di Anna Malillo. “Arte, devozione e disagio del nostro tempo” è il titolo della XXIX mostra collettiva nazionale di pittura, inaugurata a Crotone presso la hall del teatro Apollo, e che si potrà visitare dal 20 al 26 maggio. Quarantasette le opere esposte a firma di: Pupa, Megna, Foti, Messina, Muscò, Grotteria, Palermo, Borrelli, Anfossi, Cavallaro, Muraca, Martino, Perri, Frustaci, Passaforo, Del Libano, Panamarchuk, Pontieri, Vrenna, La Noce, Palmieri, Siniscalchi, Lucente, Anania, Iapia, Audino, Barilaro, Consuela, Ioele, Scalise, Zangari, Lorecchio, Valentini, Romano, Massara, Autunno, Riganello, Agostinelli, Nopizia, Previti, Brasacchio, Campagna, Ferro, Scarcelli, Frisenda, Errigo, Garufi, De Paola, Piscitelli, Gerace F., Gerace R. La ventinovesima edizione della Mostra Collettiva di Pittura deve essere considerata sicuramente un gran successo culturale e artistico in una realtà problematica come quella di Crotone. Si ringraziano, pertanto, tutti componenti del Comitato Feste Mariane, che hanno avuto la capacità e la forza, anno dopo anno, di riproporre questa manifestazione, che nasce sotto la materna protezione della nostra amata Patrona, la Madonna di Capocolonna, e forse proprio grazie ad essa riesce a resistere all’usura del tempo e alla stanchezza sociale di una popolazione stremata da una miriade di difficoltà. L’evento culturale nasce come contenitore ideale di promozione di capacità, sentimenti, emozioni di tanti artisti che questa nostra difficile città sa esprimere. Terra difficile, è vero, ma anche tanto talentuosa, come è facile comprendere, anche se non si è dei critici d’arte, guardando le tante straordinarie opere dei nostri artisti esposti in questa sede. Perciò, mi piace immaginare questa mostra, per chiunque voglia visitarla, per chiunque abbia la voglia di visitarla, come un grand tour, come un vero e proprio viaggio di formazione un po’ sui generis, un viaggio dentro il cuore di Crotone e della crotonesità per riscoprirne l’anima.
Alla ricerca delle radici profonde, alla scoperta di antiche ferite per verificare se si sono mai rimarginate, con l’intento di trovare l’energia e lo spirito per riprendere un cammino interrotto, tra le braccia dolci di Maria, che mette il suo sigillo prezioso su ogni cosa, soprattutto su queste. Come pellegrini in una regione straniera tutta da esplorare, anche i nostri artisti hanno visitato, simbolicamente e non, la loro amata terra, seguendo ognuno un itinerario originale, che si è snodato lungo percorsi non prestabiliti e convenzionali. Gli artisti hanno avuto così la possibilità di incontrare la gente, avvicinarsi al suo vissuto, alle esperienze, al modo di vivere, ma anche di percorrere dei sentieri più ardui e angosciosi, quelli della propria originalissima interiorità. Il bagaglio di emozioni raccolto è il contenuto delle loro opere e l’insieme dei racconti è diventato un’originale produzione artistica, basata sulla ri-scoperta dell’identità morale e spirituale dei crotonesi, per contribuire a divulgare, in modo autentico e non stereotipato, l’immagine di Crotone, perché possa essere consegnato alla memoria il vero volto di una terra in continuo divenire. L’ immagine che viene proposta della Crotone del terzo millennio ai visitatori di questa mostra, ai nuovi viaggiatori dell’ipotetico grand tour artistico, è quella di una terra ricca di tradizioni, di storia, di cultura, ma troppo spesso, e per sua stessa natura, capace di forti contraddizioni. Per questo diventa inesauribile la voglia di ricercarne la nuova vera identità. Quel che è stato è statico, è fermo e non muta, mentre ora il valore della città moderna, contemporanea, che si offre a questi artisti è il divenire, il work in progress di una realtà tutta da costruire, segno della necessità del “cambiamento”.
E’ questo il volto reale di Crotone, quello che queste opere ci rappresentano, mostrando un popolo in continua evoluzione che tenta ogni giorno di affermare la dignità di questa terra. Negli ultimi anni, troppo spesso, si è sentito parlare della terra calabrese solo come terra di gattopardi e di iene, si è sentito dire che tutto deve cambiare allo scopo di non cambiare nulla. Ecco, di tutto questo forse stasera non è il caso di parlarne, perché luogo e momento inopportuno. Ma non voglio parlarne, anche perché preferisco pensare ad un mondo in continua trasformazione, in continua crescita, in nome dell’armonia, che viene dall’osservazione del Creato. La stessa armonia che si esprime attraverso il Magnificat, preghiera mariana per eccellenza, in cui si proclama che il Signore viene nella povertà, nell’oscurità, nella difficoltà e nel disagio. Vi si canta un Dio che viene ad amare gli umili e i poveri, che guarda a coloro che sono stati abbassati, umiliati, messi da parte, a cui Egli si rivela venendo tra loro e per loro. Vi si canta un Dio che viene a dare speranza a tutti quelli che lottano, sapendo che è giunta l’ora del riscatto, l’ora della redenzione, l’ora in cui l’uomo può sentirsi pienamente libero. E Maria può cantare il Magnificat proprio perché vive nella speranza di contribuire a cambiare l’umanità, perché vive la forza con cui Dio disperde i potenti, rovescia i poteri, innalza i poveri, ricolma di beni gli affamati e solleva il suo popolo. Maria può cantare il Magnificat in quanto la sua fede si traduce in opere, in fonte di liberazione per tutti quelli che accetteranno suo Figlio. Questi artisti hanno saputo cogliere tutto questo, hanno saputo far proprio il messaggio del Magnificat, sapendo cogliere il valore di quella bellezza negata per il sopravvento della cultura del potere. Crotone quindi come terra da rigenerare, perché è tempo di semina, perché è tempo di provare a dare senso al futuro. Sarebbe bello indicare alle nuove generazioni di Crotone la via di una rinascita che, partendo dalla loro semina, darà germogli. Quale impronta lascerà il passaggio di questi artisti? Sarà sicuramente una impronta indelebile: una lettura autentica ed emozionale di Crotone dei nostri giorni, il vero volto di una terra pronta al cambiamento. Perché un’Utopia non è ciò che non si può realizzare ma è ciò che un sistema non vuole che si realizzi.




