
Il Procuratore aggiunto Domenico Airoma presenta al Liceo Scientifico di Cirò “Irrispettabili”, scritto con Alfredo Mantovano. Si legge in una nota di Giuseppe Lamazza, che :”Del libro parleranno i relatori, io voglio solo comunicare le emozioni che il libro ha suscitato in quanti l’hanno letto: un desiderio, che diventa dirompente, che è il bisogno di prendersi cura del proprio territorio, nel senso di assumersi la responsabilità che il proprio lavoro comporta per il bene comune. La mafia, come ovunque confermava Antonino Caponnetto, teme più la scuola della giustizia. Ed ai giovani voglio dire che devono diventare sentinelle della legalità,che va cercata, come ripeteva il giudice Livatino, non soltanto fuori da ognuno di noi, non incolpando gli altri, se prima, ognuno per la sua parte, non si sia impegnato a dare il massimo di sé per le certezze del diritto. Ad ognuno la società del domani chiederà non se è stato credente ma credibile e spendibile.”, così, pacata,ma appassionata e coinvolgente, la dirigente scolastica dell’Omnicomprensivo di Cirò, Bombina Carmela Giudice, introduceva l’incontro-dibattito socio-culturale su “Irrispettabili”. Il libro sul consenso sociale alle mafie, presentato mercoledì 29 gennaio al Liceo “Ilio Adorisio”, su iniziativa della Consulta scolastica provinciale diretta da Roberto Spanò e da Luciano Tassone, dell’ USR di Calabria e di Santino Mariani, dello stesso Omnicomprensivo, che nella fase organizzativa, impeccabile e a regola d’arte, ha registrato l’ encomiabile impegno dei collaboratori scolastici Gino Manno e di Pino Durante e il protagonismo di Mena Caruso, la docente di filosofia e storia, che, letto il libro-cronaca scritto da Mantovano ed Airoma, ha dichiarato che “Quello che può realmente segnare la svolta epocale della società attuale, rimuovendo il consenso sociale a Camorra, Mafia, Ndrangheta e Sacra Corona Unità, è il recupero di valori quali il senso dell’onore inteso come rispetto di chi è giusto e l’esercizio del potere come responsabilità per il bene comune”. La saletta piuttosto capace dell’Edificio a quattro piani confiscato in via S.Elia a Cirò e consegnato all’Omnicomprensivo, era gremita; oltre al giudice Domenico Airoma, Procuratore Aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, autore del libro e alla Dirigente scolastica Bombina Carmela Giudice erano presenti numerosi studenti ed insegnanti, l’intero Ufficio di Segreteria, il comandante la Compagnia dei Carabinieri di Cirò Marina, il comandante la Stazione di Cirò, la Guardia di Finanza di Cirò Marina, la Guardia Forestale di Cirò, la Polizia locale di Cirò; i rappresentanti della Consulta provinciale degli studenti di Crotone, Santino Mariani dell’USR Calabria; la Commissione straordinaria di Cirò, il presidente della Provincia di Crotone; il “purtroppo” famoso Giovanni Gabriele padre di Dodò ed Antonio Tato, presidente di Libera di Crotone; Luigi Dell’Aquila e numerosi cirotani. Gli interventi, apprezzati dalla platea dei partecipanti, molto attenta e “ordinata”, hanno evidenziato la necessità della legalità, come strumento imprescindibile per lo sviluppo del territorio e della Calabria : da Santino Mariani a Roberto Spanò, presidente della Consulta degli studenti di Crotone; da Antonio Tato a Stanislao Zurlo; dal Commissario Umberto Pio Antonio Campini, che in una interessante riflessione a voce alta, nel ricordare il triste e ridicolo “taglio dell’albero della legalità”, messo in atto da ignoti sconcludenti, ha dichiarato l’impegno della Commissione straordinaria, da portare avanti con la Scuola, i sindacati e le Associazioni di Cirò, per la realizzazione di iniziative per la legalità, che restituiscano alla collettività cirotana l’immagine di una realtà locale onesta e laboriosa, lontana da fenomeni criminosi, che purtroppo, come si sta tristemente verificando, interessano anche comuni del Nord e del centro Nord d’Italia; dalla studentessa Nicoletta Calabretta, che ha letto, e in maniera molto convincente, la testimonianza del Presidente del CPS di Foggia a ricordo di quello che fu il vertice della Legalità di Monte Sant’Angelo del 20 settembre 2010; dalle studentesse Martina e Giorgia e Antonella e Alessia e da un tranquillo Vincenzo, che hanno interrogato il giudice Airoma sul rapporto di subordinazione, consenso e necessità di protezione mafiosa da parte dei cittadini di determinate realtà a rischio e sulla possibilità che tale sorta di appartenenza possa un giorno essere rimossa.
Luciano Tassone, liceale di Cirò e vice presidente della Consulta Provinciale scolastica di Crotone, nell’esporre a grosse linee la compiutezza del libro di Airoma e Mantovano, ha citato Giovanni Falcone e la sua tristemente celebre definizione di mafia, che “non è un mostro che non ci appartiene, ma che ci assomiglia”. Luciano ha quindi ricordato, ancora con Giovanni Falcone, che la mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi, ha il consenso di una miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura della Mafia con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate. Il Procuratore Airoma, concludendo il seguitissima ed esauriente incontro, si è soffermato sul consenso dato, anche inconsapevolmente, da “ordinari” cittadini, ad una associazione mafiosa, che rispetto a una qualsiasi associazione per delinquere si connota come sforzo di costituirsi come anti_Stato. “Dello Stato – dice Airoma – mutua gli elementi essenziali:il territorio, l’ordinamento giuridico, il popolo. Mettersi al posto dello Stato ha senso se si controllano pezzi significativi del territorio, in termini di intimidazione e di infiltrazione, e – al tempo stesso – se il sistema di regole e di sanzioni funziona rapidamente ed efficacemente. E’ essenziale, però, che il “lavoro” criminale possa contare su un livello pur minimo e parziale di consenso, per beneficiare delle tante ricadute positive che tale consenso produce: la tutela della latitanza è una delle più rilevanti, ma non è l’unica”. Continua fascinoso il Procuratore Airoma: “ i cantanti neomelodici sono tra le espressioni della pervasività della cultura camorristica. Una cultura che cerca comunque di fare del camorrista un eroe e del carcerato un personaggio positivo, mentre chi lo denunzia è un infame : non costituisce un problema, che nel pieno di una esibizione, un cantante con una discreta notorietà mandi dal palco i saluti al boss del quartiere che si trova in carcere. Sui media ogni tanto si discute delle raffigurazioni a limite dell’eroismo che talune fiction riservano ai mafiosi: in miniserie come il Capo dei Capi, l’Ultimo Padrino, l’Onore e il Rispetto le figure dei capiclan sono spesso romanzate: e ciò in qualche modo, grazie all’inserimento di storie amorose, di relazioni di amicizia e di richiami ai valori familiari, attenua ed edulcora il loro profilo di criminali spietati. E’ evidente la differenza rispetto alla esplicita apologia contenuta nelle canzoni di tanti neomelodici; è certamente da escludere che simili impostazioni delle fiction siano volute per creare consenso sociale alle mafie, ma non guasterebbe da parte di registi, soggettisti e sceneggiatori una riflessione più accurata sulle modalità di rappresentazione, su dettagli e su sfumature. Magari avendo presenti i problemi concreti che realizzazioni di questo tipo fanno incontrare in terre a elevata infiltrazione mafiosa, come è successo, in termini di tentativi di estorsione, o comunque di imposizione di servizi.” “ Si è spesso raccontato, e con ragione – conclude il Procuratore aggiunto del Tribunale di Cosenza – del contributo che Giovanni paolo II ha dato alla caduta dei muri e al ritorno delle libertà in tante nazioni oppresse dai regimi totalitari. Le parole da lui pronunciate nella valle dei Templi hanno un significato analogo per la Sicilia; esse come hanno animato la resistenza pacifica al totalitarismo, hanno concorso alla riscossa civile che si è avviata ed è cresciuta a partire da quegli anni nell’isola. Nel tracciare una linea di confine netta fra il popolo siciliano attaccato alla vita e i colpevoli della civiltà della morte, Wojtyla indica come doverosa la strada del ripudio della complicità, della contiguità, della collusione, della manifestazione di un consenso anche solo implicito verso la mafia … Più volte Antonio Manganelli,protagonista straordinario del contrasto al crimine negli ultimi decenni, ha ricordato che nella lotta alle mafie ci sono pochi giocatori e molti spettatori, e di questi troppi fanno il tifo per la squadra sbagliata. In tanti luoghi difficili della nostra Nazione, al Sud come al Nord, lontano dai riflettori e con scarsa eco sui media, si ha la costante riprova che quando dalle tribune qualcuno prova a scendere in campo e a giocare dalla parte giusta, i risultati non si fanno attendere” .