La prima guerra mondiale costò all’Italia 650 mila morti e un milione di mutilati e feriti, molti di più di quanti erano gli abitanti di Trento e Trieste, i territori ottenuti con la vittoria della guerra, che erano già stati promessi all’Italia dall’Austria in cambio della non belligeranza. Questo dice la storia. Fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime di una guerra spietata e non voluta in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria. Furono costruiti monumenti ai caduti e agli insegnanti fu chiesto di celebrare le forze armate. Fu scelta la data del 4 novembre per dedicare occasione per le vittime della prima guerra mondiale, che hanno pagato con la vita il costo, potremmo dire, di una guerra inutile, come inutili, violente, spesso sono tutte le guerre. Ciò che è ormai acquisito nello studio degli storici e degli studiosi, ci dice che l’Italia entrò in guerra nonostante l’Austria avesse promesso la restituzione di Trento e Trieste in cambio della non belligeranza. L’intento era infatti quello di espandere l’Italia verso territori esteri (come avvenne con la conquista del Sud Tirolo) seguendo il mito dell’imperialismo romano, che ebbe poi nel fascismo la sua massima celebrazione. Dopo la guerra infatti si parlò di “vittoria mutilata” perché le mire espansionistiche non furono coronate. Sempre la critica storica e la storiografia ci riferisce che la prima guerra mondiale fu un affare per gli industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. Le commesse di guerra fruttarono profitti così scandalosi che fu nominata una commissione di inchiesta parlamentare. I migliori libri di storia segnalano che il fascismo al potere – fra i primi atti – bloccò la commissione parlamentare che indagava sulla prima guerra mondiale e sui profitti illeciti accumulati da faccendieri, burocrati, generali, industriali.
Essa fu infatti prontamente sciolta dal fascismo dopo la marcia su Roma. Ma, allora, ci domandiamo, perché festeggiare il 4 novembre? Per dare corpo a quei tanti, tantissimi caduti, che hanno combattuto pensando un Italia migliore, un Italia libera, un sacrificio dovuto e voluto. Un sacrificio che i tanti monumenti creati stanno a significare e ricordare, per tenere vivo in tutti gli Italiani quanto non si dovrebbe più favorire, l’esplosione di conflitti e di tutto ciò che ne consegue sempre in termini di sacrificio umano. Rinnovando quindi tale impegno, soprattutto, slegandolo da ogni significato politico, questa ricorrenza è stata celebrata nella mattinata di domenica, anche a Cirò Marina, come in tutte le città italiane. Il vice Sindaco Amoruso, in assenza del Sindaco, Roberto Siciliani, assente per motivi familiari, il presidente del Consiglio, Giancarlo Fuscaldo, e l’assessore alla P.I. Leonardo Gentile in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale, le forze dell’ordine, Comando Carabinieri, Tenenza della Guardia di Finanza, Comando Vigili del Fuoco e poi, l’Associazione Marinai d’Italia, il Motoclub di Ciro’ marina, Vigli del Fuoco Europei, Associazione Carabinieri, Misericordia, Sezione provinciale dei pensionati invalidi di guerra, Scaut Raider Calabri e Adultiraider, preceduti dalla banda Comunale, dalla corona di fiori portata dal comando polizia municipale, il Gonfalone, la Santa messa celebrata da Don Gianni Filippelli, l’alza bandiera e il discorso finale, hanno sancito la chiusura di queste ennesima celebrazione, che serva soprattutto a tutti per ricordare oltre i caduti, che bisogna lavorare tutti per la pace. A Margine della commemorazione, abbiamo registrato il disappunto della presidente provinciale degli invalidi di guerra, Maria Panebianco, che ha rivolto parole di disapprovazione per tutte quelle associazioni che pur invitate non hanno inteso partecipare. “Quando c’è da ‘chiedere’ sono sempre tutti pronti, quando bisogna essere presenti e testimoniare, si è sempre i soliti pochi”.