luogo, per bellezza, per prodotti sani della terra e che, nel caso dell’uva non ha paragoni. Non si arriva a capire come di un bene donato dalla terra, anche se con privilegio e grande fatica lavorato dai contadini, non si riesca a portare beneficio a cammino già fatto, ancor di più perché è vero che il prodotto, in questo caso uva, parla e si afferma da solo. Un comunicatore, un addetto marketing, siamo nell’era della tecnologia, della globalizzazione, è possibile che dobbiamo stare sempre là a verificare la nostra povertà? Sono persuasa che nei confronti costruttivi si potrà giungere a dei benefici, tutto sta nel trovare il sano impegno di veicolare l’azione politica alla proiezione attiva della volontà.