“In Italia chiudono due imprese ogni ora, in cinque anni perse 60mila aziende” è il titolo di un articolo de IlSole24Ore. “Nel nostro paese, giustamente per un dipendente che perde un posto di lavoro qualcosa si smuove e si mobilita (sempre poco e nel nostro territorio non può più incrementare la disoccupazione) mentre a fronte di imprese che chiudono la propria attività, nessuna indennità è prevista per i titolari che cessano di lavorare pur avendo versato gli esosi contributi previdenziali – afferma Luca Mancuso, direttore provinciale Fe.n.a.i.l.p. Crotone. Solo chi raggiunge l’età pensionabile riceve un assegno/carità di circa 400 euro mensili. Briciole, una mortificazione, per chi ha lavorato una vita intera, per chi ha rischiato propri capitali, per chi ha dato occupazione, per chi ha generato economia e ricchezza. Grandi imprese, commercianti, artigiani , titolari di partita iva, cioè circa il 90% dell’economia del nostro Paese per la legge italiana, sullo stesso piano: nessuno ha diritto ad accedere agli ammortizzatori sociali o ad un’ancora di salvataggio. In sostanza non si hanno diritti ma solo doveri, pertanto abbassata la saracinesca resta solo la speranza di trovare un nuovo impiego nel minor tempo possibile per pagare i debiti generati dall’attività pregressa. Chiudere un attività significa vedere vanificati i sogni e sacrifici di tanti anni, trovarsi all’improvviso senza lavoro, scontrarsi con problemi devastanti da affrontare nel proprio nucleo familiare, licenziare dipendenti diventati spesso come persone di famiglia, trovarsi le porte chiuse dalle banche, sommersi dai debiti, in definitiva essere additati. Non a caso, in tanti, anzi troppi, non reggendo il peso di un simile “fallimento” hanno deciso di tagliare suicidandosi.
Questi uomini valorosi che potremmo definire “morti di partita iva” si sono lasciati alle spalle solo un silenzio assordante e un’indifferenza intollerabile delle istituzioni. Intanto la situazione non sembra migliorare. Come già noto a tutti sono troppi i nemici per le imprese soprattutto nel nostro territorio che oltre a fronteggiare la concorrenza spietata quotidianamente, devono combattere contro l’elevatissima tassazione, contro le banche ed equitalia, costo del lavoro, burocrazia svilente, usura, mancanza di infrastrutture nonché un territorio devastato da disoccupazione e povertà. A rendere ulteriormente fosco il quadro di insieme sono i troppi crediti che spesso le imprese non riescono a riscuotere, quindi qui troviamo l’assurdità di imprese chiuse per crediti. I settori maggiormente interessati sono quello manifatturiero, edilizio costruzioni e il commercio sia al dettaglio che all’ingrosso. Da un punto di vista geografico territoriale emerge subito una particolarità: il disagio è il medesimo tanto al malandato sud quanto al ricco nord. Un paese estremamente diviso tra settentrione e meridione per una volta sembra essere tristemente sulla stessa linea. Si parla di imprese da aiutare solo se avvengono fatti tristemente eclatanti come i suicidi, ma si sottovaluta, non viene dato aiuto a chi ha avuto un’attività o un sogno che non sono andati nella maniera sperata. La Fenailp Crotone vuole essere l’amplificatore del grido disperato di queste persone, che hanno bisogno dell’Associazione anche quando chiudono. Metteremo le basi per creare un pool di esperti anche insieme alle altre Associazioni consorelle che condividono il nostro pensiero che studi le emergenze e cerchi attraverso i dati di trovare delle soluzioni. Bisogna cancellare questo retaggio atavico che echeggia: «non si può essere imprenditori onesti per fare soldi. Se si è onesti, si chiude o ci si uccide». Oppure si viene accusati di essere criminali, forse perché colpevoli di eccessiva onestà”.